Curriculum vitae
Emanuela Scarponi nasce il 28 gennaio 1965, in una Roma innevata, all'alba, All'età di 11 anni compie il suo primo viaggio all'estero. Negli anni successivi visita l'Europa ed all'età di 16 anni ha già raggiunto l'Asia attraversando lo Stretto dei Dardanelli e l'Africa, tramite lo Stretto di Gibilterra. Nel 1982 si iscrive all'Università, alla facoltà di Lingue e Letterature straniere, seguendo i corsi di lingue inglese, francese e spagnola, si specializza quindi in letteratura africana in lingua inglese con una tesi sull'Opera teatrale di Wole Soyinka preparata presso il Commonwealth Institute di Londra, città dove vive per circa un anno.
Si laurea a pieni voti all'Università LUMSA di Roma all'età di 22 anni con 25 esami e con tesi sperimentale su Wole Soyinka, scrittore nigeriano, vincitore del Premio Nobel letteratura nel dicembre 1986, in concomitanza con la discussione della sua tesi in ateneo, vivendo con una emozione mai più vissuta l’esperienza più importante della sua vita, che la toccherà per sempre: intervista per la prima volta Wole Soyinka a Roma nel febbraio 1987 da laureanda.
Riceve una borsa di studio per la sua laurea da Giovanni Spadolini, grazie alla quale si reca negli Stati uniti, dove visita tutti i musei di arte africana di New York.
Diventa membro onorario ordinario dell'ISIAO per alti meriti conseguiti nel settore e pubblica il suo primo articolo sulla rivista accademica Africa - ISIAO - riguardo al Seminario internazionale di studi africani tenutosi a Castelporziano promosso dal senatore Fanfani.
Nel 1990 collabora con la RAI in qualità di assistente ai programmi per il concorso Maria Callas, Voci nuove per la lirica, come esperta di musica classica, attratta dal giornalismo di viaggio.
Compie il suo primo lungo viaggio esplorativo nell'Africa Sud-sahariana nel 1988 attraversando in bus Tanzania, Zambia, Zimbabwe e Botswana per circa 2 mesi. Seguono poi viaggi in Sud Africa, Namibia dove torna varie volte attratta dalle popolazioni autoctone con particolare riferimento ai San; visita Marocco e Tunisia ed Egitto nel Nord Africa; mentre alterna i suoi viaggi in Africa con altri, esplorando diversi continenti del mondo, dalle Amerche, all’Asia, dall’Indocina all’Everest, in Medio Oriente.
Tra questi viaggi nel 2015 si reca in India e Nepal, su cui pubblica un resoconto di viaggio, il cui titolo è: “Katmandu, la valle incantata”.
Di tutti i suoi viaggi conserva materiale fotografico e film.
Ad Angkor Wat in Cambogia (viaggio effettuato nel 1996) si appassiona alla fotografia.
Il suo Curriculum si articola tra scrittura e fotografia, documentari e poesie.
Reincontra Wole Soyinka nel 1998 a Siena in occasione delle elezioni tenutesi nel suo Paese, e poi a Roma, nel 2007.
Professoressa di lingue (inglese, francese e spagnolo), dal 1987 al 1992 si dedica all'insegnamento delle lingue italiano, inglese e francese nelle scuole secondarie superiori statali e paritarie; nel 1992 risulta vincitrice di concorso di Stenografo parlamentare, come il suo amato Charles Dickens, cui dedica la sua prima raccolta di poesie; e si specializza, attraverso gli anni, nell'arte della parola, imparando a tradurre le proprie emozioni in arte letteraria. Diviene scrittrice: prima autore, poi editore-autore e giornalista-africanista assieme, dando avvio ad un giornale-radio web sull'Africa in collaborazione con l'Isiao ed i suoi membri. Tra le altre si annoverano numerose poesie, libri scientifici sull'Africa.
Nel 2011 nel corso del master in africanistica conseguito presso l'Isiao, decide di istituire un sito www.africanpeople.it dove archiviare con cadenza settimanale tutte le informazioni ed il materiale prezioso dei colleghi africanisti più esperti. Inventa una weekly review. Segue la pubblicazione del libro "La Namibia e i suoi popoli", la mostra multimediale organizzata presso l'Isiao, con fotografie su tela, il documentario e gli atti delle varie conferenze che hanno avuto luogo presso il Ministero degli affari esteri.
Nasce la rivista Africanpeople review che permetterà proprio lo sviluppo della comunicazione tra popoli e genti diverse. Promuoverà pertanto la collaborazione di immigrati in Italia, il che consentirà di avere un punto di vista plurimo della realtà da descrivere, qualunque essa sia. Ciò consentirà anche una maggiore integrazione delle genti diverse. La rivista si pone l'obiettivo di fare da trait d'union tra il mondo intellettuale, politico e il popolo, italiano e non, presente sul territorio. Lo scopo pertanto è anche sociale.
Nel 2022 Emanuela Scarponi ha l’onore di partecipare al concorso fotografico, promosso dall’associazione “Il tempo delle donne”, la cui presidente è la ormai famosa e ben conosciuta retratista domenicana Rita Valenzuela, e giungono inaspettatamente in finale due foto, raffiguranti due bellissime donne himba, oggi esposte in modo permanente presso la sede del Consolato di Namibia a Roma per volontà della Console di Namibia, Valeria Tienghi.
Nella edizione 2023 Emanuela Scarponi diviene madrina dell’evento.

Il concorso Sguardo di donna 2023 ….
Il progetto di Rita Valenzuela va avanti, prende sempre più concretezza fino a raggiungere i piani più alti delle istituzioni italiane, prima la Casa delle donne dove l’Associazione ha sede, poi il Campidoglio della nostra città, infine la Sala del Cenacolo presso la Camera dei deputati.
All’attenzione ormai del mondo culturale e politico italiano, Rita Valenzuela, giornalista e fotografa impegnata nel suo Paese, rappresenta le donne del suo Paese e non solo nella sua associazione Il tempo delle donne, conducendole per mano, mostrando loro la strada per la libertà, consapevole dell’importanza che essa riveste, indicando - con la sua esperienza di vita e la sua sofferenza - il sentiero, pur arduo e stretto, da percorrere per permettere al proprio mondo interiore di venire fuori e prendere il volo, senza freni o inibizioni, imitando il battito d’ali d’uccello che sfreccia nel cielo infinito.
Rita Valenzuela è molto attenta a tutte le donne, anche quelle oppresse dalla fatica quotidiana, come si può notare da un geniale autoritratto di donna, vincitore del concorso 2022.
Esprime la sua passione interiore attraverso la forma artistica che più le si addice: la fotografia, ma promuove anche la pittura, invitando artiste di vario genere a partecipare al concorso.
La fotografia e la pittura puntano a focalizzare l’attenzione sulle forme della bellezza femminile interiore ed esteriore, perseguendo in silenzio – con un effetto maggiore di mille parole strillate - e con l’eleganza delle sue movenze visive e del suo sguardo attento di donna, di artista, e di madre, un processo di emancipazione femminile che, pur lentamente, rende le donne sempre più consapevoli della propria forza e delle proprie capacità, spesso tenute nascoste dal mondo maschilista in cui viviamo.
Consapevole della importanza che Rita vuole dare alle donne di tutti i ceti, di tutti i Paesi del mondo, di tutte le religioni, Emanuela Scarponi accetta orgogliosa di patrocinare questa nuova edizione del concorso in qualità di madrina.
Che l’evento abbia inizio e che vinca la migliore!
Emanuela Scarponi

La ritrattista Rita Valenzuela nasce nella Repubblica domenicana nel 1975 e ci vive fino al 2010, assistendo alla trasformazione del suo Paese da tradizionale a moderno - ed approda in Italia nel 2010. Giornalista per due testate nel suo Paese e photo reporter, come ha avuto modo di raccontarci al Festival dell’Oriente di ROMA lo scorso anno, cura la sua passione per la fotografia anche in Italia, percorrendo il suo cammino di emancipazione femminile e di donna moderna attraverso l’arte; il suo bisogno di esprimersi si traduce in forma artistica, permettendo alla sua anima pura di rispecchiarsi nel volto delle donne che incontra; dotata di spontaneità, propria della sua gente, si immerge dunque nel mondo occidentale europeo da donna domenicana, portando con se’ i suoi valori e le sue tradizioni, traslandole in chiave moderna.
la sua prima ispirazione è rappresentata dalle sorelle Mirabal, famose martiri domenicane, cui dedica il premio d'arte di pittura e fotografia nel 2020 per la pace dell'Italia e del mondo.
Porta nel suo cuore le sue immagini di donne africane, centroamericane, i suoi costumi ed i suoi valori, riconosciuti alla donna, madre e bambina che sia, traslandoli in una visione artistica moderna dell’essere femminile. Ritrae donne e volti di donne da più di 40 Paesi del mondo, rendendo la sua arte internazionale. Sperimenta la sua espressione fotografica su volti di donne di tutto il mondo, dal Sud al Nord del pianeta, senza distinzione di razza, colore, religione e lingua, approdando a riconoscimenti di livello internazionale.

Grazie al mescolamento delle culture, centro americana, africana ed europea, riesce con un colpo d’occhio e con uno scatto fotografico a cogliere il senso della femminilità nelle sue varie sfaccettature, di chi è dietro l’obiettivo.
E diviene dunque famosa per la sua abilita artistica a cogliere la profondità dell’anima delle donne che fotografa, siano esse madri, siano esse bambine, siano esse donne nelle loro essenza, bianche o nere.
Ricca ed orgogliosa della sua cultura domenicana, attaccata alle sue radici culturali e tradizionali, ed alla sua lingua natia, la lingua spagnola, crea nel 2018 l’importante associazione culturale no profit, chiamata “Il tempo delle donne” che trova spazio come sede nella Casa delle donne” a Via della Lungara. ad esse fanno riferimento tutte le donne della Repubblica domenicana, che lei in qualche modo rappresenta e racconta con le sue mostre d'arte e sfilate in costume tradizionale.
Ed e qui, in mezzo alle ormai storiche donne coraggiose italiane, che trova un luogo in cui poter esprimere liberamente la sua forma artistica e femminile.

Ritrattista Rita Valenzuela, presidente de “Il Tempo delle Donne”
Nel 2018 crea l’associazione no profit "Il Tempo delle Donne" gruppo di artiste provenienti da 30 Paesi del mondo inclusa l’Italia.
Nel giugno 2020 crea il “Premio Sguardo di Donna per la non violenza”, Progetto artistico-culturale in omaggio alle Sorelle Mirabal, martiri dominicane.
Nasce a San Cristòbal (Repubblica Dominicana) il 6 gennaio 1975.
Giornalista, è stata direttrice delle testate “El Folio del Sur” e “Gente Social”, premiate come le migliori testate culturali e di notizie della Provincia di San Cristòbal; conduttrice di programmi radiofonici per Radio Sur FM; organizzatrice del Concorso di racconti per bambini “Sembrando Esperanza”, forma parte del progetto governativo per l’eliminazione dell’analfabetismo negli adulti nella Repubblica Dominicana.
Ha ricevuto vari riconoscimenti dal Ministero della Cultura e da organizzazioni culturali della Repubblica Dominicana.
Trasferitasi in Italia nel 2010, la sua grande passione per la fotografia è stata affinata con una serie di corsi dedicati, che le hanno permesso di mettere in luce le sue grandi qualità di ritrattista.
Divenuta famosa per la sua abilità artistica nel cogliere la profondità d’animo delle persone che ritrae, è dunque conosciuta come “Ritrattista Rita Valenzuela, presidente de “Il Tempo delle Donne”, Rita pronuncia con la purezza della sua anima le sue frasi: “A volte un piccolo gesto come un sorriso può illuminare la giornata di qualcuno.”
"Il Tempo delle Donne chiama le artiste del mondo.""Creiamo un nuovo sguardo nel tempo."
"L'arte è bellezza da vivere e condividere"
"L'arte è l'acqua che sazia la sede dell'anime ferite, è l'ombra per ripararsi e guarire le ferite del cuore."
"La diversità è la nostra ricchezza"
"La cultura è il cibo di un'anima artista"
"La bellezza sta nel buio bisogna solo trovare la luce giusta per vederla".
“L'intenzione dell'anima” di Rita Valenzuela è il titolo della sua Mostra fotografica che ha avuto luogo in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, in omaggio alle eroine dominicane, le Sorelle Mirabal dal 25 all’ 8 dicembre del ????? in Via della Stamperia 6, a pochi passi della Fontana di Trevi a Roma in Italia.
“L'intenzione dell'anima” è stata organizzata dalla Ambasciatrice della Repubblica Dominicana in Italia, Alba María Cabral Peña Gómez e dall'ISTITUTO CENTRALE PER LA GRAFICAm Direttore, Maria Cristina Misiti.
L'intenzione dell'anima è stata curata da Luisa Auffant, Addetto Affari Culturali dell’Ambasciata della Repubblica Dominicana in Italia; i testi che hanno accompagnato le fotografie durante la mostra sono stati scritti da Laura Gil Fiallo del Ministero della Cultura della Repubblica Dominicana, ISTITUTO CENTRALE PER LA GRAFICA. Il commissario della mostra è stato Maria Francesca Bonetti.
Alcune delle sue mostre: 🌱
Come curatrice:
Mostra d'arte collettiva “Tutti i Colori del Mondo” dal 3 al 9 dicembre 2021. "Sguardo da Donna" dal 04 al 06 settembre 2020. Mostra d'arte collettiva "TERRA MADRE" dal 25 al 31 ottobre 2019, realizzate a Roma nella Galleria d’arte Arca di Noesis.
Mostra d’arte collettiva “Natura-Corpo-Anima dal 1 al 5 settembre 2021
Il Laboratorio, Trastevere, Roma.
Mostra collettiva “Il tempo delle Donne” Gruppo Clark, 06 al 9 dicembre 2018
Mostra D’arte Personali:
24- 05- 2019 Mostra Personale della ritrattista Rita Valenzuela “Tiempo de Mujer” Salone della Ambasciata Dominicana in Italia.
Dal 19 al 21-01-2018 mostra personale della ritrattista Rita Valenzuela “Emozioni su Telo” nell’Hotel Napoleon, Roma.
Dal 12 al 1-02-2019 mostra personale della ritrattista Rita Valenzuela “Emozioni su Telo” nel Spazio Filatelia, delle poste italiane di Piazza San Silvestro.
Come artista invitata:
20-09-2019 evento dell’Ong Africanpeople in Africa ed in Italia per commemorare la Giornata internazionale per i diritti dei migranti, 17 dicembre 2021, Roma
20-09-2019 evento culturale artistico nella Casa internazionale delle Donne.
29-8 -2019 al 9-9 -2019 Esposizione collettiva internazionale Emozioni in Mostra "L'Armenia incontra il Mondo" a Castel dell’Ovo, Napoli.
08 -03- 2019 Mostra collettiva d'arte contemporanea nella galleria CosArte con la collaborazione di Amnesty International.
17-01 al 01-02 del 2020, mostra I CORTILI DELL’ANIMA uno degli eventi che rientra nei progetti approvati dal Municipio ROMA VIII per il Centenario della Garbatella.
22 -12 al 7 -12 del 2019, “Le Rouge et le noir" nella Galleria in Via Nicolò da Pistoia 18 (Garbatella) con il patrocinio del Municipio di Roma VIII.
06 -06 2018, 05-06-2017 e 16-06 2014, Mostra collettiva Gruppo di Fotografia dell’Istituto Comprensivo "Daniele Manin", C.T.P. "Nelson Mandela" di Roma.

 

CI SONO TUTELE NEI CONFRONTI DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE USATA COME STRUMENTO DI RECLUTAMENTO DEL PERSONALE?
di Alessandra Di Giovambattista

31-10-2023

Ormai non si fa altro che sentir parlare di intelligenza artificiale (IA). Ma di fronte a quale rivoluzione ci troviamo? È la rivoluzione del nuovo secolo, o meglio del nuovo millennio; per intelligenza artificiale ci si riferisce alle capacità che possono avere delle macchine appositamente progettate per emulare, in modo comunque limitato, alcune delle capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento e la pianificazione. Essa permette di relazionare la macchina con l’ambiente esterno, cercando di risolvere problemi o di raggiungere un preordinato scopo. L’intelligenza artificiale gestisce in autonomia nozioni precedentemente acquisite e immesse dall’uomo, così da elaborare risposte e pseudo ragionamenti.
A differenza di quanto si possa credere si parla di intelligenza artificiale da più di 50 anni; ma è solo con l’incremento della potenza dei computer, che riescono ad elaborare grandi quantità di dati, e l’evolversi della costruzione e dell’analisi degli algoritmi che l’intelligenza artificiale ha compiuto enormi passi in avanti. Tanto che anche l’Unione Europea si è posta il problema della necessità della trasformazione digitale delle società. Volendo fare degli esempi molto limitati notiamo che l’intelligenza artificiale è alla base: delle analisi online che utilizzano motori di ricerca che sfruttano la massa di informazioni e dati forniti dagli utenti; dei software utilizzati per organizzare i rifornimenti di magazzino dei beni e predisporre gli inventari delle aziende; degli assistenti virtuali programmati per rispondere a determinate domande; dei programmi di traduzione automatica, di lettura, di scrittura e di riproduzione dei sottotitoli dei programmi video; dei software che assicurano alcune funzioni di sicurezza delle autovetture come ad esempio i sensori Vi-Das che individuano eventi pericolosi e possibili situazioni di incidenti; dei navigatori stradali per la determinazione dei percorsi più efficienti.
Tra le mille possibilità di utilizzo dell’intelligenza artificiale troviamo anche la funzione c.d. di recruitment, ossia di scelta ed ingaggio di lavoratori di aziende pubbliche o private che, nel brevissimo futuro, sembra dover prendere il posto delle tradizionali tecniche di reclutamento. Infatti oltre ai citati settori di applicazione dei sistemi di algoritmi, che tuttavia rappresentano davvero una minima parte degli utilizzi che oggi si possono fare delle tecnologie basate sull’IA, si assiste ad un loro utilizzo anche nell’ambito della selezione del personale, della sua assegnazione ad incarichi e funzioni, della valutazione dei risultati finalizzata anche al riconoscimento di promozioni e premi aziendali. Naturalmente il successo nell’uso degli algoritmi si basa sulle modalità con cui essi sono costruiti e sulla tipologia e quantità di informazioni in essi introdotti.
In via generale si sottolineano alcuni aspetti positivi riconducibili all’uso dell’intelligenza artificiale che consente di diminuire le risorse (in termini di tempo e di denaro) per l’attività di valutazione dei candidati, arrivando a scegliere i migliori. In particolare: gli algoritmi possono valutare grandi quantità di curriculum ordinandoli per esperienza e capacità tecniche, inoltrando ai candidati scelti dei messaggi personalizzati per il proseguimento dell’attività di ingaggio; l’intelligenza artificiale può essere programmata per ridurre i tempi di risposta ai candidati e la mole di lavoro a carico dei soggetti preposti all’attività di reclutamento; il colloquio con i candidati può essere gestito con rapidità e con uno sguardo verso altre qualifiche più confacenti alle caratteristiche ed alle capacità dei candidati stessi; l’intelligenza artificiale può archiviare e catalogare quantità ingenti di curriculum e rielaborarli anche per futuri nuovi contatti e finalizzarli per la selezione di candidati che meglio si prestino alla copertura di posizioni aperte anche utilizzando interviste virtuali che sono impostate sull’analisi delle espressioni facciali, del tono della voce, della gestualità e del lessico utilizzato dai soggetti; utilizzando gli algoritmi si può inviare tutta la documentazione burocratica necessaria per l’assunzione e si possono fornire tutte le informazioni iniziali per il primo impiego.
Tuttavia l’IA non presenta solo vantaggi, occorre infatti soffermarsi su quelli che potrebbero essere i problemi del prossimo futuro. Indubbiamente la criticità più sentita riguarda la reale possibilità che l’IA possa soppiantare alcune delle attività lavorative che oggi comportano mansioni ripetitive, dove non viene pertanto richiesta capacità di analisi, atteggiamento critico e creatività. In via generale occorre sottolineare che i criteri che impostano i software utilizzati dall’IA devono essere compatibili con la normativa giuridica vigente in un determinato paese; particolare attenzione va anche posta alla normativa antidiscriminatoria. Infatti poiché l’intelligenza artificiale si basa su dati storici può accadere che i risultati dell’analisi di ricerca ed assunzione del personale, anche se involontariamente, vengano influenzati negativamente da situazioni passate in cui la scelta dei lavoratori si basava su pregiudizi che davano luogo a scelte discriminatorie (in particolare alle preferenze di genere che hanno sempre penalizzato il lavoro femminile). Inoltre si pensi alla difficoltà di riconoscimento che potrebbero avere le nuove tipologie di approccio al lavoro, utilizzate dalle giovani future leve, da parte dell’IA che potrebbe non riconoscerle solo perché non presenti nel data base. Così come alcune fasce di potenziali lavoratori, ad esempio provenienti da contesti differenti o di etnia o fede religiosa non presenti in un dato mercato del lavoro, non potrebbero accedere al reclutamento del personale perché l’algoritmo, essendo stato caricato con dati passati, non può tener conto di modifiche del mondo del lavoro, se non con tempi più lenti rispetto alla realtà. Ciò implicherebbe delle ricadute negative, che potrebbero ampliare la già presente forbice di disuguaglianza sociale; ad esempio si è riscontrato che un software di scelta di personale, basato sul codice postale per individuare la residenza dei candidati, poteva escludere determinati soggetti perché abitanti in zone di periferia e marginali, fino ad incrociare in alcuni casi la problematica dell’etnia dei candidati e produrre quindi scelte discriminatorie. Ma si è visto anche come i giudizi sui social network, come ad esempio i “mi piace” (c.d. like), potevano, mediante incroci dei dati utilizzati, penalizzare i candidati in ragione del credo religioso, dell’etnia, dell’orientamento sessuale, dell’appartenenza politica, nonché della propria situazione sanitaria. In altri casi si è visto che l’algoritmo assegnava premi di produttività in misura prevalente a lavoratori maschi, appartenenti ad una certa fascia di età, ben lontano quindi dal riconoscere il merito in ragione dell’effettivo ritorno in termini di efficienza ed efficacia dell’attività prestata.
In via generale la più forte critica che si può sollevare riguarda il fatto che un algoritmo si basa su dati esclusivamente quantitativi, non potendo fare scelte in ragione dell’aspetto qualitativo del lavoro da valutare. Così come non saprebbe considerare situazioni innovative di prodotto o di processo perché ad esso sconosciute.
Aspetti che inoltre andrebbero chiariti riguardano come può un lavoratore sapere se la sua assunzione o il suo diniego siano da imputare ad una scelta fatta attraverso un algoritmo, e come può il lavoratore stesso verificare se tale scelta sia stata legittimamente presa in rispetto alle normative vigenti in materia di lavoro e di tutela dei diritti. Un primo strumento che potrebbe aiutare in tali fattispecie si individua nell’articolo 2 del decreto legislativo 216 del 2003; in esso si indica che per escludere qualsiasi forma di discriminazione occorre garantire il principio di parità, il quale comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta. Solo nei casi in cui i lavoratori reclutati mediante delle piattaforme online fossero riconosciuti come lavoratori dipendenti sarebbe sufficiente fornire elementi di fatto dai quali si possa presumere l’esistenza di atteggiamenti e comportamenti discriminatori; solo in tal caso infatti spetterebbe al datore di lavoro dimostrare che l’algoritmo utilizzato per la scelta dei lavoratori non presenti caratteristiche discriminatorie.
Già nel 2020 il libro bianco della Commissione europea in materia di intelligenza artificiale ha sottolineato, a fianco alle potenzialità, i possibili rischi che la pongono come un sistema di decisioni e scelte che nel futuro prossimo potrebbero non tutelare a dovere gli esseri umani. Occorre porre un argine sulla possibilità che i lavoratori siano soggetti esclusivamente ad azioni e decisioni elaborate da sistemi di intelligenza artificiale; questi tutt’al più possono essere concepiti come strumenti di supporto, ma non di sostituzione, alle scelte umane. Ad esempio si è visto che alcuni programmi di intelligenza artificiale per il riconoscimento facciale facciano più fatica ad identificare le donne di colore, rispetto a quelle di carnagione chiara, con ciò evidenziando delle distorsioni legate sia al genere sia alla razza. Di fatto mancano, ad oggi, delle norme che disciplinino la trasparenza e la conoscenza della tipologia degli algoritmi usati nella funzione di ricerca e reclutamento dei lavoratori. La situazione più paradossale che si potrebbe avere si riscontra nella possibilità che l’algoritmo vada a pescare, anche all’insaputa del suo creatore, nella miriade di dati su cui si poggiano le sue conoscenze ed inizi a fare connessioni logiche inaspettate e non programmate per le finalità iniziali, creando così, situazioni discriminatorie e anche illegittime in termini di scelte dei lavoratori.
Sempre sul tema si evidenzia che alcuni programmi utilizzati negli USA per valutare e scegliere il personale lavorativo si basano su video interviste online oppure su sfide basate su giochi elettronici. E’ evidente che tali processi di scelta vanno a penalizzare i lavoratori più anziani meno rapidi di giocatori giovani ed esperti! Tale aspetto induce a ritenere come sia distorto il principio per cui tutta la battaglia si giocherà esclusivamente sulla rapidità delle scelte e delle decisioni e non già sulle capacità, saggezza ed esperienza dei lavoratori. Ciò comporta un’ipotesi di futuro dove la rapidità la farà da padrona, dove l’uomo non potrà più valutare criticamente le proprie azioni ed i lavori assegnatigli; ma più in generale, anche le modalità di vita ne saranno influenzate, assisteremo a scelte e ad attività che produrranno sempre più freddezza ed automatismo e che scalzeranno l’approccio umano basato sull’attenzione ai rapporti interpersonali. La suddetta situazione ha quindi dato luogo a cause legali fondate sui risultati distorti derivanti dai processi di reclutamento mediante intelligenza artificiale, che implicano spesso anche un atteggiamento discriminatorio nei confronti del sesso femminile e delle minoranze. In particolare alcune società hanno abbandonato dei modelli di intelligenza artificiale per il reclutamento del personale perché questi software sceglievano candidati maschi rispetto a quelli femmine in quanto la serie storica dei dati sull’occupazione si basava, giocoforza, su numeri quasi tutti al maschile.
In conclusione diamo uno sguardo a come negli Stati Uniti ed in particolare nella città di New York una legge locale (la n. 1894-A) abbia dato delle direttive ai datori di lavoro che usano l’intelligenza artificiale per l’attività c.d. di recruitment. In particolare la legge ha cercato di tutelare i lavoratori da possibili discriminazioni attuabili in sede di procedimenti di reclutamento e di assegnazione di premi di produttività, nel caso siano utilizzati strumenti di decisione automatizzati. In modo sintetico si vogliono sottolineare alcuni aspetti: in particolare è previsto che sia illegale per un datore di lavoro o un’agenzia per l’impiego l’uso di strumenti informatici per le decisioni di assunzione di personale a meno che tale strumento non sia stato sottoposto ad apposita procedura di controllo attuata almeno un anno prima dal suo utilizzo. In più in caso di utilizzo di intelligenze artificiali il datore di lavoro dovrà mettere al corrente il candidato, almeno dieci giorni prima della selezione, che sarà utilizzato uno strumento automatico per la scelta del soggetto più idoneo; viene così permesso al futuro lavoratore di richiedere un procedimento di scelta alternativo. Infine la fonte dei dati su cui viene effettuata la selezione e la conservazione degli stessi devono essere sempre disponibili su semplice richiesta scritta da parte dell’aspirante lavoratore. È la prima volta che i datori di lavoro statunitensi saranno chiamati a rispettare una legge che cerchi di arginare le discriminazioni da parte di strumenti di assunzione e promozione basati su intelligenze artificiali; tuttavia tali leggi sono in crescita in quanto altri Stati degli USA stanno elaborando norme simili o comunque stanno adottando modalità per arginare il problema delle discriminazioni derivanti da processi decisionali automatizzati.
Pertanto proviamo a riflettere su come potrebbe una macchina sostituire una percezione umana basata sul rapporto interpersonale, sia nel bene sia nel male, ma pur sempre fondata su un’alchimia che può nascere solo da una relazione diretta tra datori di lavoro e lavoratori. Sembrerebbe piuttosto che tali tecniche automatizzate abbiano a cuore solo il risparmio del tempo in una società che ormai va a ritmi molto elevati, anche troppo, e che non presta più attenzione alle caratteristiche di ognuno di noi, unici e irripetibili, facendoci ripensare alla saggezza del proverbio per cui chi va piano va sano e va lontano….

 BIFF

Primo articolo su BIFF

Il Busan International Film Festival ha avuto inizio il 4 ottobre con una impeccabile cerimonia di apertura e la proiezione del film "Because I hate Korea" del regista Jang Kun-Jae e si è concluso il 13 ottobre, con la cerimonia di chiusura e la proiezione del film “The Movie Emperor” del regista cinese Ning Hao. Si tratta di un Festival imponente nelle dimensioni, con riferimento all’offerta non solo delle visioni, ma anche e soprattutto delle risorse dedicate alla produzione cinematografica, in termini di possibilità di contatti, accordi e finanziamenti. Una vetrina molto ambita, quindi, per tutti coloro che operano nel settore cinematografico, sia per introdurre il proprio film e quotarlo attraverso la risposta del pubblico, sia per trovare fondi e collaborazioni per il prossimo progetto.

Si sono tenute varie presentazioni di gala, con le proiezioni ed eventi sul tappeto rosso, durante i quali gli spettatori hanno avuto la possibilità di vedere i registi e gli attori di persona, tra cui “Green Night”, del regista di Hong Kong Shuai Han, “Monster”, dell'autore giapponese Hirokazu Kore-eda e “The Beast” del regista franco-canadese Bertrand Bonello.

Numerosi i titoli in programma, non solo di produzione orientale, ma anche nordamericana ed europea. Per l’Italia erano presenti Nanni Moretti con “Il Sole dell’avvenire” (A Brighter Tomorrow), Marco Bellocchio con “Rapito”(Kidnapped) Stefano Sollima con “Adagio”, Saverio Costanzo con “Finalmente l’Alba” (Finally Dawn), Andrea Di Stefano con “L’ultima notte d’Amore”(The Last Night of Amore), Alice Rohrwacher con “La Chimera”, Alain Perroni con “Una sterminata Domenica” (An Endless Sunday). Nelle varie sezioni in cui era articolato il festival si trovavano nomi importanti anche di altri Paesi occidentali, come Wim Wenders, presente con “Anselm” e Luc Besson con il film “Dogman”. Il Busan International Film Festival tuttavia si conferma come il più importante evento rivolto al cinema asiatico, offrendo una corposa proposta di produzioni orientali, con un focus sulla rinascita del cinema indonesiano.

Tra gli eventi organizzati dal Festival, ricordiamo due incontri speciali con i registi Lee Chang-dong, avente a tema il suo famoso “Poetry” (2010), e Ryusuke Hamaguchi, di nazionalità giapponese, incentrato sul suo nuovo lavoro “Evil Does Not Exist”, nonché la masterclass con il regista di documentari giapponese Kazuo Hara, specializzato nel riprendere storie di persone con disabilità o coloro che “si spingono oltre i confini della correttezza e dell’obbedienza nella società giapponese” (New York Times).

Forte richiamo hanno esercitato, oltre alla possibilità di vedere una grande quantità di film in anteprima mondiale, le interviste che seguivano le proiezioni, rilasciate dai registi o dagli attori in presenza, e gli “Open Talk”, incontri svolti nell’arena all’aperto, senza biglietto d’ingresso, che hanno portato sul palco i membri principali dei vari cast. Tra questi eventi ricordiamo l’incontro con il cast di ”Hopeless”, il nuovo film che annovera tra i protagonisti Song Joon-ki (“Vincenzo”, Netflix).

Grande l’interesse suscitato anche dai quattro incontri della sezione Actor’s House, questi con prenotazione a pagamento, della durata di circa 40 minuti: spazi in cui l’attore, dopo una breve introduzione del conduttore, si è reso disponibile a rispondere a domande formulate principalmente dal pubblico in un clima informale e amichevole.
I protagonisti di questi incontri sono stati l’attore coreano americano John Cho (“American Pie”, dei fratelli Weitz, “Solaris” di Steven Soderbergh, serie riavviata di Star Trek, adattamento Netflix di “Cowboy Bebop), presente al festival con il film del 2018 “Searching”, del regista Aneesh Chaganty, riproposto nell’ambito della sezione incentrata sulla Diaspora del cinema coreano nel mondo, Song Joon-Ki, attore molto conosciuto e amato in Corea e in Estremo Oriente, e le attrici Youn Yuh-jung, vincitrice dell’Oscar alla miglior attrice non protagonista nel 2021 con il film “Minari” e Han Hyo-joo (“20th Century Girl” di Bang Woo-ri, “Believer 2” di Baek Jong-yul).
Purtroppo, il servizio di interpretariato è stato offerto solo quando sul palco erano presenti ospiti stranieri, quindi, nella sezione Actor’s House, solo per l’intervista di John Cho, che ha presentato il suo libro “Troublemaker”, edito nel 2022.


Il libro di Cho, classificato come testo per ragazzi, segue gli eventi dei disordini di Los Angeles del 1992 attraverso gli occhi di un ragazzo di 12 anni, che affronta la scuola e la famiglia, fornendo una prospettiva unica, quella coreano-americana, di un adolescente che sente di non poter essere all’altezza delle aspettative della famiglia, diversamente dalla sorella.
Cho ha spiegato come il libro sia stato partorito durante il lockdown del 2020 a New York, quando non potendo fare altro che pensare, aveva ripercorso gli eventi successivi all'assoluzione degli uomini videoregistrati mentre picchiavano Rodney King nel 1992, perché “allora sembrava che il conflitto fosse tra bianchi e neri, ma vi erano proprietà degli asiatici che venivano distrutte”. Anche allora, come durante la vicenda del Covid-19, gli asiatici in America sono stati fatti oggetto di aggressioni.
È stato chiedendosi come i suoi figli adolescenti avrebbero potuto spiegarsi gli eventi che stavano vivendo durante la pandemia, che Cho ha concepito il suo libro, nel quale risuona il tema tutto coreano delle aspettative della famiglia e della pressione cui si sentono sottoposti gli adolescenti coreani. Questo aspetto è molto presente nella cultura coreana e attraverso le parole di Cho si percepisce come per gli immigrati in America fosse ancora più marcato, dovendo la performance non solo assicurare un futuro al ragazzo in un mondo competitivo come quello americano, ma anche riscattare la condizione di immigrato, sia sua, sia, attraverso di lui, della intera famiglia.

Cho ha partecipato anche all’incontro svolto nell’ambito dello “Special Program in Focus: Korean Diasporic Cinema” insieme con i cineasti Steven Yeun (attore protagonista di “Minari”), Lee Isaac Chung (regista di “Minari”) e Justin Chon (“Twilight” saga).
Secondo Cho, la Corea sta subendo una trasformazione in termini di creazione di contenuti, con film e drammi coreani che ricevono sempre più attenzione. “Ci sono stati molti cambiamenti in molti settori e aree, ma la Corea in particolare sta attraversando un’era di trasformazione culturale”, ha affermato Cho, e “l’aumento dei contenuti coreani è molto significativo anche per i coreani della diaspora”.
Quello che maggiormente si nota, guardando i film proposti dal BIFF di quest’anno è che, come è stato detto in occasione dell’incontro sul cinema della diaspora, i registi coreani che non vivono in Corea sembrano essere “più coreani” di coloro che non hanno lasciato la Madrepatria. Forse per questo, è stato fatto notare, un film come “Minari”, nel quale si avverte lo stridore tra la cultura coreana di provenienza e quella americana di arrivo, ha ricevuto molti premi ma nessuno di questi è coreano.
Nel tempo, è stato detto, si è creato uno iato tra la comunità coreana in Nordamerica e il Paese di origine: se da un lato il cibo coreano in America ha un sapore diverso da quello che si trova in Corea perché si è “americanizzato”, dall’altro l’idea della cultura coreana che conservano i coreano-americani sembra essere ferma all’epoca della migrazione, mentre la realtà coreana sta rapidamente cambiando sotto tutti i punti di vista.

Il timore che avverte chi apprezza la cultura coreana e le sue esternazioni, dal cinema alla musica, all’arte, è che la società coreana si stia in realtà “americanizzando” e che, proprio come il cibo degli immigrati negli Stati Uniti, possa perdere il suo tipico sapore. È questo un dibattito aperto nella società coreana, che ha trovato spazio anche sulle pagine di blogger molto seguiti.
Quanto al Busan International Film Festival, si può dire che, in effetti, durante l’intero corso della manifestazione si è avvertita una scarsa attenzione per gli spettatori internazionali, essendo mancata la traduzione in numerosi ed importanti eventi. Addirittura, in alcuni casi la traduzione in inglese veniva effettuata senza microfono, ad uso esclusivo dell’ospite, lasciando alla platea internazionale la fruizione solo delle risposte. Un’organizzazione piuttosto singolare per un Festival che si pregia di qualificarsi come “Internazionale”. Tuttavia, è legittimo pensare che proprio questa scarsa attitudine alla comunicazione con gli stranieri sia ciò che ha preservato finora, in un mondo così fortemente globalizzato, le caratteristiche particolari di questa cultura e, in fin dei conti, questo è ciò che ci lascia sperare che la Corea riesca a preservare le sue specificità, senza trasformarle in folklore per appiattirsi sulle richieste, sempre più pressanti, del pubblico occidentale.
Pertanto, nonostante la frustrazione di non aver potuto proficuamente condividere larga parte degli eventi organizzati dal BIFF, ritengo sia andata bene così. Meglio dover imparare il coreano, per quanto difficile possa essere, per raggiungere una realtà che è unica, con tutte le contraddizioni che la caratterizzano nel modo di recepire il mondo contemporaneo e di interpretarlo, piuttosto che conquistare senza sforzo, attraverso la sua internazionalizzazione, un mondo che, fatalmente, per risultare facilmente fruibile finirebbe con il perdere le proprie peculiarità.