Intervento dell’ambasciatore dello Zambia in Italia in occasione dell’incontro organizzato
da African People Publisher del 17 febbraio 2024 dr.ssa Patricia Kondolo.

"Buon pomeriggio a tutti e grazie di questa opportunità di dire qualche parola sullo Zambia.
Prima che io inizi a raccontarvi qualcosa, permettetemi di ringraziare la dottoressa
Emanuela Scarponi per il suo lavoro come editore di African People Ong Publisher. Siamo
particolarmente onorati che oggi lei abbia dedicato allo Zambia uno spazio nella sua
review sui Paesi e le popolazioni dell’Africa.
È un onore per me e un privilegio, come ambasciatore dello Zambia in Italia, dire qualche
parola questo pomeriggio riguardo al turismo. So che è stato già spiegato tutto ciò che
c’era da spiegare, ma vorrei dire qualche parola in più riguardo ad alcuni aspetti che
desidero enfatizzare. Prima però, consentitemi di ringraziare anche l’ambasciatore del
turismo dello Zambia, dr.ssa Michelina Gabriè Sunquest, che noi chiamiamo “Mutinta”,
avendole dato un nome nella nostra lingua perché la consideriamo come una di noi.
Questo non è il momento per un lungo intervento, perché so che il Paese è stato già
introdotto e presentato, tuttavia vorrei giusto evidenziare alcune caratteristiche che
rendono lo Zambia un Paese unico.
Prima di tutto, lo Zambia è un Paese pacifico e stabile, non solo rispetto alla regione
sudafricana, ma anche all’Africa in generale. La gestione politica del Paese ha un buon
andamento: nella nostra breve storia, che dura da soli 60 anni, abbiamo avuto sette
Presidenti e sempre transizioni pacifiche da una amministrazione all’altra. Riteniamo che
questo sia di vitale importanza per generare un ambiente inclusivo e una crescita stabile
nel settore del turismo.
In quest’ottica il vostro investimento nel campo del turismo è sicuro. Inoltre, il Governo
della Repubblica dello Zambia offre incentivi a persone di nazionalità straniera nel settore
del turismo, quali ad esempio vacanze esentasse.
Lo Zambia è anche un Pase che è unico dal punto di vista della bellezza naturalistica,
come sono sicura avrete già evinto dalle fotografie che sono state mostrate.
Essendo un Paese con un ricco patrimonio culturale e con una fauna selvatica
diversificata, offre abbondanti opportunità per viaggiatori avventurosi, per persone
desiderose di trascorrere una vacanza serena e per esploratori curiosi.
Lo Zambia vanta una delle più spettacolari meraviglie naturali del Mondo, le cascate
Victoria, che sono molto belle. Sono sicura che chi di voi è stato in Zambia, sarà andato a
visitarle. Penso che valga la pena prendersi del tempo per esplorarle. Le cascate Victoria,
che sono una delle sette meraviglie naturali del Mondo, sono parte del patrimonio
dell’umanità protetto dall’UNESCO.
Lo Zambia ospita molti fiumi e laghi e possiede le più ampie risorse di acqua dolce nel sud
dell’Africa: il 40 per cento dell’acqua interna dell’Africa del sud è nello Zambia.

A parte le Cascate Vittoria, lo Zambia è ricco anche di parchi naturali nazionali e riserve,
come il Kafue National Park, il Lower Zambezi National Park e il South Luangwa National
Park, solo per menzionarne alcuni, in cui i turisti possono avventurarsi in indimenticabili
safari e incontrare i Big Five nel loro habitat naturale. I Big Five, come saprete, sono il
leone, il leopardo, il rinoceronte, l’elefante africano e il bufalo africano.
Un altro aspetto che, almeno per me, è estremamente importante è la popolazione e la
sua cultura. Al riguardo, annualmente abbiamo molteplici cerimonie tradizionali che
attraggono i media internazionali, turisti locali e stranieri. Queste cerimonie, ciascuna
significativamente importante nella preservazione della cultura, contribuiscono al settore
turistico e offrono uno spaccato delle diversificate tradizioni e della varietà di costumi che
rendono lo Zambia realmente unico.
Un altro aspetto che contraddistingue lo Zambia è che il nostro è un turismo sostenibile. In
qualità di custode dell’ambiente, lo Zambia riconosce l’importanza di preservare le proprie
risorse naturali per le generazioni future. Sua eccellenza il dottor Hakainde Hichilema,
presidente della Repubblica dello Zambia, dopo essersi insediato nel 2021, ha creato il
Ministero della green economy e dell’ambiente, per sostenere l’intenzione dello Zambia di
avanzare proseguendo su un percorso di crescita ecosostenibile. La visione del Ministero,
che lavora mano nella mano con il Ministero del turismo, è di promuovere una green
economy intelligente.
Signore e signori, nel guardare al futuro, lo Zambia, con il suo potenziale illimitato, con la
sua vasta bellezza e la sua popolazione amichevole e ospitale, dovrebbe essere la vostra
prima scelta nell’individuare una destinazione in Africa. Per far sì che questa visione dello
Zambia come destinazione di prima scelta diventi realtà, dobbiamo lavorare tutti insieme
per promuovere le attrazioni uniche del Paese e investire nelle strutture turistiche.
Permettetemi di concludere chiedendovi di unirvi a me nell’esplorare e promuovere lo
Zambia come una delle vostre mete turistiche favorite. Che voi siate agenti di viaggio o
tour operator, che stiate cercando una partnership nello Zambia, che siate vacanzieri,
avventurieri o appassionati di cultura, lo Zambia ha qualcosa da offrire ad ognuno di voi.
Come diremmo in una delle più comuni lingue del nostro Paese: “zikomo”, grazie.

Intervista di Michelina Gabriè Sunquest, console onorario del turismo dello Zambia in Italia, :
Cosa consiglierebbe di andare a visitare ad un turista, se lei dovesse andare in
vacanza in Zambia cosa andrebbe a vedere?
R. Qui accanto a me c’è il collega che risponderà a tutte le domande, ma per quanto
riguarda la sua domanda la risposta ovvia sono le cascate vittoria, quello è decisamente
un “must”. Altre attrazioni turistiche sono le riserve. La particolarità che differenzia lo
Zambia dagli altri Paesi è che da noi gli animali sono veramente nel loro habitat naturale,
in quanto queste zone non sono state commercializzate.

Un';altra cosa che farei è assistere alle cerimonie tradizionali che hanno luogo durante
gran parte dell’anno. Nello Zambia abbiamo 72 dialetti, perciò in diverse regioni del Paese
troverete differenti tradizioni culturali. Indipendentemente da quando andrete a visitare lo
Zambia, troverete sicuramente qualche cerimonia cui assistere in una delle regioni del
Paese.
Queste sono solo alcune delle cose che consiglierei, ma di cose da fare in Zambia ce ne
sono molte altre.

SUICIDIO ASSISTITO, EUTANASIA, CURE PALLIATIVE: RIFLESSIONI
di Alessandra Di Giovambattista

Si vorrebbe proporre ora, dopo averne parlato con finalità conoscitive in precedenti articoli, una riflessione sul suicidio assistito, sull’eutanasia e le cure palliative. Il tema è delicato e complesso e non si ha la pretesa di volerlo esaustivamente approfondire, ma è forte la spinta interiore, dettata dall’amore alla vita che ognuno di noi sente, almeno istintivamente.
Coloro che hanno a cuore la propria esistenza in genere sono persone che hanno ricevuto amore e quindi sanno cosa vuol dire quel benessere interiore, quel calore che ti viene da dentro che ti fa stare bene e ti fa andare avanti anche nel dolore, consapevole che in fondo al tunnel ci sarà la luce. Questa si chiama speranza, una delle virtù teologali che rendono l’uomo libero e coraggioso di accettare le sfide più ardue, nella sicurezza che alla fine ci sarà amore, per la vita eterna: è indubbio che questa è una visione esclusivamente spirituale della vita.
Tuttavia volendo dare un significato più razionale alla vita ed al suo valore, anche nella sofferenza e nel dolore, occorre soffermarsi sull’aspetto istintivo che hanno tutti gli esseri viventi: la conservazione e la difesa della propria vita e di quella delle persone care. L’essere umano aggiunge a questo approccio istintivo anche la tutela e la cura dei più fragili, mosso da sentimenti di compassione. È quindi capace di interagire con gli altri, ed anzi per l’uomo è una necessità il relazionarsi con il prossimo perché solo così prende consapevolezza di sé e dell’ambiente in cui vive. Ma il valore della comunità e della condivisione viene esaltato quando l’essere umano è affetto da una condizione di malattia infausta: per chi è circondato da affetti sinceri l’avvicinarsi della morte risulta meno opprimente rispetto a chi si trova in totale solitudine. Solo nel rapporto con gli altri si misura l’amore donato e ricevuto e quando si è soli si perde il valore della vita, ci si sente avulsi dalla realtà e rifiutati perché malati e non più utili alla comunità, in una parola si prova disperazione. È lo stato d’animo di chi non ha più speranza, di chi è oppresso da un inconsolabile sconforto e da abbattimento psicologico e morale dovuto alla solitudine; in tal caso si è facile preda dei più nefasti e oscuri pensieri.
Ed è forse proprio qui che si gioca la partita: in un mondo che ha perso ogni prospettiva e forma di affetto - dove si vive alla giornata, dove conta il numero di persone che ti seguono (followers) qui, ora, oggi, senza una aspettativa di futuro che non sia il solo denaro, dove non servono gli affetti ma solo il saldo del conto bancario, dove per soddisfare il personale potere su persone e cose si è capaci di scatenare guerre e violenze, dove i bambini non conoscono più l’affetto e la dedizione dei genitori, dove gli strumenti elettronici hanno preso il posto delle relazioni interpersonali in una sconsiderata esaltazione dell’intelligenza artificiale - forse si perde il senso della vita. Nel mondo odierno sembra non esserci più posto per la solidarietà, la condivisione, la compassione; ognuno è preso dalle proprie problematiche ed anche in famiglia si soffre sempre più di solitudine; è quest’ultima che porta alla disperazione e spinge a credere che non ci siano soluzioni ai problemi. Quando si è gravemente malati la solitudine gioca un ruolo fondamentale; ci si sente isolati e non accolti; come dice Papa Francesco ci si sente scartati, quindi non solo improduttivi ma anche consumatori di risorse che potrebbero essere destinate per obiettivi economicamente più “meritevoli e convenienti”!
E’ quando non si è amati e non si ama che ci si sente soli, e sopravviene lo è sconforto, e in fondo al tunnel c’è solo un buio ancora più oscuro senza speranza di cambiamento e di vita. È in questa situazione che l’uomo getta la spugna, perde il senso del combattimento dell’esistenza che ha invece come obiettivo l’intento di cercare di migliorare le proprie e le altrui condizioni in uno slancio di generosa e collettiva condivisione del bene. Perde l’essenza della vita che non è solo capacità di produrre, di essere attivi, di avere un bell’aspetto estetico ma è soprattutto capacità di generare affetto e amore verso le persone che ti circondano, anche se si è diventati più deboli e fragili.
Diventa allora indispensabile sostenere il malato, non permettere che rimanga in balia della solitudine; è quando ci si sente abbandonati che diventa più facile e comprensibile esprimere la propria disarmante decisione di mollare tutto. In condizioni di sconforto è determinante offrire una possibilità di scelta che conduca prima di tutto ad esperire le cure palliative che rappresentano la sola attuale possibilità di affrontare la malattia con dignità e con minor grado di sofferenza, accompagnando il malato al suo finale traguardo terreno.
Dopo di che si può dire che potrebbero aprirsi due vie: una più spirituale in cui si accetta la morte aiutati da farmaci che leniscono il dolore e tengono sotto controllo la sofferenza a livelli di umana sopportazione, l’altra che segue l’istinto più naturale in cui, per paura della sofferenza, si sceglie il suicidio assistito (che nella nostra attuale giurisprudenza prevede i seguenti requisiti: il malato sia capace di intendere e di volere, presenti una patologia irreversibile, fonte di gravi sofferenze fisiche o psichiche, e che dipenda da trattamenti di sostentamento vitale), volendo assolutamente escludere l’eutanasia attiva che rappresenta la modalità con cui si procura il decesso del malato attraverso l’uso di un farmaco letale. È indubbio, a mio parere, che sia comunque il malato ad avere il diritto di esprimere l’ultimo consenso, ma è importante che tale decisione sia presa in totale consapevolezza e condivisione massima, circondato da affetti e conforto spirituale e psicologico. Solo così la scelta sarà davvero libera e non indotta da sentimenti di disperazione e sconforto.
Ovviamente potremo anche trovarci di fronte a casi in cui il malato non sia più cosciente e quindi non sia più capace di intendere e di volere, ed allora sarebbe opportuno che lasci indicate le sue volontà circa le scelte sulle cure mediche. Si apre quindi il discorso del testamento biologico, uno strumento che deve poter coniugare le scelte sanitarie del paziente con i personali convincimenti religiosi, etici, filosofici, morali. Ognuno deve essere libero di autodeterminarsi – anche se sarebbe opportuno aiutare il paziente a riflettere anticipatamente sul valore della vita e della propria esistenza per sé e per tutti i propri cari - ma indubbiamente deve poterlo fare nel modo più consapevole e sereno possibile. Sarà quindi necessario un affiancamento spirituale, scientifico, morale, etico che alla fine consenta al paziente di disporre liberamente della propria vita. Ritengo, nel profondo del mio cuore, che ogni credo religioso essendo coltivato nella propria anima deve produrre frutti proprio nei momenti più estremi dove ogni decisione deve poter esser fatta in armonia con i principi morali e religiosi più intimi. Nella religione cristiana il Signore lascia liberi di pensare e di agire; la libertà spirituale è una caratteristica umana e nessuno può essere assoggettato ad un obbligo (ovviamente né il malato e né tanto meno il medico e il personale sanitario in generale). L’individuo deve sentirsi un essere umano che effettua una scelta consapevole dalla quale, conseguentemente, deriveranno effetti in questa vita e in quella ultraterrena, nel caso in cui creda nell’aldilà.
Al malato spetterà dunque la decisione se accettare o rifiutare una determinata cura, cogliendo in tal modo il vero significato del consenso informato che ormai siamo chiamati a sottoscrivere per quasi tutti gli atti medici. Il medico dovrà accogliere la volontà del paziente il quale pienamente edotto e consapevole potrà decidere di rifiutare tecniche mediche che potrebbero solo ritardare il momento del trapasso e, se estremizzate, potrebbero portare all’accanimento terapeutico. Ed è spesso la pratica di queste terapie che, prolungate nel tempo senza risultati migliorativi, portano alla disperazione sia il paziente sia i familiari e gli amici i quali pur di interrompere le grandi sofferenze chiedono il suicidio assistito o l’eutanasia. In buona sostanza deve essere presente l’obbligo morale di farsi curare e di curare ma tale obbligo deve commisurarsi alle verosimili prospettive di miglioramento del paziente. In tale ambito rinunciare sin dall’inizio a terapie straordinarie o sproporzionate non equivale al suicidio o all’eutanasia, bensì all’accettazione coraggiosa della essenza umana della morte.
In ultima analisi occorre riflettere sul fatto che non siamo in grado di governare nessuna variabile della nostra esistenza, spesso ci sembra di decidere autonomamente ma in realtà nel corso della vita si aggiungono tante situazioni che non dipendono da noi e che ci conducono a scelte ed atti non prevedibili, non voluti ed inaspettati. Qui risiede la grande capacità dell’uomo di modificare costantemente le proprie azioni e di adeguarsi a situazioni nuove, come quella in cui si diventa anziani e/o dichiaratamente malati. Dico dichiaratamente perché poi di fatto nessuno di noi è sano; basti pensare al patrimonio genetico di cui siamo portatori e che contiene fragilità che potrebbero esprimersi in patologie conclamate da un momento all’altro. Si potrebbe arrivare a dire che la differenza tra una persona malata e una persona sana è che la prima è informata, almeno parzialmente, sulle sue condizioni di salute con riferimento ad una patologia in atto, la seconda invece non è totalmente consapevole del suo reale stato di salute. È indubbio tuttavia che ci sono persone che conducono una vita di afflizione dovuta alle patologie che presentano ma è altrettanto indubbio quanto sia importante l’affetto che li circonda; quando non ci si sente soli i problemi sono più leggeri….il giogo non è pesante; la condivisione e l’amorevole vicinanza degli altri aiutano a superare situazioni di grande difficoltà.
E quindi mi sento di dire che forse, come prima strategia di sollievo dal dolore e dall’afflizione, potremmo indicare le cure palliative che aiutano ad affrontare la vita con dignità e coraggio, consapevoli che ogni attimo in più passato con i propri genitori, i figli, i nipoti, il coniuge, gli amici è un atto di amore e di grande insegnamento sapienziale che aiuterà prima di tutto chi rimarrà in vita, lasciando un’eredità inestimabile: il coraggio di aver guardato alla morte con la forza e l’amore di un essere illuminato, capace cioè di vedere la luce in ogni situazione, anche nelle ultime parole ed azioni che resteranno indelebili nel cuore di chi rimane. Quando si entra nell’ordine di idee delle cure palliative allora si accetta la propria condizione di malati e non si sceglie l’accanimento terapeutico che è poi il vero responsabile delle scelte di suicidio assistito e di eutanasia.
Lasciamo invece che la giurisprudenza faccia il suo corso circa la normazione in materia di testamento biologico e rifiuto delle terapie mediche.
Mi piace concludere ricordando Stephen Hawking, il celebre astrofisico inglese che affetto da una inarrestabile malattia neurovegetativa ha vissuto su una sedia a rotelle e comunicava con un sintetizzatore vocale; egli in diverse interviste non ha mai escluso il suicidio assistito, ma ha precisato anche di non aver assolutamente intenzione di farlo in quanto gli rimaneva ancora tantissimo lavoro di ricerca da fare!