IL GREEN DEAL: E’ TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA? di ALESSANDRA DI GIOVAMBATTISTA
28-02-2023
In via generale occorre sottolineare che la UE ha predisposto le misure in risposta all'IRA (Inflaction reduction act) statunitense che ha destinato uno stanziamento di circa 370 miliardi di dollari in favore delle produzioni basate sull’energia ed il clima; il pacchetto statunitense prevede forti sgravi fiscali sia per le imprese che produrranno negli USA sia per i consumatori che acquisteranno auto elettriche. Notizie recenti ci informano che la BMW intende investire circa 2 miliardi di dollari nella Carolina del Sud, così come ENEL che ha dichiarato di voler costruire una fabbrica di celle fotovoltaiche negli USA. Così la UE ha deciso di muoversi, però lo sta facendo sia in ritardo sia in modo disorganico ed individualista in quanto sembra voler garantire gli interessi delle singole nazioni e non già dell’Unione europea. Vediamo i perché di tale affermazione.
a) Uno dei pilastri che prevede l’allentamento dei vincoli sugli aiuti di Stato si basa sulla facilitazione dei finanziamenti pubblici verso i settori vocati alla sostenibilità; in tal modo però si favoriscono le nazioni europee che presentano i bilanci statali più solidi a discapito di quelli che hanno un rapporto debito/PIL molto più marcato (come l’Italia, dove è anche molto forte la pressione fiscale), i quali avrebbero limitazioni nelle politiche di finanziamento e non potrebbero concedere aiuti alle imprese nazionali. Infatti l’uso delle risorse già messe disposizione implicherà, per i paesi con alte esposizioni debitorie, il riposizionamento dei finanziamenti a favore delle attività produttive sostenibili, ma probabilmente a discapito del welfare, con possibili ricadute negative sul livello socio-culturale delle Nazioni più vulnerabili. Per evitare ciò, sarebbe opportuno rivedere le modalità e gli importi previsti dal PNRR o pensare alla creazione di un fondo sovrano comunitario finalizzato a tali finanziamenti; ma a tali ipotesi sono contrari Paesi come Germania, Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia, che non hanno un elevato tasso di indebitamento e che non sono quindi favorevoli ad un incremento del debito pubblico a livello UE. Quindi i citati Paesi, insieme alla Francia spingono per un allentamento del quadro di aiuti di stato per i settori green, ma senza prevedere ulteriori risorse che possano coadiuvare i paesi con situazioni finanziarie più complesse. Per una maggiore riflessione sul punto, si consideri che dei 672 miliardi di euro in aiuti di stato che la Commissione ha approvato nel 2022 alla Germania è stato assegnato il 53 per cento, alla Francia il 24 per cento ed all’Italia il solo 7 per cento; va da sé che il restante 16 per cento è stato redistribuito tra le altre 24 nazioni delle 27 che aderiscono all’UE.
b) Si aggiunga che i ministri dell’economia di Germania e Francia di recente si sono recati a Washington con l’intenzione, secondo le loro dichiarazioni, di difendere le condizioni di concorrenza leale tra Stati Uniti e UE. Sono partiti con l’intento di chiedere che gli Stati Uniti estendano agli alleati europei i sussidi garantiti alle aziende statunitensi, canadesi e messicane che producono tecnologie pulite. L’unico vero problema è capire se i due rappresentanti della UE (che dovrebbero essere andati in questa veste) agiranno per ottenere risultati positivi per tutti i paesi comunitari: la situazione economica va affrontata di comune accordo, diversamente si snatureranno le finalità dell’Unione Europea e potrebbero crearsi delle frizioni tra Paesi membri. L’aspetto importante in questo momento è cercare forme di collaborazione con gli Stati Uniti che dovrebbero includere i prodotti europei nei loro mercati; l’Italia rappresenta in Europa la terza economia, dopo la Germania e la Spagna, che si regge sull’export – quasi il 35 per cento del nostro PIL è rivolto alle esportazioni - e posizioni protezionistiche di certo non aiuterebbero. In più per problemi storici non siamo mai stati un Paese colonizzatore (se non per breve tempo), a differenza di molti altri paesi europei, come la Francia (dove ancora vige il diritto di signoraggio sul franco africano), che possono ancora far valere diritti sulle ex colonie, sia come investitori sia come acquirenti di materie prime. Solo in via incidentale si vuol sottolineare che la Libia, una delle ex colonie italiane, fu destabilizzata dalla Francia la quale decise, con l’aiuto degli USA, di sovvertire il governo di Gheddafi solo perché - tra le altre cose - egli aveva iniziato a pensare di liberare l’Africa dal franco africano e creare una moneta unica africana. Quella fu una dimostrazione di forza neocolonialista non giustificata, che ha incrementato l’instabilità nell’area mediterranea, con la conseguenza - così come è emerso anche nell’intervento del Prof. Gianluigi Rossi durante l’incontro in tema di cambiamenti climatici, organizzato dall’ONG Africanpeople, e che si è tenuto nella sede dell’UNAR di Roma il 12 febbraio c.a, - che oggi sia la Francia che l’Italia sono estromessi dalle trattative per la Libia, laddove invece sono presenti Turchia e Russia.
c) Il programma economico predisposto dalla UE non sembra affrontare in modo approfondito il problema dei Paesi africani e della salvaguardia delle loro ricchezze - compresa la protezione della cultura, dell’ambiente e della natura - che dovrebbero in primis essere utilizzate dai nativi; è di questi ultimi giorni l’appello fatto dal Papa nel suo viaggio apostolico in Congo ed in Sud Sudan: “giù le mani dall’Africa”. Nel piano del Green Deal si legge solo un velato impegno allo sviluppo di accordi con i Paesi africani per facilitare l’attrazione e l’espansione degli investimenti, con un’attenzione all’ambiente ed ai diritti del lavoro; in tutto ciò non viene però specificato se gli investimenti saranno per l’interesse di tutti o ad esclusivo vantaggio dell’Europa e dei soliti paesi ex-colonialisti. In più parti si è parlato di un “Piano Marshall” per l’Africa, per il suo sviluppo; sempre il Prof. Rossi, nel citato convegno ha sottolineato l’inadeguatezza della definizione - in prima battuta perché l’Africa è un continente con opportunità e risorse del tutto diverse da quelle dell’Europa post bellica - alla quale bisognerebbe sostituire quella di un “Piano Mattei” dove deve prevalere un atteggiamento di partenariato tra Europa ed Africa in cui sarà necessario un atteggiamento di condivisione di risorse e di rispetto culturale ed umano tra Nazioni; in tale contesto sarebbe auspicabile anche il coinvolgimento dell’Unione Africana (UA).
d) Oltre agli accordi con gli USA, c’è da ricordare che la partita si dovrà giocare anche con la Cina: quest’ultima assegna ingenti risorse alle proprie industrie che ormai fanno breccia, indisturbate, in tutti i paesi del mondo. Per contro le imprese europee incontrano notevoli difficoltà ad accedere al mercato cinese e a far rispettare il diritto di proprietà intellettuale. Inoltre la Cina è ormai già presente in Africa ed ha il diritto di sfruttamento di molte delle miniere di materie prime e non solo: da ormai 20 anni è entrata nel tessuto socio-economico africano senza che l’Europa si interessasse minimamente al problema. Prevedere ora un Club delle materie prime, senza pensare alla presenza cinese ed eventualmente allo sviluppo di forme di cooperazione con la Cina, potrebbe risultare dannoso ed inopportuno: un testa a testa contro questo colosso economico - finanziario vedrebbe certamente capitolare l’Europa.
e) Altro rischio si può intravedere nella richiesta da parte della Commissione di applicare rapidamente ed in modo automatico il regolamento (AFIR); in generale sembra che si trascuri il ruolo fondamentale della normativa, già esistente a protezione dell’ambiente, che deve essere posta alla base delle scelte di investimento delle aziende. La deregolamentazione in un settore nuovo può essere nociva in quanto può incentivare nuove forme di reati in ambito di transizione verde, lasciando spazio alla malavita e alla corruzione che, non più assoggettate a controlli e a norme stringenti, potrebbero aggirare i paletti della legalità.
f) Ulteriore spunto di riflessione va ricercato nelle politiche che vertono sul miglioramento delle competenze umane, con lo scopo di creare posti di lavoro di qualità e ben retribuiti, influendo specialmente sull’istruzione; in questo contesto il timore si volge verso il controllo - attraverso gli indicatori dell’offerta e della domanda di competenze nei settori rilevanti per la transizione ecologica nonché dei finanziamenti pubblici e privati dirottati verso tali settori - delle scelte dei cittadini in ambito didattico e professionale. Occorre garantire la libertà di scelta del tipo di istruzione e di professione che i soggetti vorranno svolgere, in quanto, nel momento in cui si dirottano risorse verso un settore, a parità di condizioni, c’è sempre un altro settore che ne soffre le conseguenze negative per effetto dei definanziamenti. Non ultimo sarà indispensabile garantire la giusta retribuzione per qualsiasi attività svolta, nonché la libertà di didattica e di istruzione: saremo ancora liberi di scegliere cosa fare, cosa studiare, cosa insegnare? Oppure si dovranno studiare solo materie tecnico scientifiche a scapito delle materie umanistiche che formano l’animo dell’uomo e ne esaltano le corde della sensibilità e dell’interiorità, oggi così tanto trascurate?
g) Altra attenzione va posta sul problema dei finanziamenti: il Piano più volte richiama sia quelli pubblici, sia quelli privati; in ogni caso l’interesse ritorna solo in capo al cittadino in quanto le risorse pubbliche provengono dall’imposizione fiscale pagata dai contribuenti, mentre quelle private dal risparmio dei singoli. Fatta tale precisazione l’obiettivo del mercato unico dei capitali, contenuto in uno dei quattro pilastri del green deal, è quello di voler raggiungere la mobilitazione dei capitali privati per ottenere un mercato più dinamico e competitivo a livello mondiale, nel breve e medio termine. In tal senso si vuole:
• creare un punto unico di accesso europeo (ESAP) per gli investitori al fine di ottenere informazioni pubbliche di natura finanziaria e in tema di sostenibilità delle imprese;
• riesaminare il regolamento sui fondi di investimento europei a lungo termine (ELTIF) per facilitare gli investimenti anche da parte dei piccoli investitori verso quelli a lungo termine;
• riesaminare la direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA) per armonizzare le norme che consentono ai fondi di concedere prestiti alle aziende;
• riesaminare il regolamento sui mercati degli strumenti finanziari (MIFIR) per migliorare la trasparenza delle informazioni sulle negoziazioni e per agevolare gli investitori.
Così come presentata sembra essere una risposta adeguata alle sfide future di incrementi e diversificazioni dei capitali che le aziende potrebbero utilizzare in progetti di sviluppo e ricerca a favore delle economie sostenibili, con un’attenzione particolare verso le piccole e medie imprese che più di tutte soffrono di carenza di finanziamenti. Secondo uno studio della commissione europea tra il 2008 ed il 2013 le imprese presenti sul territorio europeo avrebbero potuto beneficiare di ulteriori 90 milioni di euro di risorse finanziarie se il mercato dei capitali unico in Europa fosse stato più efficiente. Tuttavia uno dei punti di criticità nell’indirizzare risorse finanziarie verso le realtà aziendali è nel trade off tra le scelte/interessi dei managers e quelle dei proprietari/imprenditori, e più in generale di tutti gli stakeholders dell’azienda interessati al perdurare nel tempo della stessa. Infatti le attuali forme di governance aziendali, il più delle volte, vedono ai vertici dei managers che sono scollati dalla proprietà e con un occhio attento alla conferma e alla persistenza nel tempo della loro presenza e dei loro benefici all’interno dell’azienda. Già Adam Smith, che non poteva conoscere le dinamiche delle grandi società per azioni dei nostri tempi, scriveva: “Essendo (i manager ndr) i gestori del denaro altrui invece che del proprio, non ci si può attendere che essi lo sorveglino con la stessa ansiosa vigilanza con la quale i soci [in un’impresa gestita dai proprietari] solitamente sorvegliano il proprio denaro (…) Negligenza e prodigalità, pertanto, finiscono sempre per prevalere, bene o male, nella gestione degli affari di una tale società.” Questa separazione si trova più spesso nelle grandi società con azionariato diffuso in cui i proprietari, non riuscendo a coordinarsi tra loro a causa di interessi eterogenei, non riescono più ad influire direttamente sulle scelte dei managers, e pertanto non ne controllano più le decisioni. Gli azionisti/investitori hanno a cuore essenzialmente la massimizzazione dei profitti che rappresenta la quota di reddito a loro destinata (che si traduce nei dividendi) e che può rappresentare una modalità attraverso la quale i managers riescono a farsi riconfermare nel tempo aldilà delle reali performance aziendali. Infatti si assiste spesso a situazioni in cui nell’intento di voler garantire un elevato dividendo le aziende riducono gli investimenti e la forza lavoro, generando così disoccupazione, riduzione dei salari e minore sviluppo aziendale. Tale problematica viene ulteriormente amplificata se gli investimenti vengono finanziati con capitale di debito e non già mediante autofinanziamento: tale situazione indebolisce la struttura economico finanziaria della società e le conferisce rigidità, compromettendo la sua capacità di sopravvivenza sul mercato. Pertanto sarebbe utile conoscere ed approfondire le metodologie che l’Unione dei Mercati dei Capitali, all’interno della UE, utilizzerebbe al fine di incoraggiare gli investimenti e stimolare gli investitori privati a concedere finanziamenti soddisfacendo interessi che, andando aldilà del pagamento dei dividendi, riguardino tutti gli stakeholders.
h) Occorre poi sottolineare la delicatezza della questione riguardante il notevole volume di risparmio che gli italiani detengono, rispetto alla media dei paesi UE e del resto del mondo, e che dovrebbe confluire sul mercato unico a favore di tutte le aziende europee, indistintamente. Per la Commissione europea i mercati dei capitali ampi e integrati faciliteranno la ripresa dell’Ue, assicurando che le imprese, in particolare le piccole e medie imprese, abbiano accesso a fonti di finanziamento e che i risparmiatori europei aumentino la fiducia negli investimenti per il loro futuro. In questo ambito l’attenzione va posta su un problema che andrebbe preventivamente risolto ed arginato: il probabile deflusso di risorse finanziarie dall’Italia verso aziende europee, molto probabilmente tedesche, francesi, olandesi, spagnole, depotenziando ancora di più le aziende italiane, essenzialmente piccole e medie imprese, poco forti sui mercati rispetto ai competitor europei citati. In tale contesto bisognerà evitare scenari di disomogeneità e squilibrio, con possibili conflitti interni alla UE ed ulteriore allargamento delle disuguaglianze dove i forti saranno sempre più forti e compatti ed i deboli sempre più deboli ed isolati.
Si ha come la sensazione che nel futuro dovremo assistere ad una “dittatura del green” dove massimo sarà il controllo della maggioranza delle persone a vantaggio della libertà di pochi, definiti non inquinanti. Occorre che la programmazione aziendale abbia uno sguardo sul lungo periodo, che vada ben oltre i 10 anni, e che arrivi a coprire anche 50, 60 anni; prendo da qui lo spunto per un breve ma significativo esempio, che vuole essere anche una provocazione: oggi chi monta i pannelli fotovoltaici è green e sostenibile, ma quando tra 20 anni dovrà dismettere l’impianto e le celle fotovoltaiche, diventerà immediatamente inquinante!
Alessandra Di Giovambattista
LO STATUTO DEI CONTRIBUENTI: REGOLE RIMASTE SULLA CARTA
10-03-2023
La legge n. 212 del 27 luglio 2000 ha introdotto lo statuto dei diritti del contribuente con il quale si è voluto dare attuazione agli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione al fine di garantire i principi di democraticità e trasparenza su cui dovrebbero basarsi i rapporti tra il Fisco ed i cittadini contribuenti. In via generale si ricorda che i contribuenti possono: contestare nel merito le richieste del Fisco che si considerano errate proponendo un’istanza di autotutela presentata entro i termini previsti; utilizzare lo strumento del ravvedimento operoso quando ci si accorge di aver commesso degli errori; evitare le liti fiscali utilizzando gli strumenti a disposizione ossia l’acquiescenza, l’accertamento con adesione, la conciliazione, il reclamo e la mediazione; tutelare la propria posizione giuridica presentando ricorso alle Commissioni Tributarie.
L’articolo 1 della suddetta legge, specifica che le disposizioni contenute nello statuto costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. In via generale si vuol sottolineare che lo statuto, tra le norme più pregnanti, stabilisce che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo ed in più le norme fiscali non possono prevedere adempimenti in capo ai soggetti prima che siano decorsi sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della nuova normativa.
Nello statuto sono stabiliti i diritti che il contribuente può far valere nei confronti degli uffici finanziari; in particolare l’amministrazione:deve assicurare la conoscenza delle leggi e delle disposizioni amministrative in materia, anche dandone pubblicazione sul proprio sito web; deve garantire che il contribuente conosca gli atti a lui destinati provvedendo a notificarli nel luogo del suo effettivo domicilio; al fine di assicurare chiarezza e trasparenza, deve motivare gli atti di accertamento o di liquidazione dei tributi - indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione - che vengono inviati ai contribuenti, corredandoli anche di copia degli eventuali ulteriori atti che vengono richiamati nell’accertamento o nella richiesta di liquidazione dei tributi;deve garantire che i rapporti con il contribuente siano improntati ai principi della collaborazione, della correttezza e della buona fede; la tutela del legittimo affidamento è un principio generale riconosciuto dalla giurisprudenza domestica ed anche da quella comunitaria, con la finalità di tutelare il contribuente che si comporta in buona fede deve consentire al contribuente di poter esercitare il diritto di compensazione che permette di estinguere il proprio debito tributario utilizzando crediti vantati verso il Fisco; garantisce il diritto di interpello su fattispecie concrete e personali del contribuente; in alcuni casi, in particolare quando vi sono obiettive condizioni di incertezza normativa, il contribuente prima di decidere come comportarsi può chiedere un parere all’amministrazione finanziaria la quale può rispondere entro un determinato periodo di tempo, oltre il quale vale il silenzio assenso, nel qual caso l’amministrazione si conforma all’ipotesi di applicazione normativa proposta dal contribuente; deve svolgere gli accessi, le ispezioni e le verifiche fiscali sulla base di esigenze effettive di controllo, al fine di arrecare il minor disagio allo svolgimento delle attività del contribuente. Vengono posti dei limiti alla permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria presso la sede del soggetto sottoposto a verifica fiscale la quale deve essere svolta durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività. Per garantire poi il principio della cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuenti, al termine della verifica fiscale viene redatto il processo verbale di chiusura delle operazioni e di esso viene data copia al contribuente per consentirgli di comunicare osservazioni e richieste che saranno sottoposte al vaglio degli uffici finanziari;ha istituito il Garante del contribuente, un organo autonomo ed indipendente a cui è affidato il compito di vigilare ed assicurare l’attuazione sostanziale delle regole e dei principi contenuti nello Statuto dei diritti del contribuente al fine di tutelarlo e difenderne i diritti. Esso ha sede presso ogni direzione regionale dell’Agenzia delle entrate e viene interessato direttamente dai contribuenti che lamentino disfunzioni, irregolarità, scorrettezze o anomalie nello svolgimento degli atti amministrativi; in tali casi chiede chiarimenti agli uffici competenti e può anche inviare raccomandazioni ai dirigenti degli uffici finanziari per tutelare i contribuenti e per migliorare il servizio tributario, può inoltre vigilare sul corretto svolgimento delle verifiche fiscali. Il Garante in ragione delle segnalazioni ricevute e delle attività svolte presenta una relazione semestrale al Ministro dell’Economia e delle finanze.
Questi in generale gli obiettivi ed i contenuti dello Statuto dei contribuenti; però a ben vedere finora lo statuto è stato spesso disatteso introducendo specifiche deroghe nelle varie leggi di natura fiscale che si sono succedute nel tempo. Purtroppo ciò rende ancora più distante e critico l’approccio del cittadino nei confronti degli uffici finanziari, percepiti sempre più come espressione di luoghi di ricerca affannosa di risorse finanziarie a discapito del contribuente che spesso si vede soggiogato da normative sempre più complicate e farraginose. Infatti a circa venti anni dall’introduzione dello Statuto la sua portata innovativa non è stata di fatto calata nella realtà legislativa al fine di provare a riportare il rapporto tra Fisco e contribuenti in condizioni di effettiva parità. La legislazione tributaria è ormai pensata, ma forse lo è stata sempre, per recuperare gettito e risorse finanziarie, trascurando i diritti sanciti dallo Statuto, e in questo modo il contribuente si sente sempre più vessato ed avulso da un sistema che lo rende suddito e non cittadino.
Le amministrazioni pubbliche sembrano non ascoltare le effettive esigenze e soprattutto non è assolutamente chiaro e trasparente il rapporto tra risorse introitate dall’Erario e servizi ricevuti dai contribuenti; anzi spesso chi più contribuisce meno riceve e purtroppo in un Paese con forte evasione ed elusione fiscale il rapporto tra capacità contributiva ed effettivo livello di ricchezza del soggetto si perde, creando disparità e frizioni sociali peraltro alimentate da coloro che desiderano comunque rimanere in quella zona grigia in cui sembra che i controlli del fisco non riescano ad arrivare. Sempre più forte è il malcontento da parte dei contribuenti che hanno perso la fiducia nello Stato che continua a legiferare in modo confuso e caotico, con mille sovrapposizioni di leggi e decreti che modificano convulsamente ogni istituto fiscale e non riescono a premiare chi costantemente fa il proprio dovere.
Anzi le innumerevoli rottamazioni ed i vari strumenti di deflazione del contenzioso (veri e propri condoni celati da affermazioni finanziarie inverosimili per le quali quando incassi denaro dal condono hai un maggior gettito…. Senza però dire quanto in realtà è la differenza tra quanto avresti dovuto incassare e quanto realmente incassi per effetto della pace fiscale: in termini finanziari in realtà si ha una perdita netta secca) agevolano coloro che per i motivi più disparati non pagano il dovuto: oggi il riscosso da attività di accertamento è pari a circa l’8%.... Ciò vuol dire che di 100 euro accertati il fisco incassa solo 8 euro. Mi domando che tipo di atteggiamento dovrebbe avere il contribuente, spesso lavoratore dipendente, che paga fino all’ultimo centesimo e che magari ha un livello di ISEE che non gli dà diritto a nessuna prestazione sociale, laddove l’evasore non solo gode dei benefici assistenziali, perché ha un livello di ISEE bassissimo, ma usufruisce anche di sconti e condoni?
Ovviamente tutto ciò è permesso specialmente dalla fumosa legislazione fiscale che permette sempre una scappatoia a chi può pagare i migliori tributaristi. L’ordinamento fiscale è tutt’altro che semplice e lineare, essendo composto da numerose leggi, decreti legislativi, decreti legge e decreti del presidente della repubblica, affiancato da circolari ministeriali che dovrebbero aiutare a comprendere la portata normativa; ma spesso non è così, per cui oggi sui siti degli uffici finanziari - spesso non aggiornati - ci sono anche le FAQ (cioè le domande più frequenti che i contribuenti presentano al fisco e che dimostrano chiaramente la misura del caos applicativo). Di fatto manca un testo che racchiuda tutte le norme di natura fiscale, alla stregua del Codice civile o del Codice penale: sarebbe cosa buona e giusta esporre con chiarezza i principi che informano il sistema tributario, e qui intendo ricordare che la semplicità e la chiarezza della norma rappresentano delle caratteristiche fondamentali, per la scienza delle finanze, che le disposizioni fiscali dovrebbero avere per garantire l’effettiva compliance tra erario e contribuenti.
Infatti, lo Statuto del contribuente prevede che le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie devono menzionare l’oggetto nel titolo, in modo da agevolarne l’identificazione, e che i richiami di altre disposizioni in materia tributaria devono indicare anche il contenuto sintetico della norma alla quale si intende fare rinvio. Ad oggi tutto ciò risulta una pia illusione. Basti pensare, ad esempio, che alcune volte per trovare la scadenza effettiva di una disposizione non è sufficiente basarsi sulla norma principale ma occorre andare a scorrere tutte le modificazione che si sono succedute nel tempo per tentare di capire l’effettiva scadenza; tacendo poi la frequente situazione che si verifica con l’emanazione dei decreti legge in cui dal testo originario a quello effettivo si incorre in periodi transitori di applicazione di disposizioni fiscali valide per sole poche settimane.
Concludo dicendo che l’ignoranza, creata ad arte, e l’atteggiamento di far sentire incapace il contribuente, ripaga sempre una classe politica ed amministrativa sempre meno professionale e sempre più interessata ai propri stretti e personali interessi che però tutti noi paghiamo, profumatamente, ogni giorno.
Il TEMA scelta è IL DISCERNIMENTO NELLA FORMAZIONE INIZIALE in Alcuni aspetti psicologici-pastorali e pedagogici con particolare riferimento alla Congregazione delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio.
PRESENTAZIONE DEL TEMA e INTRODUZIONE
Nel presentare il tema, e questa parte introduttiva della nostra ricerca, vedremo che il processo di formazione è un momento di aiuto a diversi livelli. Sia la persona che inizia un cammino di formazione sia le persone chiamate ad aiutare e accompagnare in questo lungo itinerario, sono chiamati ad aprirsi alle dimensioni umane e alle dimensioni trascendentali per rispondere adeguatamente ai compiti che ciò comporta. In questo processo, ci sono delle scelte da fare e per cui bisogna operare costantemente un discernimento. Allo stesso tempo che ci proponiamo centrare la nostra ricerca sul tema del discernimento nella fase iniziale della formazione, siamo consapevoli che «operare un discernimento adeguato non è facile, né immediato. Difficoltà di varia natura si frappongono».1 Noi vorremo orientare la nostra attenzione su qualche aspetti psicologici- pastorali/spirituali e pedagogici, perché lo vediamo come una necessità per questa tappa della formazione dei futuri consacrati, che poi però, continua lungo tutto l’arco della vita. Al di là della conoscenza dei fenomeni interni o esterni al soggetto umano, il lavoro formativo deve mirare a decifrare nella vita dei candidati i segni operati da Dio. Questo consiste in una constante percezione di sé per consolidare la propria identità, camminare assieme agli altri e scoprire la volontà di Dio su di noi: che cosa vuole che facciamo, che cosa gli è gradito nella situazione in cui ci troviamo, che cos’è perfetto a suoi occhi?
L’uomo non può separare i problemi che riguardano la sua umanità dai quelli dello spirito. I problemi della nostra umanità sono anche problemi dello spirito nella loro dimensione più profonda. Si riferiscono a Dio, così come tutta la nostra formazione deve riferirsi a Lui che ci ha scelti, chiamati, affidandoci una missione. La necessità di fare un discernimento in tutte le tappe della nostra vita quindi, nasce dal fatto che «non possiamo tracciare il piano con cui Dio deve mettersi in comunicazione con noi, né possiamo chiedergli di agire ordinariamente con miracoli, annullando ogni momento gli ostacoli offerti per natura dal nostro essere con i suoi limiti e la sua libertà».2 Il discernimento implica una capacità di giudizio, e quindi una sufficiente conoscenza di sé e una certa apertura alle realtà della vita e della propria vita, cioè, una sufficiente maturità, per fare delle scelte coerenti e in funzione di un progetto di vita. Il vero discernimento vocazionale non verifica tanto la semplice presenza dei valori vocazionali quanto l’efficacia dei valori vocazionali presenti. Le vere domande sono quindi: «perché prega?» «perché sta con la gente?» «perché è disponibile?» «i suoi comportamenti sono dettati dai valori o dai suoi bisogni personali?».3
Il discernimento, nell’ambito della formazione alla vita consacrata, oltre ad aprirsi alle dimensioni umani, deve prendere in conto i valori superiori dello spirito e quelli soprannaturali. In questo senso abbiamo cercato di dare una base teologica che parte dalla Bibbia e dalle tradizioni ecclesiali riguardo il tema del discernimento.4 Il discernimento è dunque l’arte della vita spirituale in cui io comprendo come Dio si comunica a me, come Dio - il che è lo stesso - mi salva, come si attua in me la redenzione in Gesù Cristo, che lo Spirito santo rende salvezza per me. Il discernimento è quell’arte in cui io sperimento la libera adesione a un Dio che liberamente si è affidato nelle mie mani in Gesù Cristo, un’arte pertanto in cui le realtà in me, nel creato, nelle persone intorno a me, nella storia mia personale e in quella più generale smettono di essere mute per cominciare a comunicarmi l’amore di Dio.5 Con gli aspetti psicologici e quelli spirituali, la nostra intenzione è di arrivare a una integrazione della persona tra il suo essere, il suo agire e ciò che è chiamato a diventare. Con le premesse di camminare e crescere in presenza di Dio e in relazione con gli altri, parleremo del discernimento come un conformare e indirizzare la vita, in tutte le sue manifestazioni, le proprie intenzioni, azioni e operazioni. Senz’altro, tutto questo secondo la volontà di Dio e non secondo la propria, però anche in sintonia con le dinamiche della crescita umana. In queste ultime (dinamiche della crescita umana), possiamo già capire perché intervengono in questo tema alcuni aspetti psicologici e pedagogici. Perché l’uomo non può crescere senza di esse.
STATUS QUAESTIONIS
Se percorriamo, lungo la storia della Chiesa, le diverse spiritualità hanno affrontato il tema del discernimento, con diverse accentuazioni anche in rapporto alle diverse sensibilità carismatiche ed epoche storiche. Durante il Sinodo abbiamo riconosciuto alcuni elementi comuni, che non eliminano la diversità dei linguaggi: la presenza di Dio nella vita e nella storia di ogni persona; la possibilità di riconoscerne l’azione; il ruolo della preghiera, della vita sacramentale e dell’ascesi; il confronto continuo con le esigenze della Parola di Dio; la libertà rispetto a certezze acquisite; la verifica costante con la vita quotidiana; l’importanza di un accompagnamento adeguato.6 Il termine “discernimento” è usato in una pluralità di accezioni, pur collegate tra di loro. In un senso più generale, discernimento indica il processo in cui si prendono decisioni importanti; in un secondo senso, più proprio della tradizione cristiana e su cui ci soffermeremo particolarmente, corrisponde alla dinamica pastorale attraverso cui la Chiesa in una persona, un gruppo o una comunità cerca di accompagnare i candidati a riconoscere e di accogliere la volontà di Dio nel concreto della loro situazione: «Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (1Ts 5,21). In quanto attenzione a riconoscere la voce dello Spirito e ad accogliere la sua chiamata, il discernimento è una dimensione essenziale dello stile di vita di Gesù, un atteggiamento di fondo ben più che un atto puntuale.7
Il discernimento poi, è spesso associato alle scelte nei diversi momenti della vita, sia per riformare, sotto l’azione dello Spirito divino; sia per scoprire la forma concreta in cui Dio vuole che la persona dia l’immagine di Cristo. Dalla prospettiva psicologico-spirituale, si è arrivato anche a considerare che «deve accedere alle scelte solo chi è preparato spiritualmente».8 Ogni giorno, il discernimento è basilare e trattato da molti nell’ambito della pastorale e pedagogia delle vocazioni. Nella tappa dell’animazione e in quella della formazione. Assieme ai processi di discernimento, diventa decisiva la comunicazione oggettiva della Parola di Dio per formazione della coscienza, fondamentale in un processo di maturazione umana e spirituale soprattutto in un momento così delicato quale quello del processo di scelta dello stato di vita.9 Il nostro lavoro è partito quindi dallo sforza fatto già prima di noi, da tanti autori che hanno scritto facendo dei suggerimenti per il discernimento e l’accompagnamento verso la maturità, alla ricerca della volontà di Dio.
OBIETTIVO DEL LAVORO
Gli obbiettivi di questo lavoro sono molteplici e varie secondo le relazioni che ogni persona stabilisce con gli altri. Il nostro interesse e il nostro obiettivo è quello di presentare il carattere imprescindibile della relazione in ambito cristiano. Ciò vuole dire il raggiungimento della realizzazione nella costruzione della relazione, con Dio e con gli altri. È lì dove le persone vivono il dono totale di sé in una logica di auto-trascendenza: “come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Per arrivare alla perfezione della relazione che si concretizza nella carità, nel fare sì che un dono totale, ci vuole un lungo cammino. Ecco perché al primo obiettivo associamo il processo psicologico- pastorale per fare dei suggerimenti utili nel cammino di formazione, ovvero, la maturità relazionale.
ARTICOLAZIONI DEL LAVORO
Il nostro lavoro si è articolato intorno a tre capitoli. In un primo momento, ci siamo fermati sulla definizione del discernimento, i suoi contenuti e precisazioni nella formazione e nel discernimento. Con la centralità della persona al centro della propria formazione come primo protagonista, sottolineiamo altrettanto la necessità della variante oggettiva nei processi di formazione e di discernimento. Abbiamo dato un’attenzione riguardo al discernimento e decisioni, mettendo l’attenzione sulla relazione con Dio, la decisione, la preparazione, le tappe e la verifica, tutto nel discernimento vocazionale; abbiamo trattato anche nel secondo capitolo, di sviluppare i processi decisionali e relazionali. Con questi, cogliamo la necessità di prestare attenzione e in modo attivo alle diverse emozioni, superarsi e fare delle scelte coerenti con la proposta formativa alla vita consacrata nei contesti attuali. Con la grazia di Dio e con il protagonismo della persona, si deve entrare in una crescita armonica e integrale che non finisce mai. Con l’ultimo e terzo capitolo, abbiamo parlato dell’esperienza della formazione iniziale delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio, nelle fasi, nelle sfide del discernimento e nella formazione iniziale in Africa; e in una prospettiva progettuale, abbiamo fatto delle proposte in linea dell’argomento in merito, per la formazione iniziale nella congregazione delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio in Africa; dove ora fiorisce la vocazione.
METODO
Tenendo conto della complementarità di approcci nella riflessione sulla fede e la crescita umana, ci proponiamo di seguire il metodo esperienziale della Psicologia -pastorale/ pedagogia vocazionale e/o della teologia spirituale10, per lo svolgimento della nostra ricerca. Il primo capitolo è dunque di natura fenomenologica e tratta di descrivere l’esperienza che l’uomo fa di Dio, sperimentata e conosciuta mediante la realtà vocazionale, formativa e il conseguente discernimento. Riteniamo centrale prendere in conto sia la dimensione oggettiva che quella soggettiva dell’esperienza di discernimento, per cui ci interessano gli aspetti psicologici e pastorale.
Il secondo capitolo è consacrato a una riflessione critico-teologica- pastorale. Abbiamo cercato di riuscire a mettere a confronto l’esperienza descritta, nella prima parte, con il vissuto ecclesiale. Si tratta di sviluppare i processi decisionali e relazionali. Con questi, cogliamo la necessità di prestare attenzione e in modo attivo alle diverse emozioni, superarsi e fare delle scelte coerenti con la proposta formativa alla vita consacrata nei contesti attuali. Con la grazia di Dio e con il protagonismo della persona, si deve entrare in una crescita armonica e integrale che possiamo razionalmente affermare, non finisce mai.
Nel terzo capitolo si propone una prospettiva progettuale, con delle proposte coerenti all’argomento in merito alla formazione iniziale nella congregazione delle suore Minime; trattando la parte ermeneutica, dove abbiamo voluto andare oltre la mera descrizione del significato per comprendere la complessità delle implicanze psicologiche e pastorali nel processo formativo. Dopo l’interpretazione del processo formativo, alla luce della psicologia e della pastorale, ci assumiamo il compito di suggerire qualche applicazione alla vita concreta in vista di una maturità formativa, pensando alla realtà delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio in Africa. È stato senz’altro un contributo in dialogo con gli studi fatti durante la formazione specialistica della pedagogia delle vocazioni o dei formatori- animatori vocazionale.
. FONTI
Le nostre fonti sono state costituiti principalmente dagli scritti del Magistero della Chiesa nella Bibbia e da alcuni autori che ci hanno avvertito della necessità di raggiungere una formazione più completa possibile per potere rispondere alle esigenze dei nostri tempi e dare intelligenza alla nostra fede11. Abbiamo preso in conto perciò quanto è stato scritto nell’ambito della maturazione relazionale e della vita spirituale. In modo particolare, ci siamo soffermati sugli elementi che riguardano il discernimento delle vocazioni e degli stati di vita, cioè, i processi formativi.
Nel primo capitolo, come abbiamo già detto nell’introduzione, ci siamo soffermati alla definizione del termine discernimento, Come specificato nella definizione riportato dal libro di Mauro Costa12, cosi, dalla sua natura la parola discernimento, nella lingua Italiana non si fa fatica perché, ha una caratteristica prevalentemente conoscitiva, nel distinguere il termine discernimento da quello di deliberazione ciò che connota l’esercizio della volontà e comporta una libera decisione, una scelta. Il termine discernement nella lingua francese è pieno di un significato che fa riferimento anche alla volontà, è molto più vicino a decisione o deliberazione. Nei suoi contenuti e precisazioni nella formazione iniziale e nel discernimento vocazionale; la sua esperienza, le sue sfide, il suo ruolo difronte alla decisione e le sue tappe nella formazione iniziale. Possiamo dire che, si tratta di un’arte capace di aprire alla verità i sensi e la mente di chi la pratica, facendoci andare oltre il conformismo, la rigidità delle ideologie, le sirene della moda e la mediocrità del così fanno tutti, che talvolta rischia di diventare l’unico criterio dietro al quale ci muoviamo. Il discernimento, ci offre la possibilità di uno sguardo più profondo e spirituale su noi stessi e sulle cose, ci rende interiormente liberi. Non conformatevi a questo mondo, scrive l’Apostolo Paolo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,2)13. Giovanni Paolo II ricordava che il discernimento è uno dei numerosi doni che lo Spirito Santo ha elargito ai credenti per mezzo della sua Chiesa: «infatti, è lui che nella Chiesa suscita i profeti, prepara i maestri, guida le lingue, compie prodigi e guarigioni, produce opere mirabili, concede il discernimento degli spiriti, assegna i compiti di governo, suggerisce, ripartisce e armonizza ogni altro dono carismatico e, perciò, rende dappertutto e in tutto compiutamente perfetta la Chiesa del Signore»14.
Nell’esortazione apostolica Gaudete et Exsultate15, papa Francesco, si è soffermato sul discernimento in generale, e riprende alcune delle sue riflessioni già applicate al discernimento della vocazione propria nel mondo. Il santo padre si rivolge a tutti e in modo particolare ai giovani, e dice che i giovani sono esposti a uno zapping costante, che è possibile in quanto i giovani possono simultaneamente navigare o interagire su due o tre schermi nello stesso tempo in diversi sfondi virtuali. Secondo il francescano Ubaldo Terrinoni «il discernimento è un dono dello spirito che ci aiuta a camminare verso Dio e a ricercare appassionatamente la sua volontà»16. Abbiamo visto che è opportuno fare alcune precisazioni del termine, descrivere la natura, indicare la finalità, esplicare la responsabilità17. Abbiamo trovato il bisogno di precisare che il discernimento vocazionale ha il compito di verificare l’esistenza di una chiamata specifica. viene presentato come un’abilità a valutare gli eventi, le situazioni e persone, alla luce del vangelo e come l’intima conoscenza dell’opera di Dio nel cuore degli uomini. Il discernimento vocazionale è una realtà molta complessa. È opportuno fare alcune precisazioni del termine, descrivere la natura, indicare la finalità, esplicare la responsabilità18. Per questo, possiamo dire che, il periodo di formazione, è tempo di grazia per aiutare il candidato a pervenire alla verità del proprio essere, che nell’ esperienza cristiana è leggibile in Cristo Gesù, l’uomo vero.
Nel secondo capitolo si tratta di sviluppare i processi decisionali e relazionali come ci spiega il titolo. Il processo implica il superarsi e fare scelte coerenti con la proposta formativa alla vita consacrata nei contesti attuali, aiutati dagli psicologi, dal Magistero della Chiesa e da alcuni autori. Come riferimento la teoria degli psicologi William James e Carl Lange, la quale ci aiuta a capire quanto l’aspetto fisiologico sia una componente essenziale ed indefettibile delle emozioni. Possiamo infatti affermare con certezza che non esista uno stato emotivo, di qualsiasi intensità, senza un’attivazione fisica correlata. La teoria periferica di James-Lange conferiva un valore così rilevante alla “fisicità” delle emozioni da sostenere come lo stesso contenuto dell’emozione fosse sostituito alla sperimentazione di una sensazione fisiologica che ne costituiva la causa eccitante19.
Per finire, Dopo l’interpretazione del processo formativo, alla luce della psicologia e della pastorale, abbiamo fatto nostro il compito di suggerire qualche applicazione alla vita concreta in vista di una maturità formativa, pensando sempre alla realtà delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio in Africa. In questo terzo e l’ultimo capitolo abbiamo messo in luce i protagonisti del discernimento vocazionale delle suore Minime, come in tutti gli ambiti formativi organizzati. Alcuni autori nell’ambito di psicologia, pedagogia e pastorale ci hanno aiutato per una ricerca utile nella materia. Tutto questo per arrivare allo svolgimento di un buon discernimento vocazionale dell’Istituto, come scrive Méthode G. nel suo libro Programmare e Valutare…, perché “L’attuazione dell’itinerario formativo esige la presenza di risorse umane o di protagonisti cioè attori competenti”20. Poiché il discernimento vocazionale delle suore Minime sia un vero passaggio di una comunità educativa, i protagonisti di essa sono educatori e educandi (Maestri e candidate in formazione). In esso il percorso di accompagnamento come dice il prof. Crea nel suo libro psicologia del discernimento, nel processo di discernimento o in un itinerario formativo, l’accoglienza e l’accettazione reciproca rende gli individui capaci di investire creativamente nel modo di essere aperti a riconoscere i segni della chiamata, passando dalle buone intenzioni ai fatti, e imparando così a essere dono, non solo per sé stessi ma anche per gli altri21.
VALUTAZIONE e I LIMITI
- Il tema è stato molto interessante e ampio che si può sviluppare in tanti percorsi formativi, perché ed è utile non soltanto per la formazione consacrata ma anche per tutta la vita ordinaria.
- Come tutte esseri umani, mi sono trovata limitata in tante cose in questa ricerca, in anzi tutto con la scusa di Covid, non ho potuto aver alcune informazioni utili che volevo e ho cambiato più volte l’idea iniziale…
Detto questo, ho finito, vi ringrazio di vero cuore.
CONCLUSIONE GENERALE
Al termine di questo lavoro vogliamo precisare che il capitolo I è stato un lavoro lungo e complesso, che abbiamo voluto riportare alcune linee guida teoriche del magistero ed i contributi di alcune voci esperte alla vita consacrata. L’esercizio del discernimento vocazionale in questo lavoro (Discernimento nella Formazione Iniziale con alcuni aspetti psicologici- pastorali/spirituali e pedagogici) è risultato come un processo formativo ed educativo che non si limita solo alla formazione iniziale. Infatti, la propria ricerca di amore è in continuo aggiornamento, con il contributo supremo di Dio padre fonte e culmine della ricerca vocazionale. Abbiamo così sottolineato nel primo capitolo che è di natura fenomenologica ed abbiamo provato a descrivere l’esperienza che fa l’uomo di Dio, sperimentata e conosciuta mediante la realtà vocazionale, formativa ed il conseguente discernimento. Seguendo alcuni itinerari di natura pedagogica pastorale, ci si può ricollegare a taluni aspetti segnalati nel documento partire da «Nuove vocazioni per una nuova Europa», le scelte strategiche e urgenti, che O.M. Llanos presenta nel suo libro22… “iniziare a seminare al tempo giusto (preadolescenza, adolescenza e cultura vocazionale), la promozione della vocazione specifica e il contributo della donna nella pedagogia vocazionale odierna”. Qui si rivolge proprio a noi ed abbiamo anche messo in luce il confronto dell’esperienza di una riflessione critico-teologica che è stata descritta, nella prima parte, con il vissuto ecclesiale. In seguito è stato evidenziato anche l’elemento di ogni vocazione, in particolare la chiamata alla vita religiosa che chiede dunque di essere “affrontata”, verificata nella preghiera e con la Parola di Dio. Richiede altresì uno sguardo onesto e sincero su sé stessi e quindi una conoscenza e una consapevolezza di sé; esige un cammino di discernimento serio; matura e si rivela nell’accompagnamento spirituale ed umano accanto a delle buone guide.
Per comprendere la propria vocazione serve tanta umiltà23, disponibilità, pazienza, voglia di mettersi in gioco e rischiare, ascolto e ricerca di ciò che è essenziale, docilità nel farsi guidare e accompagnare ... Occorre mettersi in strada… Serve farsi pellegrini e mendicanti… per poter riconoscere un giorno e dire che sono stato un servo inutile ma il Signore mi ha esaltato. In seguito, con la parte ermeneutica nel secondo capitolo, abbiamo cercato di andare oltre la descrizione e comprendere la complessità delle implicanze psicologiche e pastorali nel processo formativo dell’Istituto delle suore Minime. Successivamente l’interpretazione del processo formativo, alla luce della psicologia e della pastorale, abbiamo fatto nostro il compito di suggerire qualche applicazione alla vita concreta in vista di una maturità formativa riformata, pensando alla realtà delle suore Minime di Nostra Signora del Suffragio in Africa. Senz’altro è un contributo in dialogo con gli studi fatti durante la formazione specializzata della pedagogia delle vocazioni o dei formatori- animatori vocazionale all’Università Salesiana di Roma. Abbiamo avuto anche la necessità di riprogettare e rielaborare il progetto formativo dell’Istituto per una splendida adattazione in Africa dove l’Istituto rinasce per adesso, per il bene della congregazione secondo le costituzioni, i regolamenti propri e della Chiesa universale. Il cammino vocazionale che parte dai più giovani, «La preadolescenza è stata chiamata “la prefigurazione emotiva” del divenire vocazionale»24, perciò «l’approccio ideale della pedagogia è quello di “camminare insieme” nelle situazioni reali» del preadolescente.
Confrontando la ricerca con gli orientamenti del Magistero della Chiesa, possiamo aggiungere in sintesi di tutto ciò che abbiamo studiato nel tema, il brano del libro dell’anno della vita consacrata in cui: “Dio Padre, nel dono continuo di Cristo e dello Spirito, è il formatore per eccellenza di chi si consacra a Lui. Ma in quest’opera Egli si serve della mediazione umana, ponendo a fianco di colui che Egli chiama alcuni fratelli e sorelle maggiori. La formazione è dunque partecipazione all’azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio. Per questo occorre formarsi a saper comprendere i segni della volontà di Dio e della sua Parola, che si fa voce urlante negli eventi della propria storia e nei segni dei tempi. E. Bianchi nel suo libro, dice che il “discernimento vuol dire esercitarsi a rimanere, a sostare saldamente e con fiducia nella Parola che è Cristo”25. I formatori e le formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di Dio per essere in grado di accompagnare anche altri in questo itinerario. Attenti all’azione della grazia, essi sapranno indicare gli ostacoli anche meno evidenti, ma soprattutto mostreranno la bellezza della sequela del Signore ed il valore del carisma in cui essa si compie. Ai lumi della sapienza spirituale si uniranno quelli offerti dagli strumenti umani, che possano essere d’aiuto sia nel discernimento vocazionale, sia nella formazione dell’uomo nuovo, perché divenga autenticamente libero. Strumento basilare di formazione è il colloquio personale, da tenersi con regolarità e con una certa frequenza, come uso di insostituibile e collaudata efficacia. Di fronte a compiti tanto delicati appare veramente importante la formazione di formatori idonei, che assicurino nel loro servizio una grande sintonia con il cammino di tutta la Chiesa. È stato sottolineato anche l’importanza di creare adeguate strutture per la formazione dei formatori, possibilmente in luoghi dove sia consentito il contatto con la cultura in cui sarà poi esercitato il proprio servizio pastorale.
In quest’opera formativa gli Istituti già meglio radicati devono dare un aiuto agli Istituti di più recente fondazione o quelli in difficoltà, grazie al contributo di alcuni dei loro membri migliori”26. Qui possiamo aggiungere che ci mancano proprio i formatori esperti con la scusa delle mancanze di vocazioni negli istituti. Di questo fatto, gli istituti e l’intera Chiesa è in continuo lamento per la scarsa formazione dei formatori che genera la mancanza delle vocazioni. In questa ricerca possiamo proporre che non dobbiamo scoraggiarci per le poche vocazioni che abbiamo, possiamo offrire delle occasioni formative adeguate a un futuro migliore di ogni Istituto per il bene della Chiesa. Come si dice nel linguaggio popolare “pochi, ma bravi! O ancora “pochi ma di buona qualità, senza cercare tante vocazioni dalla qualità scarsa che ne combinano sempre o quelle che nessuno riesce a gestire, per poi trasmettere delle eresie al popolo di Dio anziché la buona testimonianza cristiana” o ancora dei consacrati che rovinano delle vocazioni e fanno vuotare le comunità. La Congregazione delle suore Minime come tanti altri Istituti è in crisi vocazionale, in Europa, Argentina e Colombia ci sono missioni da tanti anni, ma le difficoltà non sono solo a livello culturale, perché, in Africa ad esempio, c’è il vero problema degli abbandoni dell’Istituto sia nella formazione iniziale che dopo la professione perpetua.
Questo problema non fa solo parte di una cultura o di un continente; piuttosto, possiamo anche ben dire come Papa Francesco che in “questo momento la fedeltà è messa alla prova […]. Siamo di fronte ad una “emorragia” che indebolisce la vita consacrata e la vita stessa della Chiesa. Gli abbandoni nella vita consacrata ci preoccupano. È vero che alcuni lasciano per un atto di coerenza, perché riconoscono, dopo un discernimento serio, di non avere mai avuto la vocazione; però altri con il passare del tempo vengono meno alla fedeltà, molte volte solo pochi anni dopo la professione perpetua. Che cosa è accaduto?»27. L’interrogativo sollevato da Papa Francesco non può cadere nel vuoto. Di fronte al fenomeno degli abbandoni dello stato di vita consacrata e clericale, denominatore di situazioni diversificate, da tempo la Chiesa si interroga sull’atteggiamento da assumere28. La stessa vita consacrata è stata più volte sollecitata a riconoscere, discernere ed accompagnare situazioni di disagio o di crisi e a non ridurre il fenomeno solo ad un allarmante quadro statistico senza allo stesso tempo, interrogarsi sul senso e sulle implicazioni della fedeltà e perseveranza di una vocazione alla sequela Christi. Che consiste in un cammino di conversione e di purificazione che aiuti a riscoprire il fondamento e l’identità della propria chiamata, senza lasciarsi andare al pessimismo o alla frustrazione logorante di chi si sente impotente e si prepara al peggio. «La tentazione della sopravvivenza trasforma in pericolo, in minaccia, in tragedia ciò che il Signore ci presenta come un’opportunità per la missione. Questo atteggiamento non è proprio soltanto della vita consacrata, ma in modo particolare siamo invitati a guardarci dal cadere in essa»29. Il mondo è in difficoltà, la guerra in tante parti del mondo, il Covid-19, le calamità naturali, la morte e le malattie diffuse dappertutto, le crisi economiche nella società intera, tutto ciò genera la scarsa vocazione.
«La fiducia deve crescere - afferma Papa Francesco - proprio quando le circostanze ci buttano a terra»30. L’altra cosa più importante che possiamo prendere in considerazione con molta attenzione in questa ricerca è che nonostante tutte le teorie e le pratiche riportate, suggerite, ritenute ed imparate nella tesi, la psicologia, pedagogia, pastorale, teologia o spiritualità sono i fattori principali che dovrebbero aiutare ogni candidata ad intraprendere al meglio il suo percorso decisionale. Assieme alle altre scienze umane è necessario collaborare per modellare, trasformare e formare lo sposo o la sposa chi si prepara per incontrare giorno dopo giorno il suo sposo Gesù: che è Maestro per eccellenza di ogni vocazione e di ogni scelta di vita umana. Poiché questa scelta come scelta di matrimonio ha bisogno di una persona matura umanamente e spiritualmente per poter sopravvivere nella lotta della propria scelta. La lotta la può vincere solo una persona preparata molto bene con una formazione integrale. Siamo tutti chiamati a lottare e collaborare per andare avanti per bene in tutti i punti delle nostre scelte. Pregando e sostenendoci gli uni con gli altri, aiutandoci progressivamente avvicenda nel portare la propria croce. Preghiamo il Signore che ci sostenga e ci accompagni sempre nell’esercizio di qualsiasi discernimento e soprattutto quando siamo chiamati ad aiutare gli altri nello scegliere la propria vocazione. Non possiamo concludere questa ricerca senza sottolineare che la Minima si forma anche nella missione dell’Istituto in cui collabora per la promozione della donna ma condividendo la vita con le persone a lei affidate dall’Istituto stesso, dall’educazione dei più piccoli fino all’accompagnamento delle persone anziane in fin di vita.
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio anzitutto il Signore guida delle mie azioni, che mi ha sempre sostenuto in tutto con il suo Spirito Santo; ringrazio i miei Defunti che invisibilmente ho confermato di aver scritto la tesi insieme a loro. Grazie al mio angelo custode ormai in cielo Padre Jean Paul Avokandoto con cui ho scelto questo tema, confrontandoci assieme fino all’elaborazione del progetto approvato; senza dimenticare la nostra santa collaborazione in tutto, pensando ogni giorno alla perfezione per la vita eterna, fino ad ora mi è stato sempre vicino. Tra le tante fatiche dell’apostolato e del cammino verso l’UPS, ci siamo riconosciuti Angeli Custodi a vicenda per cinque ultimi anni del suo pellegrinaggio terreste. Lo sostenevo quando era vivo ed ancora oggi continuo a confermare che egli è stato un Santo anche se il mondo non lo ha conosciuto, conoscendo i suoi limiti, i suoi peccati e la sua bravura posso credere che sia accanto a Gesù e Maria, che ha servito e amato. Chiedo a lui di continuare a pregare per me come faccio anche io per lui.
Ringrazio il mio relatore, il Prof. Giuseppe Crea; posso esprimere solo la mia gratitudine per avermi guidata con tanta pazienza ed essere stato sempre pronto ad aiutarmi a riportare il meglio. Grazie al Prof. Mario Llanos, il mio correlatore, che con tanta pazienza mi ha trasmesso circa la metà del sapere pastorale e vocazionale professionale del percorso universitario. Ringrazio il Prof. Tognacci Stefano, presidente di questa discussione, grazie di cuore; il Prof Roggia e tutto il gruppo gestore del nostro Curriculum grazie di tutto. Ringraziamenti alla precedente Madre Generale Chiara con il suo consiglio, la ringrazio di vero cuore per l’opportunità di questo percorso formativo che mi hanno offerto, per il mio bene ed il bene del nostro Istituto. Mi hanno orientato in questo percorso più impegnativo e penitenziale, non ero convinta all’inizio, ma mi rendo conto che le materie apprese mi hanno salvato la vita e la vocazione. Grazie anche all’attuale Madre Generale Monica, insieme al suo consiglio per la finizione del mio percorso accademico. Grazie alle due mie comunità della Casa Speranza e Torre Maura per la loro pazienza, preghiera e buona volontà. Un grazie particolare a suor Maria Aurora che è stata la mia maestra d’italiano per il primo Capitolo ed a suor Maria Paola a Brazzaville che mi ha incoraggiato e aiutato all’ultimo capitolo. Un grande grazie particolare a Lorenzo e Francesca che hanno curato nell’ultimo minuto l’Italiano di tutta la tesi. Grazie di tutto alla mia università ed ai miei cari colleghi studenti per la collaborazione; grazie ai miei collaboratori privati per la loro buona volontà e multiplo sostegno.
Infine, ringrazio con affetto tutti voi per la vostra presenza e fraternità, vi abbraccio. Che Dio, fonte di ogni bene, vi ricompensi tutti e vi benedica nel nome di Gesù e Maria.
INDICE……………………………………………………………………………2
INTRODUZIONE………………………………………………………………..8
CAPITOLO I
Formazione e discernimento…………...………………………………………10
1. Discernimento nella formazione iniziale…………………………………….11
1.1. Cos’è il discernimento, contenuti e precisazioni…………………………11
1.2. Natura, finalità e responsabilità del discernimento……………………… 16
1.3. L’importanza del discernimento nelle prime fasi formative……………...18
1.4. Discernimento, spiritualità e formazione…………………………………21
2. L’esperienza della formazione iniziale ………………………………………24
2. 1. Fasi della formazione iniziale……………………………………………24
2. 2. Sfide nel discernimento e nella formazione ……………………………..26
3. Discernimento e decisioni…………………………………………………….29
3.1. La relazione personale con Dio …………………………………………..30
3.2. Prima di decidersi: come prepararsi spiritualmente………………………32
3.3. Le tappe del discernimento spirituale…………………………………….34
3.4. La verifica dopo il discernimento………………………………………...37
CAPITOLO II
Processi decisionali e relazionali (attivi, emotivi) ……………………………40
1. Formazione come qualcosa di significativo…………………………………40
1.1. Percezione di sé…………………………………………………………..40
1.2. Alterità e relazionalità……………………………………………………43
1.3. Continuità e progettualità………………………………………………...46
2. Discernimento e processi decisionali………………………………………...48
2.1. Elementi del discernimento………………………………………………48
2.2. Il Discernimento nell’ottica di Papa Francesco…………………………..53
2.3. Discernimento e situazioni difficili………………………………………57
2.4. Formazione al discernimento…………………………………………….61
3. Formazione come tempo di grazia per la lotta della vita consacrata.………65
3.1. Alla scuola dello Spirito………………………………………………….65
3.2. Crescita armonica e integrale…………………………………………….67
3.3. In continuo rinnovamento………………………………………………..70
CAPITOLO III
I protagonisti del discernimento e la prospettiva progettuale delle suore Minime di Nostra signora del Suffragio in Africa………………………………………74
1. I protagonisti del discernimento……………………………………………..76
1.1. La centralità della persona in formazione……………………………….76
1.2. Formatori competenti e lavoro di equipe………………………………..79
2. Prospettiva progettuale……………………………………………………...82
2.1. Avviare processi decisionali…………………………………………….83
2.2. Progetto e discernimento………………………………………………..85
2.3. Principali linee del Metodo utilizzato…………………………………..89
2.4. La valutazione della ricerca o verifica/ analisi…………………………..93
CONCLUSIONE GENERALE……………………………………………….94
RINGRAZIAMENTI………………………………………………………….97
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………99
Sabato 11 febbraio, u.s. nella sala Italia dell’Unar di Roma, per African People Scientific News si è tenuta una interessante conferenza: “Cambiamenti Climatici e Migrazioni”.
Perché assistiamo ai cambiamenti climatici.
Molto c’è da comprendere dei meccanismi della Terra, che governano gli eventi estremi, come quelli di medio-lungo periodo, indotti dai cambiamenti climatici.
Sulle criticità, per attuare un contenimento dei rischi, professori e progettisti in conferenza, con il loro saperi.
L’ingegnere Maurizio Scarponi, Presidente dell’ong Africanpeople, presenta il professore Gianluigi Rossi, emerito di Storia delle relazioni internazionali e Storia dell’Africa che tratterà: “Cambiamenti climatici e Migrazioni: il caso d’Africa”.
L’Africa contribuisce ai cambiamenti climatici, un fattore importante che stimola i flussi migratori. Il fenomeno all’interno è di gran lunga superiore, a quello esterno.
L’Africa presenta una grande variazione ambientale e un profilo climatico. Cinquantaquattro stati ultimamente si è aggiunto il Sud-Sudan, tutti differenti.
Il Congo è un caso a sé, uno scrigno pieno di risorse. La Somalia uno dei paesi più poveri.
Molte le differenze da un punto di vista climatico ed in più paesi esiste un clima ottimale.
L’isola della Sicilia subisce effetti del clima, un processo di tropicalizzazione.
I cambiamenti climatici favoriscono l’esodo. La stessa guerra In Ucraina ha incoraggiato i flussi verso l’esterno per l’esportazione dei cereali.
L’Ucraina considerata il granaio d’Europa con l’incertezza per l’approvvigionamento, verso la migrazione.
Favorire il progresso dell’Africa, per limitare i flussi emigratori dall’Africa.
Le relazioni tra Italia, Europa e Africa sono in primo piano, fin d’ora e nei prossimi anni per rinsaldare il Partenariato tra gli stati.
La popolazione africana nel 2060 si stima al doppio dell’attuale e il rapporto africano va rilanciato in vista degli interessi permanenti.
Dal 1960 c’è l’indipendenza degli stati africani, è arrivato il momento di un nuovo rapporto euro-africano.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia il professore Gianluigi Rossi per “il Caso d’Africa” nella contemporaneità.
Il professore Alessandro Bianchi: urbanista presenta la sua relazione: “Città e migrazioni”.
Le città dell’Africa risentono e continueranno a risentire dei cambiamenti climatici.
Rapporto di causa ed effetto delle migrazioni e dei cambiamenti climatici. Il continente Africano e l’Europa. Causa di migrazione all’interno dell’Africa, le città e le migrazioni.
Dal 1750 c’è stata un’esplosione demografica, dovuta a diversi fattori.
La popolazione mondiale ha iniziato a crescere fino 1,25 miliardi.
Nel 1950 è di 2,5 miliardi, 7,9 miliardi nel 2022. Nel 2050 sarà di 9 miliardi.
Aumento di popolazione che si è distribuito in maniera diseguale.
Nel 1950 la popolazione europea era il doppio di quella africana.
Nel 2050 ci sarà il 28% di conseguenze rilevanti.
L’insediamento dalle aree rurali in città determina agglomerati di costruzioni nelle principali città d’Africa. Nairobi, Cairo, Manshiet
Fetta di popolazione che vive in assenza di reti fognarie, con scarsezza di condizioni igieniche in bidonvilles, effetto degli spostamenti dalle zone limitrofe alle città.
800.000 sono arrivati in Europa provenienti dalle rive Sud Marocco, Libia Tunisia, Algeria sbarcano in parte Grecia e Spagna e per lo più in Italia.
Siamo distanti da una cultura multietnica, multirazziale, multireligiosa e poliglotta.
Poca inclusività.
I migranti nei vari paesi di accoglienza, centri di segregazione. Migranti in transito in condizioni precarie.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia il professore Alessandro Bianchi per una presa diretta sulle: “Città e migrazioni”.
Presente tra i relatori il professore Claudio Margottini, geologo, addetto scientifico all’Ambasciata del Cairo con:”Quando il clima cambia la storia dell’uomo”.
Le principali ere, i mutamenti climatici nei secoli e come il clima cambia la storia dell’uomo.
Più di una ragione spinge gli uomini ai movimenti, all’interno ed all’esterno, di un paese.
Migliorare lo stato di esistenza, una esigenza avvertita per nuove forme di dignità, viaggi per fenomeni ambientali, sociali, economici e culturali.
Il clima è visto come un forzante che condiziona la sopravvivenza.
Le tradizioni delle popolazioni nomadi, la non residenzialità, movimenti ed insediamenti hanno peculiarità proprie: espansioni, migrazioni, carestie, e disastri ambientali.
L’homo Sapiens appare circa 200.000 fa.
Il Clima diviene più instabile.
L’homo di Neandertal visse nel periodo paleolitico tra i 200.000 e i 40.000 anni fa. Restano tracce del DNA dell’homo di Neandertal.
Nel continente europeo, in Asia ed in Africa il periodo Paleolitico superiore si estende tra 41mila e 12mila anni fa.
Fu un periodo di glaciazioni e di grande esplosione creativa, nel quale si estinse l’homo di Neanderthal e l’homo Sapiens. Molte le colonizzazioni sui territori che si muovevano per i cambiamenti climatici.
Nel massimo glaciale intorno a 20 mila anni fa il livello marino stazionava circa 120 metri sotto quello di oggi. Con l’aumento della temperatura ci fu lo scioglimento dei ghiacciai confluenti nei corsi di acqua, fino al mare. Con il primo diluvio il livello degli oceani si è alzato tanto da sommergere interi territori.
Il mar mediterraneo 20mila anni fa.
Nascono i popoli del mare che dettero origine a culture e civiltà marinare e a migrazioni.
Per il clima mite del mar mediterraneo, tutti i popoli lungo le sponde divennero abili navigatori nel cercare altrove le risorse, per la loro sopravvivenza.
Prime civiltà del Mediterraneo.
I cambiamenti climatici portarono a nuovi popolamenti di territori a causa delle instabilità e scarsezza di risorse.
Si osservano le varie epoche climatiche.
Ottimo climatico olecenico venne caratterizzato da un periodo caldo tra 9.000 e i 5.000 anni fa.
Ottimo climatico romano indicato come periodo caldo in Europa e nel nord Atlantico dal 259 a.c. al 400 d.c.
Periodo caldo medioevale, con clima relativamente caldo nel nord Atlantico, per 300 anni dal IX al XIV secolo.
Durante questo periodo vi furono insediamenti umani nel nord Europa.
Piccola glaciazione dalla metà del IX secolo alla metà del XIX secolo, durante la quale si registrò una diminuzione della temperatura terrestre.
Effetto del clima più caldo in Italia: lo scioglimento dei ghiacciai. Negli ultimi decenni: maggiore fusione per l’aumento globale delle temperature.
In terre lontane, in Nuova Zelanda la popolazione aborigena, Maori divisa in tribù e clan e la schiavitù non era sconosciuta e ci fu la tratta per la manodopera.
Cartine geografiche che indicano lo stato dei luoghi e clima.
La foto delle Alpi e degli Appennini non innevati e ricchi di verde non risale a data odierna.
Africa un potenziale di risorse umane e materie prime.
Cobalto, uranio, oltre platino e diamanti. Ed in particolare la columbite-tantalite si utilizza il termine coltan per abbreviazione.
Comprendere l’Africa è valorizzarla, un continente da non saccheggiare.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia il geologo professore Claudio Margottini, per l’analisi:”Quando il clima cambia la storia dell’Uomo”.
Il colonello Laurenzi non ha bisogno di presentazioni, giornalista meteorologo di Rai1”Uno mattino in famiglia”.
Il colonnello Laurenzi con la tematica: “Un pianeta con i nervi scoperti”.
Aspetti inquietanti della nostra epoca.
Gli stessi cambiamenti climatici ci danno ansia e paura.
Il mondo non si ferma cambia e ci rende incerti, alla ricerca di riferimenti.
Cambiano i mari le correnti, maggiori alluvioni, rischi tellurici, smottamenti, esondazioni.
Inverni rigidi, danni da siccità ci preoccupano.
Le stagioni sono cambiate, nessun giorno è uguale all’altro.
La popolazione mondiale cresce sempre di più e maggiore è il pil.
Aria inquinata, eccesso di anidride carbonica, temperature medie in aumento.
Troppe le domande alle quali non c’è risposta.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia il colonello per la complessità del pianeta.
La dott.ssa Laura Patrioli, psicologa con:“Eco-ansia e meteopsiche”.
L’eco-ansia: è la sensazione che le basi ecologiche siano in procinto di crollare.
L’eco-ansia è una preoccupazione generale, uno stress.
Da qualche anno si è iniziato a parlare di eco-ansia, nel riferirsi a forme di inquietudine e depressione, al pensiero del cambiamento climatico ed altre criticità ambientali.
Approcci alla sostenibilità ambientale.
L’ingegnere Maurizio Scarponi ringrazia la dott.ssa Laura Patrioli per le difficoltà dei cambiamenti climatici.
Marco D’Agostini, ricercatore progettista: per una pianificazione agricola di uno dei paesi più poveri dell’Africa: l’Etiopia.
Un problema l’irrigazione dei terreni. Spesso con falle nel percorso di scorrimento idrico.
Recuperare le terre degradate e dare la possibilità di ingresso alle comunità locali al mercato, senza che le coltivazioni siano per scopi industriali.
Le piante indigene per la salvaguardia dei terreni, per la umidità e l’ombra.
I giovani sono alla manodopera, messe da parte le necessarie risorse economiche, lasciano il paese di appartenenza, e migrano.
La partecipazione alle coltivazioni dei terreni contribuirà a rendere accessibile a tutti la risorsa alimentare verso una certa sostenibilità ambientale, fuori dalla longa manus straniera sul territorio.
Si ringrazia Marco D’Agostini, per il progetto agricolo dell’Etiopia, un possibile sviluppo.
In chiusura suor Eveline direttamente dalla Namibia.
Testimone di un compito per il benessere della sua terra.
Presenta il suo paese di origine con un progetto di famiglia estesa. Divulgatrice di conoscenza, impiego ed inclusività.
Attività per migliori aspettative di vita.
Conclude Emanuela Scarponi: In Sudafrica c’è il deserto fiorito e le incisioni rupestri, sito archeologico.
In Primavera in una terra arida con una straordinaria biodiversità nel Namaqualand del Sud Africa e della Namibia, estesa per più di 100 km. sulla costa occidentale dell’oceano Atlantico, nascono tantissime piante.
La creatività nelle incisioni rupestri della Namibia è Patrimonio dell’Umanità. Opere d’arte.
Antica memoria indelebile nel tempo.
di Claudia Polveroni
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