Presepi e mercati natalizi a Greccio, nella Valle Reatina.

Luogo di preghiera e meditazione di San Francesco di Assisi, quest’anno ricorrono i festeggiamenti degli 800 anni della regola Francescana che renderanno Greccio luogo di culto e meta di pellegrinaggio dei molteplici viandanti che intraprenderanno il viaggio spirituale lungo la bella ed antica via salaria, a pochi passi dalla capitale.

Visita a Greccio e a Fonte Colombo

Con mezzi privati si raggiunge prima Fonte Colombo dove c’è l’appuntamento con la guida che ci accompagnerà per tutta la giornata.
Le date disponibili sono:
18 e 19 novembre in occasione dell’apertura degli stand "mercatini di natale"
25 e 26 novembre
1 e 2 dicembre
8 e 9 dicembre

programma particolareggiato
Arrivo a Fonte Colombo non più tardi delle 10,00.

Visita della FONTE COLOMBO, il santuario dove Francesco ha scritto la regola.
Passeggiata facoltativa nel bosco sotto l'eremo, dove si può ammirare la fonte dell'acqua sulla quale San Francesco vede le colombe. E da qui il nome FONTE COLOMBO.

Si raggiunge quindi il santuario di Greccio alle 11,30.

Si visita la chiesa, il chiostro, la cappella e poi la grotta dove San Francesco ha scritto la regola, ha rievocato la natività, (prenderà circa 1 ora di tempo).

Poi si visiterà l’antico monastero, costruito a ridosso della parete montagnosa, scavato nella roccia, da sembrare quasi un’unica struttura montuosa portante, dotata di finestre naturali, dalle quali ammirare il mondo circostante, respirare e sentire il rumore dell’acqua e delle foglie che si muovono col vento, come predicava San Francesco.
In questa atmosfera incantevole e di fiaba, vivevano all’interno delle mura reclusi, i monaci in meditazione, nelle loro strette celle, sitiate a ridosso della chiesetta del '200, rivestita di legno massiccio, ed adornata di un antichissimo leggio con il libro sacro scritto ad inchiostro in latino arcaico, sul quale quasi si poggiava, quanto era vicina, una antica lampada ad olio, appesa al soffitto da una pesante catena, la cui luce rossa e fioca, serviva proprio a leggere le preghiere, nel silenzio e nel buio dell’antico monastero; silenzio interrotto solo dallo scricchiolio del legno massiccio che ricopre ancora oggi il pavimento e le pareti della chiesetta a forma quadrata, circondata dalle postazioni dei monaci in preghiera ed in meditazione, che - immaginiamo - ricurvi su loro stessi a recitare preghiere, con il Rosario in mano, sotto il loro cappuccio marrone, ìl saio, il cordone bianco, ed i loro sandali di cuoio sui piedi nudi.


Si visita, infine, la chiesa del 1958, dove molteplici Pellegrini oggigiorno si recano a sentire messa recitata in varie lingue da sacerdoti e uomini di chiesa di tutto il mondo, a ricordare il Santo.

Qui si possono ammirare i circa 100 artistici presepi, donati da moltissimi paesi, che si ergono ad opere d’arte.
L’esposizione dei presepi ha luogo lungo uno strettissimo corridoio, situato nella parte alta della struttura, da cui si può scorgere l’altare della chiesa moderna e sentire messa in varie lingue, e costituisce di fatto il museo originale, che accompagna i pellegrini passo dopo passo e presepe dopo presepe verso l’antico monastero: sembra proprio essere progettato come percorso meditativo, lungo il quale il pellegrino entra passo dopo passo nella vita stessa di San Francesco e dei suoi insegnamenti, per seguirne le tracce ed i dettami cristiani, fino a comprenderne il significato profondo e vivere appieno la pace e la serenità che lui stesso infondeva nell’animo dei viandanti e Pellegrini del tempo di allora, del 200, quando questi luoghi erano più isolati di oggi, immersi nella natura.
Insomma in questo itinerario nuovo, natura e religione si mescolano in un unico afflato universale, quasi a rivivere i tempi di allora oggi, come mai è stato.
Si seguono i passi di San Francesco d’Assisi, che parlava agli uccelli, in un luogo di pace e serenità.

Greccio paese dista a meno di 15 minuti.

Alle 12,45 è previsto l’arrivo a Greccio paese.
Antico borgo medievale, Greccio paese e situato in cima alla montagna boscosa, ed e costituto dalla chiesa, la piazza e costruzioni medievali tutte attorno. La chiesa e raggiungibile dalla bella piazza protetta tutta attorno da case private medievale, locande e piccoli negozi artigianali, dove i pellegrini si dilettano a riposarsi dopo la salita dall’ eremo al paese e per godersi seduti un buon caffè caldo…
La bella chiesa medievale e raggiungibile dalla piazza tramite una austera scalinata, che permette di raggiungere il portale della chiesa e il punto panoramico più bello di Greccio, da cui si può ammirare la bellissima valle verde reatina che fa da sfondo a questo bellissimo paesaggio,
Il museo nuovo e ricco di presepi monumentali e dista 2 minuti dal santuario, Ospita molti presepi nuovi ed eccezionali.

È previsto il pranzo per le ore 13,40
al ristorante rinomato di Greccio, o a scelta libera nei locali, bar e mercati natalizi che offrono prodotti locali.
Il pomeriggio e dedicato alla visita dei mercatini tradizionali Natalizi
La guida ci lascerà alle ore 16,30.

Ps. l’associazione Interocrea e la via de’ flavi promuove iniziative culturali, tese alla promozione del territorio reatino, in collaborazione con enti locali, e aziende sulla Valle del Velino, da Cittaducale ad Amatrice.

Prossimo tour di sabato il 14 ottobre ad AMATRICE
visita del museo nuovo, aperto da poco, e del laboratorio di Restauro che il comune è riuscito a far aprire con la restauratrice conosciuta nella zona. Ci saranno dimostrazioni e spiegazioni del suo lavoro.

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testo di Emanuela Scarponi 

 BIFF

Primo articolo su BIFF

Il Busan International Film Festival ha avuto inizio il 4 ottobre con una impeccabile cerimonia di apertura e la proiezione del film "Because I hate Korea" del regista Jang Kun-Jae e si è concluso il 13 ottobre, con la cerimonia di chiusura e la proiezione del film “The Movie Emperor” del regista cinese Ning Hao. Si tratta di un Festival imponente nelle dimensioni, con riferimento all’offerta non solo delle visioni, ma anche e soprattutto delle risorse dedicate alla produzione cinematografica, in termini di possibilità di contatti, accordi e finanziamenti. Una vetrina molto ambita, quindi, per tutti coloro che operano nel settore cinematografico, sia per introdurre il proprio film e quotarlo attraverso la risposta del pubblico, sia per trovare fondi e collaborazioni per il prossimo progetto.

Si sono tenute varie presentazioni di gala, con le proiezioni ed eventi sul tappeto rosso, durante i quali gli spettatori hanno avuto la possibilità di vedere i registi e gli attori di persona, tra cui “Green Night”, del regista di Hong Kong Shuai Han, “Monster”, dell'autore giapponese Hirokazu Kore-eda e “The Beast” del regista franco-canadese Bertrand Bonello.

Numerosi i titoli in programma, non solo di produzione orientale, ma anche nordamericana ed europea. Per l’Italia erano presenti Nanni Moretti con “Il Sole dell’avvenire” (A Brighter Tomorrow), Marco Bellocchio con “Rapito”(Kidnapped) Stefano Sollima con “Adagio”, Saverio Costanzo con “Finalmente l’Alba” (Finally Dawn), Andrea Di Stefano con “L’ultima notte d’Amore”(The Last Night of Amore), Alice Rohrwacher con “La Chimera”, Alain Perroni con “Una sterminata Domenica” (An Endless Sunday). Nelle varie sezioni in cui era articolato il festival si trovavano nomi importanti anche di altri Paesi occidentali, come Wim Wenders, presente con “Anselm” e Luc Besson con il film “Dogman”. Il Busan International Film Festival tuttavia si conferma come il più importante evento rivolto al cinema asiatico, offrendo una corposa proposta di produzioni orientali, con un focus sulla rinascita del cinema indonesiano.

Tra gli eventi organizzati dal Festival, ricordiamo due incontri speciali con i registi Lee Chang-dong, avente a tema il suo famoso “Poetry” (2010), e Ryusuke Hamaguchi, di nazionalità giapponese, incentrato sul suo nuovo lavoro “Evil Does Not Exist”, nonché la masterclass con il regista di documentari giapponese Kazuo Hara, specializzato nel riprendere storie di persone con disabilità o coloro che “si spingono oltre i confini della correttezza e dell’obbedienza nella società giapponese” (New York Times).

Forte richiamo hanno esercitato, oltre alla possibilità di vedere una grande quantità di film in anteprima mondiale, le interviste che seguivano le proiezioni, rilasciate dai registi o dagli attori in presenza, e gli “Open Talk”, incontri svolti nell’arena all’aperto, senza biglietto d’ingresso, che hanno portato sul palco i membri principali dei vari cast. Tra questi eventi ricordiamo l’incontro con il cast di ”Hopeless”, il nuovo film che annovera tra i protagonisti Song Joon-ki (“Vincenzo”, Netflix).

Grande l’interesse suscitato anche dai quattro incontri della sezione Actor’s House, questi con prenotazione a pagamento, della durata di circa 40 minuti: spazi in cui l’attore, dopo una breve introduzione del conduttore, si è reso disponibile a rispondere a domande formulate principalmente dal pubblico in un clima informale e amichevole.
I protagonisti di questi incontri sono stati l’attore coreano americano John Cho (“American Pie”, dei fratelli Weitz, “Solaris” di Steven Soderbergh, serie riavviata di Star Trek, adattamento Netflix di “Cowboy Bebop), presente al festival con il film del 2018 “Searching”, del regista Aneesh Chaganty, riproposto nell’ambito della sezione incentrata sulla Diaspora del cinema coreano nel mondo, Song Joon-Ki, attore molto conosciuto e amato in Corea e in Estremo Oriente, e le attrici Youn Yuh-jung, vincitrice dell’Oscar alla miglior attrice non protagonista nel 2021 con il film “Minari” e Han Hyo-joo (“20th Century Girl” di Bang Woo-ri, “Believer 2” di Baek Jong-yul).
Purtroppo, il servizio di interpretariato è stato offerto solo quando sul palco erano presenti ospiti stranieri, quindi, nella sezione Actor’s House, solo per l’intervista di John Cho, che ha presentato il suo libro “Troublemaker”, edito nel 2022.


Il libro di Cho, classificato come testo per ragazzi, segue gli eventi dei disordini di Los Angeles del 1992 attraverso gli occhi di un ragazzo di 12 anni, che affronta la scuola e la famiglia, fornendo una prospettiva unica, quella coreano-americana, di un adolescente che sente di non poter essere all’altezza delle aspettative della famiglia, diversamente dalla sorella.
Cho ha spiegato come il libro sia stato partorito durante il lockdown del 2020 a New York, quando non potendo fare altro che pensare, aveva ripercorso gli eventi successivi all'assoluzione degli uomini videoregistrati mentre picchiavano Rodney King nel 1992, perché “allora sembrava che il conflitto fosse tra bianchi e neri, ma vi erano proprietà degli asiatici che venivano distrutte”. Anche allora, come durante la vicenda del Covid-19, gli asiatici in America sono stati fatti oggetto di aggressioni.
È stato chiedendosi come i suoi figli adolescenti avrebbero potuto spiegarsi gli eventi che stavano vivendo durante la pandemia, che Cho ha concepito il suo libro, nel quale risuona il tema tutto coreano delle aspettative della famiglia e della pressione cui si sentono sottoposti gli adolescenti coreani. Questo aspetto è molto presente nella cultura coreana e attraverso le parole di Cho si percepisce come per gli immigrati in America fosse ancora più marcato, dovendo la performance non solo assicurare un futuro al ragazzo in un mondo competitivo come quello americano, ma anche riscattare la condizione di immigrato, sia sua, sia, attraverso di lui, della intera famiglia.

Cho ha partecipato anche all’incontro svolto nell’ambito dello “Special Program in Focus: Korean Diasporic Cinema” insieme con i cineasti Steven Yeun (attore protagonista di “Minari”), Lee Isaac Chung (regista di “Minari”) e Justin Chon (“Twilight” saga).
Secondo Cho, la Corea sta subendo una trasformazione in termini di creazione di contenuti, con film e drammi coreani che ricevono sempre più attenzione. “Ci sono stati molti cambiamenti in molti settori e aree, ma la Corea in particolare sta attraversando un’era di trasformazione culturale”, ha affermato Cho, e “l’aumento dei contenuti coreani è molto significativo anche per i coreani della diaspora”.
Quello che maggiormente si nota, guardando i film proposti dal BIFF di quest’anno è che, come è stato detto in occasione dell’incontro sul cinema della diaspora, i registi coreani che non vivono in Corea sembrano essere “più coreani” di coloro che non hanno lasciato la Madrepatria. Forse per questo, è stato fatto notare, un film come “Minari”, nel quale si avverte lo stridore tra la cultura coreana di provenienza e quella americana di arrivo, ha ricevuto molti premi ma nessuno di questi è coreano.
Nel tempo, è stato detto, si è creato uno iato tra la comunità coreana in Nordamerica e il Paese di origine: se da un lato il cibo coreano in America ha un sapore diverso da quello che si trova in Corea perché si è “americanizzato”, dall’altro l’idea della cultura coreana che conservano i coreano-americani sembra essere ferma all’epoca della migrazione, mentre la realtà coreana sta rapidamente cambiando sotto tutti i punti di vista.

Il timore che avverte chi apprezza la cultura coreana e le sue esternazioni, dal cinema alla musica, all’arte, è che la società coreana si stia in realtà “americanizzando” e che, proprio come il cibo degli immigrati negli Stati Uniti, possa perdere il suo tipico sapore. È questo un dibattito aperto nella società coreana, che ha trovato spazio anche sulle pagine di blogger molto seguiti.
Quanto al Busan International Film Festival, si può dire che, in effetti, durante l’intero corso della manifestazione si è avvertita una scarsa attenzione per gli spettatori internazionali, essendo mancata la traduzione in numerosi ed importanti eventi. Addirittura, in alcuni casi la traduzione in inglese veniva effettuata senza microfono, ad uso esclusivo dell’ospite, lasciando alla platea internazionale la fruizione solo delle risposte. Un’organizzazione piuttosto singolare per un Festival che si pregia di qualificarsi come “Internazionale”. Tuttavia, è legittimo pensare che proprio questa scarsa attitudine alla comunicazione con gli stranieri sia ciò che ha preservato finora, in un mondo così fortemente globalizzato, le caratteristiche particolari di questa cultura e, in fin dei conti, questo è ciò che ci lascia sperare che la Corea riesca a preservare le sue specificità, senza trasformarle in folklore per appiattirsi sulle richieste, sempre più pressanti, del pubblico occidentale.
Pertanto, nonostante la frustrazione di non aver potuto proficuamente condividere larga parte degli eventi organizzati dal BIFF, ritengo sia andata bene così. Meglio dover imparare il coreano, per quanto difficile possa essere, per raggiungere una realtà che è unica, con tutte le contraddizioni che la caratterizzano nel modo di recepire il mondo contemporaneo e di interpretarlo, piuttosto che conquistare senza sforzo, attraverso la sua internazionalizzazione, un mondo che, fatalmente, per risultare facilmente fruibile finirebbe con il perdere le proprie peculiarità.

 

 

 

Dalla privacy alla protezione dei dati personali: il diritto alla rettifica e all’oblio.

di Alessandra Di Giovambattista

 

L’evoluzione delle tecnologie dell’informazione e dei c.d. social network, richiede necessariamente che si adegui la nozione di privacy alle più attuali esigenze di tutela della sfera privata.

Vediamo prima, però, cosa si intende per social network e come forse bisognerebbe parlare più appropriatamente di siti di social network, ossia piattaforme che abilitano forme di socialità attraverso il mondo informatico, cioè online. In particolare l’espressione social network ha il significato di rete sociale, ossia di un legame di tipo sociale tra individui connessi tra loro in ragione di specifici interessi. Per dare una immagine del concetto si può pensare ai nodi della rete come ai singoli soggetti che vi partecipano e alle corde tra un nodo ed un altro come ai legami, agli interessi, che collegano i diversi individui. Sui social network l’informazione viaggia velocissima e la condivisione di essa ne determina la credibilità. Successivamente si è elaborato il concetto di siti di social network dove si hanno piattaforme online nate per agevolare e abilitare reti di relazioni sociali. Attualmente i due termini possono sovrapporsi in quanto con social network si intendono le piattaforme che abilitano pratiche sociali e relazionali (facebook, instagram, twitter). In particolare i siti di social network consentono agli interessati di creare un profilo, avere una lista di utenti con cui connettersi, ampliare le proprie conoscenze, condividere fatti, situazioni, foto, esperienze e tutto ciò che interessa. Dai social network, il passaggio ai social media è rapido: questi ultimi attivano relazioni comunicative e sociali che si basano sulla pubblicazione, ma soprattutto sullo scambio e condivisione di contenuti; è infatti la condivisione di scritti, immagini e video che alimenta i flussi di conversazioni nei social media (per approfondimenti: Vittadini, 2018, Social media studies. I social media alla soglia della maturità storia, teorie e temi).

A ben vedere, parlando di privacy, oggi non è più tanto importante andare a considerare come i social network si interessino della vita privata dei singoli, a cui si contrappone il diritto al riserbo del fatto oggetto della notizia, quanto piuttosto andare a verificare come vengono utilizzate le informazioni da parte dei gestori dei dati, per garantire e tutelare il diritto che ha ogni singolo di conoscerne l’uso. Si assiste così ad un cambiamento del modello a cui far riferimento per la tutela del diritto alla propria immagine: si passa dal diritto alla riservatezza al “diritto alla protezione dei dati personali” che si basa sulla relazione tra chi fornisce e chi utilizza i dati personali al fine di garantire il bilanciamento degli interessi tra le parti del rapporto stesso. In sostanza le informazioni raccolte e poi diffuse per formare la notizia, in alcune circostanze possono contrapporsi  ai dati che il soggetto, più o meno consapevolmente, fornisce attraverso i social network e che divengono oggetto di elaborazione attraverso metodologie informatiche (come l’analisi c.d. dei big data) che restituiscono informazioni anche distorte e molto lontane dalla realtà.

Di fatto si è passati da una protezione del diritto alla propria autonomia e alla tutela della propria sfera personale, alla necessità di tutelare un diritto di tipo dinamico legato alla velocità con cui circolano i dati personali nel palcoscenico della comunicazione affidata alle strumentazioni informatiche che ormai sono alla base della moderna economia di massa e del conseguente modello sociale. Quindi si è giunti a determinare che il concetto di privacy non può essere più considerato in termini di difesa di uno spazio fisico del soggetto, bensì è da ricondurre alla nozione di protezione dei dati, al fine di controllarne l’uso e la circolazione: più che alla sfera personale occorre soffermarsi sulle attuali regole di circolazione delle informazioni. Si delinea così la fattispecie del diritto alla protezione dei dati personali: le informazioni su una persona fisica individuata o individuabile devono essere raccolte e trattate in modo lecito. Pertanto il soggetto chiamato in causa deve avere la possibilità di esercitare il controllo, anche attivo, sui dati che vengono divulgati sulla propria persona, diritto che si estende anche alla rettifica dell’informazione. Quindi, il diritto alla protezione dei dati personali si basa non già sulla riservatezza, ma sul controllo del flusso di informazioni che si riferisce al soggetto. Dal punto di vista giuridico il diritto alla protezione dei dati personali è inteso come il diritto all’autodeterminazione informativa, cioè alla scelta di ogni soggetto di autodefinirsi e determinarsi.

Il recente regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali, ha definito la disciplina del “diritto di accesso”; con esso si definisce uno strumento che il singolo può utilizzare per ottenere la correzione, il completamento o l’eliminazione di dati raccolti attraverso i social network. Questo diritto nasce come conseguenza della violazione dei diritti di esattezza, veridicità, correttezza delle informazioni condivise sui social; in tal modo si sottolinea la dinamicità del diritto alla protezione dei dati personali in quanto derivato dalla violazione di altri diritti fondamentali. Ma c’è di più: per esercitare questo diritto non occorre adire le vie giudiziarie ordinarie, bensì esercitare un potere di controllo diretto e continuo sulle piattaforme web, anche indipendentemente dalla lesione di un diritto. Pertanto la possibilità di eliminare notizie e dati condivisi su un social network diviene una tecnica di modifica delle regole sulla circolazione delle informazioni, costantemente monitorata dai diretti interessati e finalizzata alla tutela della riservatezza e della vita privata. Peraltro il diritto alla protezione dei dati personali, mediante il diritto di accesso, va anche oltre la tutela della propria vita privata in quanto non è necessario dimostrare una violazione del diritto alla propria riservatezza affinché siano applicabili le norme sulla protezione dei dati personali e del loro trattamento. La richiesta di accesso è rivolta al titolare del trattamento - società private, professionisti, pubblica amministrazione -  e il contenuto è relativo ai propri dati personali, alla conoscenza delle finalità del trattamento, alle categorie di dati, ai soggetti destinatari, al periodo di conservazione delle informazioni, all’origine dei dati, al loro trattamento mediante modalità informatiche di analisi e gestione, al trasferimento dei dati anche fuori dall’Unione europea.

In materia di tutela della riservatezza e del diritto alla privacy, la giurisprudenza ha coniato anche il “diritto alla rettifica”, già noto in ambito giornalistico; in particolare l’interessato ha il diritto di vedere rettificati i dati personali inesatti, e integrati i dati incompleti da parte del titolare del trattamento dei dati, senza ritardo. Pertanto qualora si riscontrino atti o fatti non rispondenti alla realtà o alla veridicità, il soggetto ha il diritto di modificare, dietro preventiva richiesta, i dati personali che lo riguardano.  

Con la condivisione sul web di dati ed informazioni di natura strettamente personale si è venuto delineando anche il “diritto all’oblio”, nell’ambito del diritto alla protezione dei dati personali, ossia il diritto a non essere più ricordato per fatti ed atti che nel passato furono oggetto di cronaca. Tale diritto trova un bilanciamento con il diritto di cronaca: quest’ultimo deve garantire la conoscenza di un fatto ritenuto rilevante per l’interesse pubblico, ma al tempo stesso deve essere circoscritto nel tempo, in ragione dell’effettivo valore che nel momento corrente può avere l’informazione per la collettività. In termini normativi bisogna sottolineare che il regolamento UE sulla protezione dei dati personali non fornisce una chiara rappresentazione del diritto all’oblio presentando piuttosto un serie di criteri di non facile applicazione. Tra le varie motivazioni si evidenzia l’interesse del soggetto a chiedere la cancellazione delle notizie personali qualora queste non siano più indispensabili rispetto agli scopi per i quali esse erano state raccolte e trattate, così come qualora abbia revocato il consenso alla gestione dei dati o questi siano stati utilizzati in modo non opportuno fino ad arrivare a configurare la fattispecie dell’illecito. Per contro non viene riconosciuto il diritto alla cancellazione qualora la gestione dei dati sia necessaria per garantire l’esercizio di altri diritti quali ad esempio la libertà di espressione e di informazione, oppure per finalità  meritorie come la ricerca storica, scientifica o culturale. È evidente che tali principi calati poi nella realtà, generano difficoltà interpretative; diviene infatti davvero difficile stabilire quando di fatto risulti necessario mantenere nel web informazioni personali che in tempi precedenti sarebbero per forza di cose cadute nell’oblio! Tuttavia spetta all’autorità garante della privacy o al giudice ordinario, decidere sulla richiesta portata all’esame dal diretto interessato affinché i dati a lui riferibili non restino visibili in modo permanente sui social network e più in generale nel web.

Tuttavia, ai fini della comprensione del contrasto tra diritto all’oblio e diritto di informazione pubblica, sono venute in soccorso alcune decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte di Cassazione in Italia; in particolare il bilanciamento tra questi due diritti influisce direttamente sul modo di concepire la democrazia. Infatti la pluralità di informazioni provenienti da diverse fonti e la loro trattazione in forma critica, sono a garanzia della libertà di informazione e di conoscenza; in tale contesto la giurisprudenza ha evidenziato che il diritto di cronaca è riconosciuto in presenza di tre condizioni: l’effettiva utilità dell’informazione per la società, la veridicità dei fatti rappresentati, la modalità corretta di esposizione della notizia al fine di escludere modalità eccessive o non civili di espressione. 

La Corte di giustizia europea, con la sentenza del 13 maggio 2014 relativa al caso Google Spain, ha affermato che il motore di ricerca su Internet è il responsabile del trattamento dei dati personali anche se le notizie sono pubblicate da terze persone. In tal modo qualora effettuando una ricerca si rinvengano dati e notizie sulla propria persona che si vogliono eliminare, occorre prima di tutto rivolgersi al gestore del motore di ricerca (Google) e qualora questo non dia seguito alla domanda si potranno adire le autorità competenti per ottenere la soppressione, in presenza dei dovuti presupposti, delle notizie non più interessanti per la collettività e che confliggono con il diritto alla protezione dei dati personali.

A ridosso di tale sentenza, il gruppo di lavoro “Articolo 29” – organismo oggi sostituito dal Comitato europeo per la protezione dei dati – pubblicò delle linee guida nelle quali erano definiti dei criteri orientativi che le autorità garanti nazionali, chiamate a decidere circa le controversie in materia di protezione dei dati personali, possono utilizzare. Tra i vari criteri se ne sottolineano alcuni che: servono a specificare se il richiedente è un personaggio pubblico, se è un minorenne, a determinare la tipologia di vita professionale o personale e a prevedere la verifica di eventuali collegamenti mediante link che possono nuocere alla persona ed alla sua immagine.

In via generale, attraverso la sentenza delle sezioni Unite della Corte di Cassazione del luglio 2019 (n. 19681 del 22.07.2019) si è consolidata l’impostazione per cui la rievocazione ed il ricordo di fatti imputabili ad un soggetto sono leciti solo qualora ci si trovi di fronte ad un personaggio che susciti nel presente un’attenzione da parte del pubblico; può trattarsi di un personaggio noto, o di un soggetto pubblicamente esposto. In caso contrario prevale il diritto alla riservatezza rispetto a fatti ed eventi passati che possono nuocere alla dignità ed all’onore e per i quali la collettività non mostra più interesse.

Questi criteri guida, oltre al fattore “tempo trascorso”, sono presi a base delle decisioni che vengono sottoposte all’attenzione del Garante della privacy a cui ci si rivolge per esercitare il diritto all’oblio, dopo mancata risposta o diniego alla richiesta presentata direttamente al gestore del motore di ricerca.