IL POLO INDUSTRIALE (CLUSTER) DEL LEGNO MADE IN ITALY

di Alessandra Di Giovambattista

 27-11-2024

Il 20 luglio del 2023 la rassegna stampa del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha dato notizia della sottoscrizione del protocollo di intesa che ha avviato il primo cluster italiano del legno. Ma cosa si intende per cluster? Con tale termine si identificano dei poli industriali dove si trovano aziende che svolgono attività in un determinato settore tra loro complementari od omogenee; in tali aree si trovano istituzioni pubbliche, imprese, università che lavorano con l’intento di raggiungere in sinergia obiettivi di massimizzazione economica. Possiamo trovare diversi gruppi di cluster sul nostro territorio in ambiti diversi, dagli elettrodomestici all’abbigliamento, ma tutti con l’obiettivo di creare valore in termini di conoscenza ed innovazione anche mediante l’utilizzo di nuove risorse umane specializzate o la formazione di lavoratori già presenti in azienda. Le istituzioni pubbliche inserite all’interno di questi gruppi di settore fungono da collegamento con le parti politiche, in particolare il Governo, alle quali poter rappresentare in tempi brevi necessità ed istanze che potrebbero rendere più efficaci le attività produttive. 

Così il cluster del legno, seguendo le linee generali, è il primo passo verso il raggiungimento degli obiettivi contenuti nel piano strategico nazionale forestale. Il ministro Francesco Lollobrigida ha sottolineato che il polo italiano del legno riuscirà a sfruttare al meglio le sinergie nell’ambito della ricerca, della produzione dei manufatti in legno (filiera del mobilio e di tutte le imprese ad essa collegate) e della sostenibilità ambientale con la crescita di un “sistema foresta sano” che permetta di utilizzare il legno in modo economico. In tal modo l’Italia si pone come apripista per tutta l’Europa per lo sviluppo e l’utilizzo ecocompatibile del legname; la nostra Nazione avrà così una autonomia nella produzione di legno di qualità, senza dipendere più dalle importazioni estere con il vantaggio di utilizzare legname a chilometro zero e con benefici indubbi sull’ambiente. Si raggiungerà così l’obiettivo della sovranità forestale. In tal modo oltre ad utilizzare materia prima nazionale, si riuscirà anche, e soprattutto, ad assorbire maggior monossido di carbonio dall’atmosfera, attraverso la funzione clorofilliana. Obiettivo connesso sarà manutenere il territorio, evitando frane ed esondazioni dei fiumi consentendone invece un deflusso dell’acqua in modo ordinato e controllato. 

La strategia forestale così implementata si basa anche sulla collaborazione con il mondo dell’industria della trasformazione del legno e della ricerca con l’obiettivo di raggiungere e garantire la sostenibilità delle foreste e incrementare la bioeconomia circolare. Si è iniziato a parlare di bioeconomia circolare a ridosso del patto verde europeo del 2020 (il c.d. Green Deal) che mira a promuovere il consumo sostenibile e la rigenerazione delle risorse utilizzate per un lasso di tempo che sia il più lungo possibile. In pratica il cambiamento economico che viene richiesto investe l’economia, i temi sociali ed ambientali, il tutto con lo scopo di generare una movimento circolare delle materie prime e dei processi produttivi che garantiscano competitività e nuovi posti di lavoro. Tale cambiamento prende il nome di bioeconomia che si caratterizza per le basse emissioni inquinanti, la salvaguardia dell’agricoltura e della pesca, la garanzia di livelli elevati di sicurezza alimentare, l’utilizzo, da parte delle produzioni industriali, di risorse biologiche rinnovabili che garantiscano la biodiversità e la tutela dell’ambiente. In definitiva l’economia circolare non può essere pienamente sviluppata senza la bioeconomia; infatti tutti i rifiuti organici e gli scarti provenienti dal settore primario possono essere riutilizzati solo in presenza dell’economia circolare alimentata dai processi di bioeconomia. Ma vale anche l’opposto cioè la bioeconomia potrà svilupparsi solo in presenza di circolarità nei prodotti e nelle materie prime. 

In tal modo l’industria del legno potrà rappresentare un punto di forza dell’economia italiana introducendo innovazione, bellezza e sostenibilità ambientale; tra i soggetti partecipanti al cluster italiano, che sono quattordici, troviamo: CNA, Confartigianato, CNR, Università di Padova, della Tuscia, della Basilicata, Confcooperative, volendo citarne solo alcuni. Si auspica un lavoro di collaborazione e sinergia tra i diversi cluster omogenei presenti sul territorio che permetta di sviluppare particolarità e specificità locali senza alimentare guerre e comportamenti di concorrenza scorretta. Tra i diversi compiti c’è quello di valorizzare i prodotti italiani derivanti dal legno cercando di certificare qualità, sostenibilità e tracciabilità. Le università hanno l’importante compito di sviluppare ricerca ed innovazione anche per provare a creare delle filiere economiche totalmente italiane al 100 % nella produzione del legno-arredo. 

Così il cluster permetterà ai diversi attori pubblici e privati di dialogare tra loro, chi con la ricerca, chi con la legislazione ed il controllo, chi con l’attività produttiva. Inoltre riuscirà ad attuare le linee guida segnate dal Testo unico in materia di foreste e filiere forestali finalizzato al miglior utilizzo delle risorse boschive nel rispetto delle politiche ambientali. I dati prodotti dal rapporto FAO del 2022 presentano un’Italia con il numero delle aree boschive in crescita: in 10 anni sono aumentate di circa 587 mila ettari. Tuttavia dette aree denotano anche un livello elevato di fragilità in quanto sono vulnerabili al dissesto idrogeologico ed agli incendi per la mancanza di opera di prevenzione e manutenzione. Ma c’è di più in quanto il cambiamento climatico ha portato nuovi parassiti e nuovi problemi fitosanitari, come il bostrico che attacca principalmente l’abete rosso o il cinipide galligeno che ha fatto strage di castagni. Pertanto è urgente una gestione attenta dei boschi che controlli costantemente la salute delle piante e del territorio. 

 Secondo i dati di consuntivo per l’anno 2022 della Federlegno Arredo l’Italia copre circa 11,1 milioni di ettari con bosco ad altro fusto che corrispondono a circa il 36% del territorio nazionale. Le attività legate alla silvicoltura e all’industria del legno e della carta producono circa l’1% del PIL, mentre la produzione della filiera legno-arredo rappresenta circa il 4,6% del fatturato manifatturiero nazionale. Importiamo circa l’80% del legno impiegato nelle nostre produzioni, con un utilizzo di legno nazionale per la sola restante parte del 20%. E’ pertanto su questi numeri che pesa la politica che finora è stata intrapresa sulla gestione delle aree boschive, caratterizzata da una sostanziale incuria: ripensare tutta la filiera rendendo più competitiva l’industria italiana del legno e dei suoi derivati, all’ombra di una bioeconomia sostenibile, potrebbe rappresentare un cambio di passo verso la rinascita economica del settore ed il concreto rispetto del Creato. 

 



 



LA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SOCIALE DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE

di Alessandra Di Giovambattista

 26-11-2024

Il fenomeno delle associazioni senza scopo di lucro (anche conosciute come no profit) ha iniziato a svilupparsi in Italia nel dopoguerra, anche se occorre sottolineare la peculiarità delle attività di volontariato senza finalità di profitto svolte nel nostro Paese soprattutto dalle organizzazioni e confraternite religiose; ad esse deve riconoscersi, nel corso della storia, anche la più lontana, il merito di aver sollevato tanti indigenti dalle situazioni di estrema povertà e precarietà dando vita alle prime vere ed effettive associazioni con scopo benefico (basti ricordare i primi ospedali per i più poveri, le prime scuole per i bambini indigenti, i primi centri di accoglienza per persone con disabilità ed handicap). Invece le esperienze private più importanti, e che fungono da apripista, possiamo ritrovarle negli Stati Uniti dove anche prima della seconda guerra mondiale (all’incirca vero il 1914 con la Fondazione Cleveland), si iniziò a porre attenzione alle situazioni sociali più marginali che richiedevano, in risposta, delle attività di solidarietà. Si crearono pertanto associazioni filantropiche che, entrando in contatto - anche grazie alla diffusione dei mezzi di informazione - con realtà di disagio economico, sociale, sanitario, si ponevano l’obiettivo di provare a rispondere alle necessità spesso primarie di gruppi di soggetti. Infatti gli Stati, e soprattutto quelli basati su un approccio privatistico delle attività economiche, non volevano e non sapevano rispondere alle esigenze dei meno fortunati, così come non erano sensibili alle difficoltà che incontravano i Paesi più arretrati. Quindi queste associazioni, attraverso una politica di solidarietà ed anche di volontariato, cercavano di risollevare le sorti dei più deboli presenti sia all’interno della propria nazione, sia nei Paesi esteri.

Negli anni successivi il fenomeno dell’associazionismo senza scopo di lucro ha visto una rapida crescita e quindi anche gli Stati si sono visti costretti ad interessarsi a queste organizzazioni cercando di darne una chiave di lettura sia giuridica sia fiscale. In tale ultimo ambito, in ragione delle attività meritorie svolte e degli obiettivi etici perseguiti, questi enti, anche definiti enti del terzo settore (ETS), spesso godono di agevolazioni ed esenzioni fiscali o comunque di regimi tributari speciali più leggeri. Nascono così gli ETS - la cui definizione è fornita dalla riforma delle associazioni senza scopo di lucro contenuta nel decreto legislativo n. 117 del 2017 - che si pongono come un qualcosa di altro tra la sfera dello Stato e delle pubblica amministrazione (primo settore) e l’ambito del mercato e delle imprese (individuato come secondo settore). Quindi l’ordimento si arricchisce con un terzo settore formato da enti con finalità benefiche, civiche e di utilità sociale - i cui campi d’azione vanno dalla cura socio sanitaria, all’istruzione, alla formazione, all’aiuto di migranti, all’inserimento economico produttivo di persone con disabilità, vicinanza alle persone fragili e deboli - che, giocoforza, confliggono con l’impostazione classica delle entità a scopo di lucro. Anzi la loro attività è ricondotta al principio di sussidiarietà sancito dalla Costituzione e ne viene incoraggiata l’istituzione. Per le importanti funzioni sociali ed economiche svolte, anche gli ETS, come qualunque realtà associativa, hanno bisogno sia per motivi civilistici sia fiscali di avere un momento di rendicontazione (presentando il bilancio sociale) per fornire informazioni quali-quantitative utilizzabili sia all’interno dell’ente stesso, sia per tutti coloro che presentano degli interessi (c.d. stakeholders) con le finalità di non disperdere risorse e di valutare costantemente la gestione e le strategie migliorandone eventualmente piani e programmi.

È così che, molto rapidamente, si arriva al 12 settembre 2019 giorno in cui in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 23 luglio 2019, contenente le linee guida per la realizzazione di sistemi di valutazione dell’impatto sociale (VIS) delle attività svolte dagli ETS. In particolare vengono individuati una serie di indicatori (report) per valutare l’opera svolta dagli enti no profit, finalizzata al raggiungimento di obiettivi sociali preordinati e valutati nel breve, medio e lungo periodo: pertanto gli indici di natura quali-quantitativa, sono stati creati per cercare di rappresentare oggettivamente e misurare le attività svolte, la programmazione futura e gli obiettivi raggiunti. Tali indicatori andranno applicati sulle risultanze dei bilanci sociali e messi a disposizione di tutti i soggetti interessati alla gestione degli ETS, i c.d. stakeholders.Questi ultimi sono individuabili tra: finanziatori e donatori (cioè coloro che intendono condividere e raggiungere gli obiettivi attraverso le erogazioni finanziarie liberali); i diretti beneficiari degli interventi (che hanno interesse a comprendere la qualità dell’attività svolta ed il miglioramento sociale raggiunto); i lavoratori, i collaboratori ed i volontari (che prendono consapevolezza del loro operato); i cittadini (che hanno un interesse a comprendere le ricadute sociali delle risorse impiegate in enti benefici); i soggetti pubblici (che hanno l’obbligo di fornire tutte le informazioni circa l’utilizzo delle risorse pubbliche destinate agli ETS beneficiari di eventuali finanziamenti). In termini più tecnici il decreto si esprime nel senso di sottolineare che il sistema di valutazione dell’impatto sociale, implementato in via sperimentale, ha come scopo quello di far emergere e conoscere il valore aggiunto prodotto dagli ETS, la sostenibilità della loro azione individuandone eventuali punti di forza o di debolezza, nonché le modifiche apportate nel contesto collettivo di riferimento dalle politiche sociali.

Un ulteriore aspetto che beneficerà dalla trasparenza derivante del processo di valutazione dell’attività svolta, attraverso gli indicatori di impatto sociale, è rappresentato dalla possibilità che tali enti possano accedere a bandi e finanziamenti pubblici. Pertanto l’obiettivo concreto è quello di poter fornire dati ed informazioni che siano i più oggettivi possibili visto che le attività svolte dagli ETS esulano da approcci di natura strettamente efficientista (valutabili in estrema sintesi con il profitto che nasce dal confronto tra costi e ricavi di periodo) e sono invece indirizzate verso obiettivi di natura qualitativa e pertanto di efficacia (dove conta il raggiungimento di obiettivi di natura sociale, sanitaria, scolastica, ecc) che difficilmente sono rappresentabili in termini di costi e ricavi, e movimenti di attività e passività, di natura esclusivamente economico-finanziaria. Per ora tale valutazione non è però considerata obbligatoria in quanto, come detto, il sistema è implementato in via sperimentale; tuttavia l’utilizzo della VIS, rendendo trasparente l’operato degli ETS, permetterà agli eventuali finanziatori ed agli stakeholders in generale di partecipare con più cognizione e condivisione al raggiungimento degli obiettivi che si pone l’ente, nonché, come già detto, di poter partecipare a bandi di affidamento di servizi di interesse generale emanati da enti locali ed amministrazioni pubbliche in generale. Pur nella sua caratteristica di utilizzo facoltativo, la VIS viene inquadrata all’interno di linee guida, espresse dal decreto stesso, che ne indicano principi e contenuti minimi lasciando quindi un elevato grado di autonomia agli enti che vogliano utilizzarla; in particolare i principi a cui la VIS deve ispirarsi sono: la rilevanza, secondo la quale le informazioni fornite devono essere capaci di dare evidenza degli effettivi obiettivi posti; l’intenzionalità, secondo la quale i dati forniti devono avere un contenuto concreto e funzionale alla programmazione decisa; affidabilità, in ragione della quale le informazioni devono essere precise, veritiere, non di parte e con indicazione delle specifiche fonti di provenienza; misurabilità, secondo cui i parametri quantitativi applicabili ad alcuni aspetti devono essere verificabili e permettere di comporre indici ed indicatori valutabili nel tempo (breve, medio e lungo periodo) e nello spazio (comparabilità con realtà analoghe).

L’obiettivo che il legislatore si è posto è quello di poter valutare all’interno ed all’esterno l’operato degli ETS con la speranza di rendere sempre più efficace e sostenibile l’azione da essi svolta garantendo risultati che evitino di disperdere risorse e cercando di integrare ed inserire nelle comunità gli emarginati, gli esclusi e tutti coloro che per i più disparati motivi si trovano nelle zone più periferiche e deboli delle nostre società e delle nostre esistenze.



 

 

 

Silkstreetpress

 

Presenta

 

Il cinema coreano”

 

 

Mercoledì 27 novembre Sala Roma

 

ore 15.00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MOSTRA

 

 

 

Mostra temporanea di dipinti e di foto vincitrici del concorso “Sguardo di donna”, appena conclusosi, a cura dell’associazione “Il tempo delle donne” di Rita Valenzuela che, presente, esporrà per l’occasione la sua opera Bambina Africa” alla presenza delle altre artiste e del maestro Piero Marsili, che ci accompagnerà con il suo concerto per piano.

 

 

 

 

 

PROGRAMMA

Saluti della direttrice responsabile della rivista Silkstreetpress, giornalista Emanuela Scarponi.

 

Relatori

 

15,30

Introduce l’ing. Bruno Grassetti, responsabile del settore Oriente, che ci racconta del suo viaggio in Cina.

 

16,00

Dott.ssa Daniela Ghilardi, esperta di Corea, introduce il cinema coreano cui seguiranno alcune proiezioni.

 


16,30

 

Presentazione dei seguenti corsi: lingua italiana per stranieri, Storia dell’arte, lettura e composizione dell’immagine

 

 

 

Intervengono

dott.ssa Emanuela Scarponi

dott.ssa Claudia Polveroni

Conclusioni della Presidentessa dell’associazione “Il tempo delle donne”, RitaValenzuela, sulla sua iniziativa artistica.