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LE NUOVE NORME ANTIRICICLAGGIO di Alessandra Di Giovambattista

LE NUOVE NORME ANTIRICICLAGGIO

di Alessandra Di Giovambattista

 11-12-2024

Lo scorso 30 maggio 2024 il Consiglio Europeo ha adottato un insieme di nuove norme antiriciclaggio che hanno lo scopo di contrastare il reimpiego di denaro proveniente da attività illecite ed il finanziamento del terrorismo; detto pacchetto è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il 19 giugno 2024.

Le nuove disposizioni contengono: la VI Direttiva antiriciclaggio (UE 2024/1640 del 31 maggio 2024) - che va a modificare la precedente Direttiva 2019/1937 e ad abrogare definitivamente la più remota direttiva del 2015/849 – contenente i meccanismi che gli Stati dell’Unione Europea devono introdurre al fine di escludere che nel sistema finanziario transitino operazioni di riciclaggio di denaro derivante da attività malavitose o di finanziamento del terrorismo; il regolamento antiriciclaggio (UE 2024/1624 del 31 maggio 2024) relativo alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario per i medesimi fini illeciti (regolamento antiriciclaggio single rulebook); il regolamento (UE 2024/1620 del 31 maggio 2024) istitutivo dell’Autorità per la Lotta al Riciclaggio ed al Finanziamento del Terrorismo (AMLA - Anti Money Laundering Authority).

Di fatto già dal 20 luglio del 2021 la Commissione europea aveva presentato un pacchetto di proposte legislative volte a rendere più stringenti le disposizioni comunitarie in tale ambito. Le indicazioni consistevano in: un regolamento che avrebbe istituito l’AMLA con poteri sanzionatori; un regolamento che doveva prevedere controlli sui trasferimenti di cripto attività in modo da renderne trasparenti i passaggi e completamente tracciabili i movimenti (è stato adottato nel maggio 2023); un regolamento sugli obblighi da rispettare in tema di lotta al riciclaggio in ambito privato; ed infine una direttiva che si sarebbe occupata dei meccanismi antiriciclaggio da far applicare a livello nazionale dai diversi Stati membri.

Secondo il Consiglio europeo il recente pacchetto di disposizioni varato il 30 maggio di quest’anno, armonizzerà tra loro tutte le esistenti norme antiriciclaggio che oggi si differenziano da Paese a Paese nel tentativo di eliminare scappatoie che generano ed incentivano le frodi. In particolare la VI direttiva antiriciclaggio renderà più efficienti i sistemi nazionali normativi prevedendo disposizioni più chiare e stringenti e organizzando delle modalità di collaborazione tra le autorità di vigilanza e gli organismi nazionali che raccolgono e analizzano attività finanziarie sospette tra Stati membri. I contenuti della Direttiva entrano in vigore venti giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, pertanto a decorrere dal 10 luglio 2024 gli Stati membri avranno tre anni - quindi entro il 10 luglio 2027 - per recepire le norme in essa previste.

Per quanto attiene l’Autorità per la lotta al riciclaggio ed al terrorismo (AMLA) si prevede che inizierà ad operare a metà dell’anno 2025 con sede a Francoforte; essa avrà poteri di supervisione diretta ed indiretta sui soggetti obbligati a fornire informazioni. In particolare sono stati estesi i destinatari assoggettati alle norme di controllo includendo: coloro che sono all’interno del settore delle cripto-valute; le piattaforme di raccolta di denaro per finanziare collettivamente progetti innovativi o lo sviluppo di imprese (il c.d. crowdfunding); le società e gli agenti del settore del calcio professionistico; i soggetti che commerciano in beni di lusso. Nello specifico rientrano nel novero di questi beni gli articoli di oreficeria, i gioielli e gli orologi di valore superiore a 10.000 euro, i veicoli a motore di importo superiore a 250.000 euro e gli aerei ed i natanti con valore superiore a 7,5 milioni di euro. Anche la definizione di persona politicamente esposta (c.d. PEP) viene modificata ampliandola: ai rappresentanti di autorità regionali e locali con almeno 50 mila abitanti; ai familiari delle persone politicamente esposte comprendendo anche fratelli e sorelle di Capi di stato, Capi di governo, Ministri, Sottosegretari e Viceministri; ad altre cariche pubbliche che sono di rilievo nei diversi Stati membri. È previsto inoltre un inasprimento delle norme in materia di adeguata verifica della clientela qualora gli scambi avvengano con persone molto facoltose (con patrimoni di oltre 50 milioni di euro). Viene disciplinata la titolarità effettiva (in particolare devono essere comunicati i titolari effettivi delle società a cui è riconducibile l’attività d’impresa a fini antiriciclaggio) e viene fissato a 10.000 euro il limite di contanti per i pagamenti, con la finalità di limitare i rischi derivanti dall’uso illegale di somme di denaro ingenti. Si chiederà pertanto più efficienza ai soggetti operanti sul mercato finanziario e la AMLA creerà un meccanismo integrato tra supervisori delle diverse nazioni affinché sia verificato il rispetto delle norme nel settore finanziario per evitare attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Ciò si rende indispensabile in quanto gli studi hanno evidenziato la natura transfrontaliera della criminalità finanziaria e pertanto all’Autorità sarà richiesto di coordinare le indagini internazionali per contrastare le attività illecite e per rendere l’attività repressiva la più rapida ed efficace possibile. Per conferire massima incisività a questi obiettivi è previsto che l’AMLA possa anche imporre sanzioni pecuniarie ai soggetti obbligati a fornire le informazioni per il controllo e la verifica delle attività che risultano sistematiche o ripetute e che pertanto inducono a ritenere che siano in atto delle violazioni gravi. L’autorità avrà anche un ruolo di sostegno in relazione al settore non finanziario e coordinerà e supporterà le unità di informazione finanziaria (UIF, in inglese Financial intelligence Units - FIU), già esistenti nei diversi Paesi, (in Italia sono presso la Banca d’Italia) che operano in modo indipendente ed autonomo, e sono specializzate nelle analisi finanziarie e nello scambio di informazioni. Per cogliere efficacemente questo obiettivo di supporto l’Autorità avrà anche il compito di contribuire ad armonizzare le prassi di collaborazione esistenti tra i diversi attori oggi operanti sul fronte del contrasto delle attività illecite e del finanziamento del terrorismo (le diverse UIF – FIU); in particolare l’armonizzazione cercherà di ridurre le divergenze esistenti nelle differenti legislazioni nazionali per rendere più sicuro e trasparente il mercato.

Le disposizioni prevedono anche delle modifiche del “Registro della titolarità effettiva” che dovranno essere recepite entro il 10 luglio del 2026, pertanto un anno prima rispetto alla direttiva nel suo complesso. Per tale registro, peraltro già previsto nella V direttiva antiriciclaggio, le nuove disposizioni hanno ampliato la tipologia di soggetti che possono accedere alle informazioni in esso contenute, includendo persone fisiche o giuridiche portatrici di un interesse legittimo, includendo anche la stampa e le organizzazioni che tutelano interessi collettivi o diffusi, con accesso immediato, non filtrato, diretto e gratuito. Tuttavia in Italia si è registrata un’impasse per tale registro che prevede l’obbligo per le società, fondazioni associazioni e trust di inviare alle Camere di commercio le informazioni sui soggetti a cui è realmente riconducibile l’attività degli enti citati, a fini di antiriciclaggio. È stato prima intrapreso un ricorso presso il Tribunale Amministrativo (TAR) con motivazioni di lesione della privacy a causa della comunicazione degli effettivi titolari delle imprese costituite in qualunque forma giuridica; tale ricorso è poi approdato al Consiglio di Stato che prima, con ordinanza del 15 ottobre 2024, ha sospeso le comunicazioni poi ha chiesto alla Corte di Giustizia di valutare la compatibilità della norma con i principi comunitari. Così è arrivata pochi giorni fa, il 6 dicembre 2024, la comunicazione della Corte di Giustizia europea che ha sospeso l’obbligo di comunicazione del titolare effettivo in attesa del proprio parere.

Invece il perfezionamento del “Punto unico di accesso” alle informazioni sui beni immobili slitterà di un anno ed il termine finale sarà quindi il 10 luglio 2029. Il punto unico di accesso sarà un luogo fisico da istituire in ciascuno Stato membro affinché le autorità competenti abbiano accesso immediato e diretto alle informazioni sui registri immobiliari che permetteranno l’identificazione di qualunque bene immobile e delle persone, sia fisiche che giuridiche, che lo possiedono nonché di ottenere tutte le indicazioni che consentiranno di monitorare ed analizzare le operazioni relative a detti beni. Dovranno essere istituiti anche dei meccanismi automatici centralizzati che permettano di identificare il luogo di residenza e le persone, fisiche o giuridiche, effettivamente intestatarie di conti bancari, identificati con IBAN o IBAN virtuali, compresi i conti titoli, i conti in cripto attività e le cassette di sicurezza che i soggetti residenti detengono presso un istituto di credito o altro istituto finanziario presente sul territorio. L’accesso al punto unico sarà consentito solo alle autorità di contrasto nazionali al riciclaggio e per rendere efficaci i controlli e confiscare eventuali proventi derivanti da reati la direttiva prevede anche di rendere uniforme il formato degli estratti conto al fine di agevolarne la lettura.

Alla luce di quanto esposto può sottolinearsi da una parte la necessità della emanazione di normative stringenti per rendere sicuro e trasparente il sistema finanziario, in continua evoluzione ed ormai governato da processi e strategie guidate il più delle volte dalla tecnologia informatica dell’intelligenza artificiale e dellablockchain (registro digitale che rende sicuri, verificabili e permanenti i dati in esso contenuti). Mediante normative rigorose ed armonizzate e la collaborazione tra uffici di vigilanza, il controllo sui flussi finanziari sarà più efficiente e i benefici si vedranno anche nel miglioramento della fiducia e della responsabilità tra investitori, finanziatori e mercato. Tuttavia il rovescio della medaglia evidenzia diversi aspetti: si va dall’eccessivo appesantimento di tutto il sistema, che peraltro ha mostrato delle falle come ad esempio per il problema della privacy sollevato dal Consiglio di Stato italiano, all’oggettiva esistenza di sistemi di sicurezza applicati in misura differente dai diversi Stati membri. In tal senso è risaputo che mentre alcuni Paesi, come l’Italia, applicano rigorosamente la normativa antiriciclaggio, altri Stati sono molto più blandi nel livello di accuratezza applicativa (come ad esempio il Lussemburgo o l’Irlanda dove si applicano dei regimi fiscali vantaggiosi e si ha un atteggiamento molto più permissivo sulle normative antiriciclaggio tanto da creare posizioni di vantaggio delle imprese localizzate in quei territori rispetto a quelle domestiche). Il rigore eccessivo presente in Italia di fatto costituisce un peso a svantaggio dei singoli e delle aziende italiane che si trovano invischiate in pesanti obblighi burocratici e così penalizzate in termini di competitività. Ad esempio l’obbligo di segnalare tutte gli scambi di valore ingente può creare problematiche di efficienza, soprattutto nel settore immobiliare, che possono concretizzarsi in ritardi o blocchi delle transazioni. Inoltre le aziende per rispondere alla normativa devono investire risorse in consulenze legali per il rispetto delle regole (c.d. compliance) e questo nuoce soprattutto le piccole medie imprese (PMI) che rappresentano il fulcro del tessuto economico e sociale italiano. In Germania o nei Paesi Bassi la flessibilità normativa è maggiore ed è orientata su una posizione di tutela delle imprese e dei singoli che va ben al di là della rigida applicazione delle norme antiriciclaggio in quanto le autorità di vigilanza cercano di creare meno intralcio possibile alle attività economiche. È per questo che si auspica una concreta e reale attività di coordinamento da parte dell’Autorità che non penalizzi nessuno ma che anzi applichi la normativa con il dovuto grado di buon senso, necessario in ambito economico, che non appesantisca il sistema ma lo renda flessibile e davvero sicuro e non faccia sentire i soggetti sotto accusa anche perché, soprattutto in Italia, si “bloccano i moscerini e si lasciano passare gli elefanti” mancando così l’obiettivo di sventare gli effettivi responsabili degli illeciti!

 



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11 Dicembre 2024

ALCUNI CASI DI SPIN OFF UNIVERSITARI IN ITALIA di Alessandra Di Giovambattista

ALCUNI CASI DI SPIN OFF UNIVERSITARI IN ITALIA

di Alessandra Di Giovambattista

 20-12-2024

Il crescente processo innovativo e di ricerca ha portato un incremento nella costituzione di aziende private e pubbliche che producono beni o servizi altamente tecnologici ed innovativi specialmente in ambito informatico e dell’intelligenza artificiale. Quindi il mercato presenta realtà nuove, dinamiche, spesso provenienti da spin offaziendali (sono operazioni di separazione di un settore aziendale, che si rende totalmente autonomo ed indipendente, dalla azienda madre ma ne può anche rimanere collegato in modo diretto o indiretto) o da start up(imprese nuove, in via di sviluppo fortemente innovative che necessitano di finanziamenti da soggetti esterni che credono nell’innovazione presentata), create da giovani ma anche nate dagli studi e dalla ricerca universitaria. Infatti è proprio in tale ambito che nascono idee e progetti sperimentali che partono dai centri di ricerca degli atenei ed approdano sul mercato produttivo imprenditoriale. Si crea in tal modo un effetto sinergia tra soggetti tecnicamente e culturalmente diversi, con poliedriche conoscenze e competenze maturate su campi differenti e pronti a realizzare prodotti innovativi.

Ed è così che nell’ultimo ventennio sono decollate le nuove strutture degli spin off universitari nati dalla fusione delle conoscenze di ricercatori, docenti, dottorandi ma soprattutto studenti dei diversi atenei italiani. Il panorama è ricco di esperienze e, secondo un report pubblicato nel 2023 da Netval (associazione che nasce come rete tra Università nel 2002 ma che nel 2007 si apre anche a soggetti non universitari, finalizzata a valorizzare la ricerca pubblica e a dirigerla verso l’industria) ma relativo al 2021, se ne contano 1.930 su tutto il territorio nazionale. Gli spin off universitari sono in espansione soprattutto negli atenei del Mezzogiorno, tuttavia circa la metà delle realtà innovative si posiziona nel Nord Italia. Tuttavia la partita si gioca sulla necessità di superare la divisione culturale tra approccio accademico e approccio di mercato; è un problema che è stato posto in luce anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ha stanziato 350 milioni di euro per creare 50 centri di competenza dedicati al trasferimento tecnologico. I finanziamenti previsti dovranno essere erogati in ragione dell’effettivo impatto in termini di passaggio di competenze tecnologiche tra università e mondo produttivo, predisponendo anche dei meccanismi premiali, per i professionisti impegnati nelle attività di studio e ricerca, anche attraverso sgravi e contributi fiscali.

Ma il settore della ricerca e dello sviluppo veicolato attraverso gli spin off universitari è una realtà in crescita; spesso l’evoluzione è la creazione di start up che vanno adeguatamente supportate con finanziamenti dedicati. Sono aziende che nascono dagli studi e dalle ricerche svolte dai docenti, dagli studenti, dai ricercatori in diversi settori all’interno dei centri di ricerca degli atenei; ed infatti per avviare uno spin off è necessario uno stretto collegamento con l’attività universitaria che conferisce valore ed approvazione al bene o al servizio innovativo prodotto. Ma occorre guardare anche al flusso di valore nel senso opposto: infatti è indispensabile che l’innovazione trovi uno sbocco nei settori produttivi altrimenti molte delle intuizioni e delle novità cadrebbero nell’oblio. Il mondo imprenditoriale ha bisogno di innovazione e indubbiamente gli ambienti universitari sono delle ottime fucine di idee dove menti giovani, fantasiose, che sanno sfruttare a pieno le sinergie, possono rappresentare un legame con il mercato che necessita di talento, dedizione ed anche di un atteggiamento coraggioso che si può sicuramente ritrovare nel mondo giovanile.

Un supporto all’instaurazione di contatti tra mondo accademico, rappresentato da giovani studenti talentuosi, ed imprese può essere facilitato anche da soggetti terzi; ci sono aziende che utilizzando il marketingdigitale - ossia l’analisi del mercato attraverso le tecnologie digitali e la predisposizione di strategie cercando di promuovere marchi, servizi e prodotti attraverso internet – pongono in contatto, attraverso rubriche dedicate per i vari settori produttivi, le aziende con gli spin off universitari che ormai rappresentano, per diversi atenei, il modo per applicare la ricerca e l’innovazione sviluppata nei propri laboratori.

Le attuali realtà di spicco nel mondo degli spin off universitari, trasformati in alcuni casi anche in start up, le troviamo in diversi atenei, tra i quali:

  • l’università di Torino con il progetto INFLANT, vincitore del primo premio nazionale per l’innovazione (PNI) nell’ambito del miglioramento della salute delle persone (Life sciences-Medtech) consegnato il 6 dicembre di quest’anno, che rappresenta una nuova frontiera per il trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali, come ad esempio il morbo di Crohn o la colite ulcerosa che sono peraltro causa di ulteriori patologie. Il progetto nasce da una collaborazione tra l’università di Torino e quella di Pisa ed è supportata dall’incubatore di aziende 2i3T dell’università torinese. L’innovazione concerne lo sviluppo di una nuova molecola in grado di bloccare direttamente nell’intestino la proteina infiammatoria, che genera le patologie intestinali, evitando così gli effetti collaterali degli attuali farmaci utilizzati come terapia. In questo modo lo spin off riceve la giusta pubblicità e visibilità ed avvicina nuovi investitori che credono ed intendono partecipare allo sviluppo della nuova cura.

  • Il politecnico di Torino supporta, attraverso l’incubatore I3P, il progetto IDRA -della start up Deplotic - che rappresenta una rivoluzionaria metodica di manutenzione satellitare in orbita che utilizza dei bracci robotici comprimibili, dispiegabili mediante gonfiaggio e retrattili. Il nuovo prodotto si pone all’interno di un settore in crescita e che riguarda i servizi satellitari innovativi, con un’attenzione particolare alla loro sostenibilità.

  • L’università di Pisa, con lo spin-off CERNAIS, presenta un prodotto che utilizza l’intelligenza artificiale per migliorare ed innovare le terapie di contrasto delle mattie rare. Così i metodi tradizionali di ricerca vengono affiancati dal potenziale dell’intelligenza artificiale per scoprire nuove molecole che possono diventare delle innovazioni di cura di patologie neurologiche rare.

  • La scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha predisposto una mano robotica a controllo magnetico che si muove con il pensiero. L’innovazione è nata nell’istituto di biorobotica della Scuota Superiore ed è in grado di riprodurre i movimenti pensati da colui che indossa la protesi grazie a dei magneti collegati ai muscoli dell’avambraccio.

  • L’università di Firenze coordina un progetto di ricerca europeo chiamato FAMOS che sviluppa una tecnologia eco sostenibile di costruzione di isole galleggianti modulari per poter sfruttare le zone marine e affrontare il problema della crescita della popolazione mondiale.

  • L’università di Sassari ha collaborato per la messa a punto di un dispositivo che permette di misurare il grado di contrazione neuromuscolare nei soggetti affetti da spasticità: il SAS che offre una valutazione intelligente della spasticità (cioè the Smart Assesment of Spasticity). Il progetto è stato vincitore del premio Venture di Cassa Depositi e Prestiti e del premio speciale del Fondo per l’innovazione (Fund to innovate Limited) ambedue con la finalità di incentivare la crescita e lo sviluppo dell’innovazione presentata.

  • L’università di Bari ha presentato il progetto AGRIDATALOG con il quale intende creare e sviluppare un’agricoltura digitale e sostenibile. Un esempio è fornito dall’utilizzo di droni e sensori avanzati monitorati e manovrati attraverso applicazioni informatiche (c.d. App).

  • L’università di Padova ha presentato la start up FINAPP nata da uno spin off accademico che ha sviluppato una tecnologia basata sui raggi cosmici per misurare costantemente la quantità di acqua immagazzinata in profondità su grandi superfici di terreno. Questa applicazione può rivelarsi utile per l’attività produttiva di diverse industrie in quanto offre soluzioni per l’agricoltura di precisione, per l’industria idroelettrica e la gestione delle risorse idriche, per la localizzazione delle perdite d’acqua nelle reti comunali, per il monitoraggio del rischio idrogeologico e per la ricerca scientifica e metereologica che necessiti di conoscenze e sviluppi nel settore. Dal punto di vista più generale si sottolinea che l’università patavina si presenta come una realtà che collabora e dialoga con i soggetti che intendono fare impresa in quanto mette a disposizione dei futuri imprenditori il know how e le conoscenze del “Settore trasferimento di tecnologia” per poter ben iniziare nel mondo imprenditoriale. Inoltre gli imprenditori innovativi possono godere anche delle competenze fornite dall’incubatore universitario d’impresa chiamato “Start Cube”.

Alla luce della rapida carrellata di poche e sicuramente non esaustive innovazioni nascenti dalla ricerca presso gli atenei italiani, si osserva che di fatto gli spin off universitari sono uno strumento che premia e incentiva tutti i soggetti che vi partecipano: le università che aumentano il proprio prestigio ma anche le proprie risorse attraverso la pubblicazione degli studi e la vendita dei brevetti sviluppati nei centri di ricerca, i professori che possono diventare imprenditori, gli studenti che potrebbero già cogliere delle opportunità lavorative dopo la laurea. Inoltre queste realtà consentono di recuperare credibilità e fiducia nell’innovazione e di incentivare attività produttive di elevato spessore tecnologico sul territorio nazionale che per decenni ha sofferto di una lenta ma costante perdita di competitività industriale e di un allontanamento della forza lavorativa giovane, intelligente, capace di creare futuro e speranza.

 

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20 Dicembre 2024

GLI SPIN OFF UNIVERSITARI UN NUOVO MODO DI FARE IMPRESA di Alessandra Di Giovambattista

GLI SPIN OFF UNIVERSITARI UN NUOVO MODO DI FARE IMPRESA

di Alessandra Di Giovambattista

19-12-2024

Il termine spin off, di chiara origine anglosassone, può essere tradotto nella nostra lingua in derivato o derivativo, cioè un qualcosa che nasce da un’entità originaria e se ne distacca; ed in effetti in ambito economico-finanziario la traduzione descrive bene la situazione sottostante allo spin off la cui sostanza ci avvicina alla scissione o scorporazione di ramo o settore aziendale. Infatti quando un’organizzazione, una sezione, un ramo d’azienda si separa dall’azienda madre, si crea un realtà nuova, autonoma ed indipendente capace di camminare da sola ed avere prospettive di successo, pur potendo mantenere un legame ed una connessione con la società originaria non solo dal punto di vista produttivo ma anche dal punto di vista della proprietà, attraverso le partecipazioni azionarie. Da quanto detto appare superfluo sottolineare che questa operazione straordinaria di riorganizzazione aziendale richiede attenta valutazione e pianificazione al fine di permettere alla neo struttura di poter operare con economicità, quindi con efficienza ed efficacia, per presentarsi solida sul mercato ed essere competitiva rispetto alle altre realtà presenti nel settore di attività. La scissione può essere regolata in diversi modi: o attraverso la distribuzione ai precedenti azionisti di azioni dell’azienda di nuova costituzione, in modo da diversificare il loro investimento ed ampliare le possibilità di guadagno, oppure mediante la vendita delle azioni della nuova impresa, oppure attraverso la vendita ad un acquirente esterno all’azienda stessa.

Le motivazioni che inducono ad una tale operazione straordinaria sono diverse e si va dall’ottimizzazione delle risorse utilizzate alla creazione di maggior valore a favore degli azionisti, dal desiderio di volersi concentrare in uno specifico settore al voler penetrare un mercato estero con beni e/o servizi innovativi. È tuttavia indubbio che gli obiettivi cardine riguardino la volontà di aumentare il valore delle quote di proprietà degli azionisti, nonché la diversificazione del portafoglio posseduto, attraverso la creazione di un’azienda che svolga attività specifica con un elevato potenziale di crescita e di remunerazione rispetto all’azienda madre; in tal modo attraverso un’unica operazione si dà più respiro e possibilità di sviluppo ad un’azienda nuova, mentre alla casa madre si dà l’opportunità di concentrarsi di più sulle attività originarie, diminuendo la propria esposizione debitoria e recuperando in termini di economicità aziendale. Questo lo si può meglio comprendere con un esempio che può calzare bene per le aziende farmaceutiche (in tale settore diversi sono stati i casi di spin off, tra tutti ricordiamo la separazione di Sandoz da Novartis o di Opella da Sanofi) in cui il settore è assoggettato a forte e costosa innovazione tecnologica e scientifica e dove un processo di scissione conferisce alla nuova entità maggiore flessibilità e focalizzazione rispetto alle soluzioni e ai prodotti fortemente innovativi presenti nel settore farmaceutico e derivanti da attività di ricerca e sviluppo i cui costi sono notevoli e dove si registrano pressioni anche da parte dei rappresentanti politici e delle potenti lobby farmaceutiche.

Tuttavia le operazioni di spin off possono anche essere rischiose; in particolare sempre guardando dal lato dei soggetti finanziatori la scissione potrebbe comportare una diminuzione del valore delle azioni dell’azienda madre, che potrebbe non riuscire a garantire gli stessi risultati registrati prima della separazione - potrebbero ad esempio venire a mancare delle sinergie - oppure la nuova azienda nata dalla scorporazione potrebbe non raggiungere gli obiettivi prefissati. In ambedue i casi il valore complessivo della proprietà aziendale in mano agli azionisti diminuirebbe.

Con riferimento invece alla tipologia di soggetti che intendono effettuare un’operazione di scissione si possono individuare gli spin off aziendali (riguardanti propriamente le aziende pubbliche o private) e gli spin offaccademici (così definiti se fra i soci della nuova realtà produttiva partecipa un ente universitario anche conferendo beni in natura), o anche universitari (così individuati qualora l’università non parteci in qualità di socio all’interno della proprietà). Nel caso delle scissioni aziendali sono coinvolte realtà imprenditoriali, pubbliche o private, mentre nelle operazioni di scorporo accademico o universitario le nuove iniziative produttive nascono negli atenei e negli istituti di ricerca in essi presenti. In tale ultimo caso si creano aziende che provengono dagli studi e dalle conoscenze prodotte nel mondo universitario ed i cui fini sono quelli di valorizzare i ricercatori stessi ed i risultati delle loro analisi, dare delle possibilità ai giovani di inserirsi nel mondo del lavoro e perfezionarsi nella formazione, favorire i contatti tra il mondo della ricerca e della didattica ed il mondo produttivo per sostenere e potenziare i settori che si basano sullo sviluppo e l’innovazione. Il capitale degli spin off universitari è costituito essenzialmente da professori e ricercatori (capitale umano e professionale), dai contributi conferiti da personale tecnico-amministrativo degli atenei, dai collaboratori e anche dagli studenti che intendono parteciparvi e non ultimo dai finanziamenti che l’Unione Europea mette a disposizione attraverso programmi e bandi dedicati. Pertanto i nuovi prodotti e servizi che possono nascere dai risultati della ricerca all’interno del mondo accademico provengono da lavori collettivi svolti da professori, ricercatori universitari, dottorandi di ricerca e titolari di assegni di ricerca.

Possono poi acquisire la caratteristica di spin off anche le società definibili come start up innovative presentandone le caratteristiche e solo qualora prevedano che possano far parte della compagine sociale anche i professori, i ricercatori universitari o l’università stessa. In ogni caso le relazioni istituzionali e commerciali tra le Università e le imprese nate da spin off sono regolate da apposite convenzioni che disciplinano l’uso di eventuali spazi ed attrezzature, la richiesta di collaborazione del personale universitario, il trasferimento di rischi e le modalità per fronteggiarli attraverso la sottoscrizione di apposite clausole o assicurazioni, il diritto di utilizzo o di trasferimento di tecnologie, ed eventuali compensi per il supporto di personale e l’uso di beni universitari. Naturalmente tutto questo nel rispetto della trasparenza e dei diritti di natura commerciale (come il diritto all’uso delle opere dell’ingegno, dei brevetti, degli spazi), escludendo conflitti di interesse o posizioni di vantaggio, dirette o indirette, di alcuni soci rispetto agli altri.

Negli ultimi anni si è assistito ad un sempre crescente livello di innovazione e ricerca che ha portato all’aumento delle invenzioni, specialmente in ambito tecnologico, provenienti dagli studi scientifici prodotti nelle università che hanno poi trovato sbocco direttamente sul mercato produttivo. Pertanto lo spin off universitario si presenta come un prodotto della ricerca scientifica accademica che compie un passo verso il mercato, creando impresa sotto una forma giuridica indipendente dall’ateneo. Tuttavia è stato il decreto legislativo n. 297 del 1999 a definire i soggetti, le modalità, gli strumenti, e le tipologie di attività che possono essere finanziate con la finalità di sostenere l’utilizzo in ambito industriale di ricerche e studi accademici condotti da professori e ricercatori universitari, da dottorandi, e da soggetti beneficiari di assegni per la ricerca. È così che ogni università ha potuto dotarsi di appositi regolamenti atti a disciplinare i rapporti di natura soggettiva o oggettiva che possono instaurarsi tra enti universitari e gruppi di studiosi, incentivando così la creazione di aziende spin off che si staccano dalla casa madre ma che comunque mantengono una stretta collaborazione con il mondo accademico. Al decreto legislativo che ha creato una cornice di norme a supporto degli spin off universitari si sono aggiunti dei provvedimenti applicativi quali il decreto del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca n. 593 del 2000 che provvede a rendere operative le modalità di concessione delle agevolazioni finanziarie previste per queste tipologie di operazioni straordinarie; lo strumento scelto dal legislatore è stata l’emanazione di un testo unico che ha riunito tutte le disposizioni già esistenti (legge n. 46 del 1982, legge n. 488 del 1992, legge n. 488 del 1992, legge n. 346 del 1988, legge n. 196 del 1997, legge n. 449 del 1997) in tema di agevolazioni dirette alle imprese che investono in ricerca e sviluppo. E’ poi seguita la legge n. 240 del 2010, in materia di organizzazione delle università, del personale accademico e del suo reclutamento e contiene al suo interno anche la delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario, ed il decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 168 del 2011 che definisce i modi attraverso i quali i professori universitari ed i ricercatori possono assumere responsabilità nell’ambito di società che hanno le caratteristiche di spin off o start up.

Dal punto di vista operativo occorre prima di tutto costruire un piano previsionale di lavoro (c.d. business plan) che definisca obiettivi, modalità, investimenti, finanziamenti, mercato, personale, in pratica è uno strumento che illustra l’attività imprenditoriale che si intende intraprendere. Il Consiglio di amministrazione dell’ateneo porrà all’esame il piano preventivo che dovrà essere autorizzato dal Senato accademico; l’analisi del progetto pone particolare attenzione all’assunzione ed alla limitazione del rischio di impresa da parte dell’università mediante l’apposizione di specifiche clausole. Una clausola generale è quella che pone un vincolo alla partecipazione al capitale da parte dell’Ateneo che non può essere superiore al 10% - peraltro il capitale non è rappresentato quasi mai dal denaro, bensì dal conferimento di beni in natura, quali locali, attrezzature, conoscenze - che però può essere derogato qualora il progetto si presenti particolarmente proficuo e conveniente; in più l’ente universitario delibera anche in merito alla distribuzione di eventuali perdite derivanti dal rischio imprenditoriale tutelandosi sia nel caso di riduzione del capitale sia nel caso di liquidazione dell’azienda. A maggior tutela le università mantengono anche parte della proprietà delle conoscenze acquisite (know how) e dispongono di un diritto di prelazione e di gradimento nei casi di trasferimento della partecipazione ad altri soci; in tal modo l’ateneo rimane agganciato alle attività di ricerca ed innovazione garantendosi un posto di preferenza rispetto a soggetti terzi. Infine un aspetto interessante, ma se vogliamo anche logico, riguarda l’obbligo che le attività svolte dagli spin offuniversitari non siano in conflitto di interessi con l’ateneo che partecipa al capitale; è in tal caso che i rappresentanti universitari si appelleranno al diritto di veto in tutte le delibere che presenteranno aspetti rischiosi o problematiche di sovrapposizione o di sostituzione di interessi pubblici con quelli di altri soggetti privati.

Queste nuove vivaci realtà produttive che coniugano ricerca universitaria e mercato si sono sviluppate di fatto a partire dall’inizio del secolo XXI, nonostante le prime normative possano ricondursi all’inizio del 1980; pertanto si è assistito ad un ritardo applicativo di circa 20 anni, con conseguente perdita di finanziamenti messi a disposizione dall’Europa e dispendio di energie ed opportunità lavorative. Pertanto una riflessione è necessaria: perché è stata sottovalutata per tanto tempo questa opportunità? Una prima ragione sembra ritrovarsi nel timore da parte degli atenei che queste iniziative produttive di tipo privatistico avrebbero potuto distrarre il personale docente e scientifico dai propri incarichi istituzionali trascurando così la didattica. Tuttavia solo all’inizio del nuovo millennio si è vista la svolta di impostazione, soprattutto culturale: le idee innovative create in ambito accademico possono competere sul mercato ed anzi esserne fattore trainante producendo risultati positivi per la collettività tutta, a partire dai giovani studiosi e ricercatori che, se ben incentivati, potrebbero decidere di rimanere nel nostro Paese arginando il fenomeno, ormai drammatico, della c.d. fuga dei cervelli!

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19 Dicembre 2024

LE SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI di Alessandra Di Giovambattista

LE SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI

di Alessandra Di Giovambattista

 23-12-2024

Il panorama delle forme giuridiche attraverso le quali può oggi esercitarsi una professione protetta (svolta da medici, architetti, ingegneri, commercialisti, avvocati, biologi, ecc), che implica cioè l’iscrizione presso albi professionali e che si basa sulle capacità individuali e personali dei soggetti che esercitano l’attività (c.d. “intuitu pernsonae”), prevede la possibilità di costituire società, oltre che di persone, anche di capitali, nella forma delle società a responsabilità limitata (Srl), società per azioni (Spa) e società in accomandita per azioni (Sapa). Ma non è stato sempre così; anzi in Italia è stata molto forte la resistenza verso queste forme di organizzazioni tra professionisti. L’avversione verso queste modalità di esercizio dell’attività professionale, sfociata nel totale divieto di costituzione di aggregazioni societarie, risale alla legge del Regno d’Italia del 23 novembre 1939, n. 1815; in essa era chiaro il vincolo che si fondava sulla presunta incapacità di coordinare le regole del diritto societario con l’attività professionale del prestatore d’opera. Questo in particolare si evidenziava nello stridore della costituzione delle società per azioni considerate del tutto inconciliabili con i profili di responsabilità personale riconducibili all’esecuzione delle prestazioni professionali. Tuttavia nel 1976, da parte della Corte Costituzionale, cominciarono ad emergere le prime tesi circa la possibilità del riconoscimento della costituzione di società per l’esercizio di attività professionali. Si andava quindi rafforzando la convinzione che nuove forme organizzative delle professioni avrebbero potuto apportare vantaggi competitivi sia organizzativi sia finanziari, ma soprattutto avrebbero potuto consentire di sviluppare sinergie tra professionisti. Ma l’impulso definitivo venne dalla lettera della Banca centrale europea del 5 agosto del 2011 che richiedeva con maggiore insistenza una complessiva e radicale riforma in Italia di diversi settori, sia pubblici sia privati, tra i quali contemplava anche quello dei servizi professionali.

È così che, con l’articolo 10 della legge n. 183 del 12 novembre 2011, si arrivò ad eliminare il divieto dell’esercizio delle professioni attraverso le forme societarie e a consentirne la costituzione mediante una delle forme commerciali previste dal vigente codice civile. Lasciò tuttavia sorpresi il fatto che tale normativa fosse introdotta mediante un emendamento alla legge di stabilità per il 2012 (quindi facendo immaginare un provvedimento di urgenza ed approssimativo il cui obiettivo sembrava essere solo l’eliminazione del divieto contenuto nella legge del 1939), senza quindi costruire una regolamentazione omogenea e complessiva capace di gettare i presupposti per la creazione di forme nuove di aggregazione societaria appositamente costituite per le attività professionali, ed ignorando problematiche di natura fiscale e previdenziale di importanza nevralgica circa l’analisi della scelta di convenienza di tali forme organizzative (ad esempio non è indifferente sapere se il reddito prodotto ha natura di reddito d’impresa o piuttosto di lavoro autonomo). Così l’articolo 10 della legge n. 183 del 2011 fu immediatamente modificato dall’articolo 9-bis del decreto legge n. 1 del 24 gennaio 2012 che disciplinò le società tra professionisti prevedendone la costituzione secondo una delle forme già esistenti, ma per l’operatività delle disposizioni rimandò ad un regolamento congiunto del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico che fu emanato l’8 febbraio 2013, con il n. 34 ed entrò in vigore il 22 aprile 2013. Quest’ultimo, tuttavia, andandosi ad inserire in un contesto di normativa non esaustiva e abbastanza approssimativa, lasciò irrisolte alcune questioni applicative e incrementò diversi dubbi che non permisero un immediato decollo delle novità legislative; a mero titolo di esempio si può ricordare la problematica relativa alla responsabilità limitata del socio di società di capitali e quella illimitata del professionista, la natura dell’utile conseguito, l’iscrizione nei registri degli ordini.

Ad oggi le tipologie di società che possono costituirsi sono le società di persone nella forma delle società in nome collettivo (snc) e le società in accomandita semplice (sas), le società di capitali, come la società a responsabilità limitata (srl) e la società per azioni (spa) e le società cooperative. Le vigenti norme prevedono che almeno i due terzi dei soci debbano essere professionisti iscritti agli albi di riferimento mentre il restante terzo può essere composto da soci che conferiscono capitale (i c.d. soci finanziatori) o soggetti che apportano il proprio lavoro ma non hanno un albo di riferimento a cui iscriversi. E’ necessario che il socio che entra a far parte della società tra professionisti sia in possesso dei requisiti di onorabilità, non abbia riportato condanne definitive per reati dolosi o colposi e non sia stato cancellato da un albo professionale per motivi disciplinari. L’atto costitutivo deve contenere l’oggetto sociale che deve descrivere la tipologia di attività che la società intende svolgere; infatti è possibile creare società mono disciplinari, in cui viene svolta una sola attività professionale come ad esempio una società tra architetti o avvocati, oppure multi disciplinare, nel caso in cui vengano svolte più attività professionali, come nel caso di società tra avvocati e commercialisti, o medici e biologi. Nell’atto costitutivo dovranno essere ben individuati i soci ed inoltre dovrà essere indicato e ben dettagliato l’esercizio esclusivo dell’attività esercitata da ogni singolo socio professionista in quanto vige il divieto di partecipare a più società per evitare il conflitto di interessi. Dopo la costituzione della società tra professionisti è d’obbligo l’iscrizione presso una sezione speciale del registro delle imprese tenuto presso le camere di commercio, nonché l’iscrizione presso l’albo o gli albi professionali a cui i singoli soci professionisti appartengono. È inoltre obbligatoria la sottoscrizione di polizze assicurative per la copertura dei danni provocati dall’attività svolta dai professionisti nei confronti dei propri clienti.

Per quanto riguarda le problematiche di natura fiscale occorre sottolineare che la norma istitutiva delle società tra professionisti non aveva indicato in modo chiaro ed esaustivo né la natura del reddito prodotto dalle società, né il trattamento fiscale dei compensi percepiti dai soci. All’inizio, in mancanza di una qualificazione fiscale normativa chiara e precisa, la ricostruzione per analogia portò a risultati tra loro contrapposti sia nel caso in cui si fosse scelto di privilegiare il soggetto che produceva il reddito (la società per l’appunto) sia qualora l’attenzione fosse stata posta sul presupposto oggettivo, ossia la natura dell’attività svolta (quindi l’attività professionale). Si registrava una forte differenza tra la natura commerciale dell’attività svolta da una delle società costituite secondo la vigente normativa - per cui il reddito prodotto da tali soggetti era riconducibile al redito d’impresa - e la natura essenzialmente professionale svolta dai singoli soci per cui il reddito era riconducibile alla categoria del reddito di lavoro autonomo. Si dovette attendere in realtà la modifica apportata con la legge n. 124 del 4 agosto 2017 in cui, consentendo l’esercizio della professione in forma societaria a società di persone, di capitali, o cooperative, acquisiva prevalente rilevanza la veste giuridica assunta dal soggetto società, invece dell’effettiva attività professionale svolta, con ciò indicando chiaramente che il reddito prodotto, almeno per le società di capitali e le cooperative, era da incardinarsi nella categoria dei redditi di impresa (chiarificatrice in questo senso è la risoluzione del 7 maggio 2018, n. 35/E dell’Agenzia delle entrate). Tuttavia a dirimere ogni ulteriore dubbio ed incertezza interpretativa intervennero due risposte ad interpelli (la risposta del 12 dicembre 2018, n. 107 e quella del 27 dicembre 2018, n. 12871) in cui l’Agenzia delle entrate sottolineò che le società tra professionisti costituite nella forma di società commerciali producono reddito qualificato come reddito d’impresa.

Oggi, con il decreto legislativo n. 192 del 13 dicembre 2024, attuativo della delega fiscale approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 aprile 2024, si riapre la questione con la finalità di porre ancora più ordine alla disciplina esistente. In particolare le nuove disposizioni regolamentano le questioni che erano ancora irrisolte circa le eventuali forme di riorganizzazione (ad esempio passaggio da una associazione tra professionisti ad una società di capitale) o di aggregazione (è il caso delle fusioni o conferimenti di società tra professionisti) prevedendone la neutralità fiscale. Si sottolinea che sarebbe auspicabile che le nuove norme siano applicate con trasparenza e semplicità per garantire l’effettiva neutralità fiscale in tutti i casi di operazioni straordinarie, siano esse operate da società tra professionisti, siano esse operate da società di natura commerciale svolgenti attività professionale (casi presenti oggi, per esempio, per le società tra ingegneri ed odontoiatri).

A conclusione si vuol sottolineare che l’opportunità di creare società tra professionisti, mossa da uno spirito di miglioramento e di agevolazione del lavoro collettivo ed in sinergia tra professionisti per aumentare l’efficienza dell’attività ed ampliare i servizi offerti ai clienti, abbia di fatto incontrato molti ostacoli. Si noti che dal lontano 2011 le società tra professionisti hanno avuto serie difficoltà circa l’effettiva possibilità di operare; ed infatti in uno studio condotto sulle aggregazioni professionali dei commercialisti (rapporto 2021 pubblicato dall’Albo nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili anni 2020-2022 pubblicato nel novembre 2023) risulta che le forme societarie esistenti sono di ridotte dimensioni e sono numericamente poche anche se in realtà producono maggior reddito e migliori risultati. Dalla breve disamina dell’iter di regolamentazione delle società tra professionisti risulta che la poca chiarezza della normativa iniziale, ma anche di quella successiva, ha di fatto compromesso la possibilità che tali nuove forme di aggregazione prendessero vita in tempi rapidi; questo spesso significa legare al palo attività che invece potrebbero esprimere, specialmente attraverso i giovani professionisti, potenziali elevati di efficienza ed efficacia professionale sia a livello nazionale sia internazionale. Non ultimo queste forme societarie aiutano anche il passaggio generazionale con il prezioso trasferimento delle conoscenze e delle esperienze dei professionisti più maturi a favore di quelli più giovani che possono apportare nuove idee e applicazioni soprattutto con l’utilizzo di supporti informatici.

Sarebbe quindi auspicabile, da una parte, l’effettiva rimozione di tutti gli impedimenti finora visti e, dall’altra, la ricerca e la creazione di strumenti di incentivazione e di promozione all’aggregazione che amplino concretamente le possibilità di crescita dei professionisti e contribuiscano anche a far emergere materia imponibile attraverso una fiscalità equa e chiara ed un’applicazione della normativa tributaria semplice ed immediata.

 

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23 Dicembre 2024

GIUBILEO 2025 ANNO SANTO DELLA SPERANZA di Alessandra Di Giovambattista

GIUBILEO 2025 ANNO SANTO DELLA SPERANZA.         di Alessandra Di Giovambattista

 

27-12-2024

 

All’inizio di questo anno giubilare, che ha visto l’apertura della prima porta Santa a San Pietro il 24 dicembre 2024, ripercorriamone rapidamente la storia: il primo anno Santo della cristianità fu indetto il 22 febbraio del 1300 da Papa Bonifacio VIII; tuttavia la tradizione del Giubileo era stata ereditata dal mondo ebraico che prevedeva ogni 50 anni, un anno di misericordia. Secondo la Bibbia, in quell’anno speciale, venivano condonati i debiti, si poneva a riposo la terra e si liberavano gli schiavi. Il nome giubileo deriva dal termine ebraico “iobel”, così come richiamato nei testi biblici, ed indica il corno di ariete che veniva usato come tromba sia in caso di guerra, sia per usi liturgici. Tuttavia il termine giubileo, così come lo si usa oggi, sembra doversi ricondurre ad una traduzione fatta da San Girolamo che utilizza la forte assonanza del termine ebraico “iobel” con il termine latino “jubilo”, cioè giubilo, felicità.

Così se l’anno giubilare nel mondo ebraico ritrovava il suo senso nel volere porre a riposo le terre, per renderle più fertili, e nel tentare di ridurre le differenze tra ricchi e poveri, attraverso il condono dei debiti e la liberazione degli schiavi, nel mondo cristiano il primo Giubileo indetto nel 1300 aveva come obiettivo quello di rendere centrale per il cristianesimo la città di Roma, considerata la nuova Gerusalemme dopo la caduta di San Giovanni D’Acri. In particolare questa città era un importante centro commerciale ed avamposto dei cristiani in Terra Santa. La citta di San Giovanni cadde il 28 maggio 1291 nelle mani dei musulmani che posero definitivamente fine alla presenza dei cristiani in quelle zone e consolidarono il loro controllo sui territori della Palestina. Con l’indizione del giubileo il popolo cristiano poteva lucrare le indulgenze grazie alla remissione dei peccati; tra gli illustri personaggi dell’epoca incontriamo Giotto, Cimabue, Dante Alighieri, tutti desiderosi di perdono.

Il Papa Bonifacio VIII aveva stabilito che il giubileo si dovesse celebrare ogni 100 anni, tuttavia il popolo sentiva la necessità di purificazione e così chiese al successivo Papa Clemente VI di prevedere l’anno giubilare ogni 50 anni; così nel 1350 fu indetto il secondo anno Santo ed in quell’occasione come meta di pellegrinaggio, ai fini dell’ottenimento delle indulgenze, fu inserita anche la Basilica di San Giovanni in aggiunta a quelle di San Pietro e di San Paolo fuori le mura. Il terzo anno santo fu proclamato da Urbano VI nel 1390; fu lui a diminuire la ricorrenza temporale e a portarla ad un intervallo di 33 anni, in ricordo della vita terrena di Gesù. Ed in quel terzo anno giubilare fu introdotta anche la basilica di Santa Maria Maggiore come meta di pellegrinaggio per ottenere la remissione degli errori commessi. Tuttavia i pellegrini erano tanti e richiedevano la misericordia del perdono dei peccati così il pontefice Bonifacio IX indisse l’anno santo nel 1400 (dopo soli 10 anni dal terzo giubileo del 1390). Poi si ebbero due anni santi a distanza di 25 anni l’uno dall’altro fino ad arrivare a Paolo II che nel 1470 stabilì definitivamente la cadenza dell’anno giubilare ogni 25 anni. Così si proseguì nel tempo tuttavia nel 1800, sotto il dominio napoleonico, fu impedito al Papa di indire l’anno santo; si aspettò così il 1825 che vide però la sostituzione della basilica di San Paolo fuori le mura con la Basilica di Santa Maria in Trastevere, a causa di un incendio che l’aveva distrutta. Anche nel 1850 non fu indetto l’anno santo a causa dell’esilio di Pio IX il quale però riuscì ad indirlo 25 anni più tardi, nel 1875 però non poté aprire le porte Sante a causa del governo del Regno sabaudo.

Da specificare che oltre agli anni Santi ordinari è possibile indire anche Giubilei straordinari e tale prassi risale al XVI secolo. In particolare, volendone ricordare uno degli ultimi indetti dall’attuale Papa Francesco, si rammenta quello del 2015: un Giubileo straordinario con al centro il tema della Misericordia. In quell’occasione il Papa ha pensato di trasformare la pratica spirituale della preghiera in una sorta di medicinale chiamato la “Misericordina” composto dalla corona del rosario e da una immagine di Gesù misericordioso. La sfida è stata quella di provare a rinvigorire l’anima attraverso la pratica della preghiera, rafforzati dalla certezza di un Dio pronto sempre al perdono di fronte ad un cuore contrito e ad un’anima alla ricerca della remissione dei peccati per godere della gioia piena e della serenità interiore.

Volendo approfondire il significato del Giubileo si evidenzia che la pietà cristiana prevede il perdono delle colpe da parte di Dio e l’ottenimento dell’indulgenza plenaria da concedere a coloro che con devozione, e seguendo la prassi della chiesa, la chiedano. Quindi nella vita di un cristiano l’anno Santo rappresenta una grande opportunità per approfondire il proprio credo e testimoniare con nuovo impegno le ragioni della propria fede. Ma non solo, sicuramente il messaggio più potente è rappresentato dalla certezza che Dio è Padre ed è sempre pronto al perdono, a patto che noi siamo sinceramente pentiti e fermi nel proposito di contrastare gli istinti che ci inducono al peccato, anche se è molto facile ricadere nell’errore. Ma qui subentra la sicurezza che Dio è sempre pronto alla misericordia, come ci ricordano i brani evangelici sul perdono: “settanta volte sette”.

Nell’anno 2025, in occasione del Giubileo della speranza, si apriranno le porte Sante in momenti diversi; San Pietro aprirà la Porta Santa il 24 dicembre di quest’anno 2024, la basilica di San Giovanni aprirà la Porta Santa il 29 dicembre 2024, mentre la porta santa di Santa Maria maggiore sarà aperta il 1 gennaio 2025 in occasione della solennità di Maria Santissima madre di Dio, mentre il 5 gennaio sarà aperta la porta della basilica di San Paolo fuori le mura.

Così nell’insegnamento complessivo dell’attuale Papa Francesco ritroviamo che l’anno Santo ordinario del 2025 (che terminerà il 6 gennaio del 2026), che pone l’attenzione sulla speranza, potrebbe essere considerato come la prosecuzione spirituale del giubileo straordinario della misericordia del 2015. Ed infatti nel nostro modo di essere cristiani a fronte del pentimento dobbiamo sentirci sicuri del perdono e consapevoli che Dio è misericordioso; solo così matureremo un sentimento di “speranza certa” in una vita che va oltre quella terrena che si guadagna con un percorso di rinnovamento spirituale attraverso la preghiera e la riconciliazione, che altro non è che richiedere la misericordia di Dio per la remissione dei peccati. E in questo giubileo il gesto più simbolico è rappresentato dall’apertura della porta Santa nel carcere di Rebibbia per ricordare, ad ognuno di noi, che il raggio di luce della speranza brilla anche negli ambienti che sembrano i più oscuri ed i più lontani da un percorso di redenzione.

Ma la speranza ripone le sue basi anche sulla solidarietà e sul rispetto della giustizia sociale. La solidarietà significa farsi prossimo per i fratelli e sapersi mettere nei panni degli altri; solo così sapremo comprendere le reali situazioni sottostanti a comportamenti che se da un lato risultano violenti ed ingiusti, dall’altro potrebbero essere frutto di circostanze sociali di complessa soluzione che richiedono attenzione e condivisione. Ma condivisione di cosa? A questa domanda una prima risposta forse si può trovare nella condivisione del dolore; ed infatti nelle persone che cercano solidarietà e comprensione c’è spesso l’incapacità di dare una risposta al proprio dolore; purtroppo senza la fede e senza la convinzione che nulla verrà perduto nella vita ultraterrena di quanto vissuto nella vita contingente, il dolore diviene una fonte di disperazione. Diventa ingestibile e la reazione spesso è la rabbia, la violenza verso sé stessi e gli altri, la disperazione che porta all’auto distruzione attraverso ogni forma di vizio dalla droga, all’alcool, dalla prostituzione, alle attività illegali.

A queste situazioni di disagio, simbolo di incapacità di auto controllo ed espressione di disumana disperazione, occorre porre un freno che è dato appunto dalla condivisione, dall’apertura verso l’altro e il Giubileo della speranza si pone l’obiettivo di aprire le porte verso la comprensione, il perdono e la riconciliazione, così come hanno fatto spesso i martiri della cristianità. Ognuno di noi è però chiamato a questa accoglienza, senza estremizzazioni, cercando di fare e di trovare il bene in ogni cosa che si compie nella quotidianità e dimostrando compassione per persone ferite dal dolore, offrendo aiuto nel mostrare la strada verso la ricerca del perdono, della serenità e della pace interiore, camminando insieme supportati dalla preghiera.

Il Giubileo 2025 avrà proprio questo compito: offrire riconciliazione per ridare speranza ai disperati. Ognuno dovrà fare la propria parte, se si vuol cogliere l’obiettivo di rendere più vivibile il pianeta, provando anche a far cessare le guerre, e ridare il giusto peso ai valori etici del rispetto e della fraterna accoglienza. Sono valori necessari per la sopravvivenza della specie umana, e se diamo spazio alla coscienza li sentiamo come un richiamo primordiale che, per chi crede, proviene dal dito di Dio, quel dito che creò l’uomo così ben rappresentato da Michelangelo nella Cappella Sistina. L’uomo disperato ha bisogno di perdonare sé stesso ma ha anche bisogno del perdono degli altri e nell’affannosa ricerca può essere condotto, con l’aiuto di ognuno, verso gli approdi della Misericordia Divina, sempre pronta ad accogliere e ad offrire salvezza, e della Chiesa, comunità di pellegrini oranti tutti in cammino verso l’eternità.

 

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27 Dicembre 2024

curriculum Emanuela Scarponi

Emanuela Scarponi nasce all'alba in una Roma innevata, a metà degli anni Sesssanta.

Durante la sua adolescenza compie i suoi primi viaggi, divenendo presto una vera cittadina europea. Approda poi ad Istambul ed a Ceuta, entrando in contatto con civiltà diverse dalla sua.

Inizia precocemente i suoi studi universitari, specializzandosi in letteratura africana, culminando nella redazione della tesi di laurea “Opera teatrale di Wole Soyinka”, scrittore neriano, Premio Nobel letteratura.

Membro dell'ISIAO, pubblica il suo primo articolo “Rassegna di letteratura africana" sulla rivista Africa.

Compie il suo primo viaggio intercontinentale e subito dopo raggiunge l'Africa, recandosi in Kenya, Tanzania, Zambia, Zimbabwe, Botzwana, SudAfrica, Swaziland, Namibia, Marocco, Tunisia, Egitto, e tocca altri continenti del mondo.

Di tutti i suoi viaggi ha conservato materiale fotografico e film.

Ad Angkor Wat in Cambogia s’innamora dell'arte della fotografia.

Insegnante di lingue straniere (inglese, francese e spagnolo) inizia la sua carriera; esperta di musica, lavora successivamente come assistente ai programmi presso la RAI, dove entra in contatto con il mondo della produzione documentaristica.

Diviene poi Stenografo parlamentare presso il Senato della Repubblica e si specializza nell'arte della scrittura, imparando a trasferire tramite la parola le emozioni che prova durante i suoi viaggi.

Nel corso del master in africanistica conseguito presso l'Isiao, pubblica il suo primo libro "La Namibia e i suoi popoli", presenta la mostra multimediale organizzata presso l'Isiao, con fotografie su tela, i documentari Namibia, Khoisan e atti delle varie conferenze che hanno avuto luogo presso il Ministero degli affari esteri.

Le foto scattate nel corso dei suoi viaggi in Namibia le permettono negli anni successivi di partecipare al concorso di fotografia indetto da “Il tempo delle donne” e vincere il primo ed il secondo premio con le fotografie delle donne himba nel 2022 ed il primo premio Sguardo di donna di foto di viaggio con la foto: “Sogno del bambino himba” nel 2025.

Partecipa inoltre nel 2023 con la fotografia la Dea Kumari, la dea bambina del Nepal e nel 2024 con la fotografia scattata in Nubia dei Re Magi, in mostra presso la Basilica di San Pietro in vincoli, la Camera dei deputati ed il Comune di Roma.

Si sensibilizza negli anni alla politica e si autocostituisce in Organizzazione non governativa.

Si inaugura la sede della ong Africanpeople nell'autorevolissima sede del vecchio Istituto per l'Africa, oggi UNAR.

Apre Africanpeoplenews, la prima agenzia di stampa per l'Africa, che conta ormai 800.000 visitatori e che garantisce notizie da tutti i Paesi d'Africa 24 ore su 24 gratuitamente.

Diviene, dunque, editore dell’agenzia di stampa Africanpeople, che dà anche spazio a pubblicazioni scientifiche, studi, promuovendo e sviluppando attività concernenti l'Africa, con la collaborazione di numerosi specialisti del settore.

Si iscrive come giornalista all'Ordine dei giornalisti del Lazio Diviene direttore della rivista Silkstreetpress e della tv.dominicano.it.





Non credo che questa ultima parte serva



Dal 2016 ad oggi partecipa ai Festival dell’Oriente con la presentazione del suo libro “ Kathmandu, la valle incantata: sulle orme di Buddha”. dei documentari Vietnam, Laos e Cambogia, Malesia e Borneo.

Collaborazioni con il Senato,: presentazione del Console onorario di Namibia, Petter Johannesen; della rivista Silkstreetpress presso la Sala atti parlamentari della biblioteca Minerva del Senato con l'Associazione “La via della seta”, e presso l'Unar, in occasione del Festival della diplomazia; partecipazione al vertice Italia-africa 2023; organizzazione e partecipazione al Mandela day, con la Commissione diritti umani Senato. 

E' in corso la Rassegna di Paesi e Genti d'Africa, con la collaborazione delle ambasciate, degli istituti di cultura e studiosi d'Africa.

 

 

 

 

 

libri pubblicati

“La Namibia e i suoi popoli” di Emanuela Scarponi.

2009 Isiao

Namibia, the search for humanity's roots: traduzione e aggiornamento de “La Namibia e i suoi popoli, in lingua inglese. 28 dicembre 2016 APN publisher

Kathmandu: la valle incantata: da Varanasi a Kathmandu, sulle orme di Buddha

25 dicembre 2016 APN publisher

Raccolta di poesie di Emanuela Scarponi APN PUBLISHER

La marimba di Emanuela Scarponi APN PUBLISHER

Southern Africa, traduzione del libro “Africa australe” di Petter Johannesen.



Intervento di Emanuela Scarponi su “La negritude e Senghor“ in collaborazione con l'Università cattolica del Congo di Kinshasa RdC.

Relatrice in occasione di numerose Conferenze presso Sala Aldo Moro Ministero affari esteri, Sala Italia  Unar, sede del Parlamento europeo a Roma, Sala atti parlamentari della Biblioteca la Minerva del Senato, presso giornalisti Piueuropei.

 

 

 

 



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01 Gennaio 2025

new entries Rita Valenzuela e Federica Veglione

 new entries nella redazione Rita Valenzuela e Caterina Veglione

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30 Dicembre 2024

Concerto di musicisti Sud Coreani al Museo storico dei Granatieri di Sardegna a cura di Daniela Ghilardi

Concerto di musicisti Sud Coreani al Museo storico dei Granatieri di Sardegna

Il 30 dicembre 2024, alle ore 19, si terrà presso il Museo storico dei Granatieri di Sardegna, in Roma, il VCS Winter Concert, con la partecipazione dell’Angels Ensemble, nonché del VCS – Violin Cello Strings, orchestra giovanile della Pohang Arts High School, e del PSE - Pohang Solist Ensemble, gruppo musicale composto da artisti professionisti di Pohang organizzato con violino, viola, violoncello, contrabbasso, pianoforte e musica vocale, che si esibisce come un ensemble. Si tratta di un gruppo noto per il suo approccio dinamico e la varietà del repertorio, che spazia dalla musica classica a composizioni più moderne. Entrambi i gruppi musicali con sede a Pohang, città portuale situata sulla costa orientale della Corea del Sud, sono diretti dal Maestro Yena Lee, che si esibisce anche quale violinista. Tra gli artisti coreani vi sarà anche il soprano Hyeon Jin Ryu. L’accompagnamento al pianoforte sarà ad opera della pianista italiana Rebecca Lou Guerra. La collaborazione italo-coreana, che peraltro si colloca nel periodo del festeggiamento dei 140 anni delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, sarà ripresa con la esecuzione dei rispettivi inni nazionali. Sono parte del programma brani di autori classici come Bach, Beethoven e Strauss e di autori più recenti, come Satie, Grieg e Shostakovich, nonché Alone Arirang di Han Dol.

 

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30 Dicembre 2024

LUCCASAPIENS VENDE I NOSTRI LIBRI

https://www.luccasapiens.it/libri-autore/emanuela-scarponi.html

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30 Dicembre 2024

Altri articoli...

  1. Rebecca Lou Guerra in concerto di Daniela Ghilardi 28 dicembre alle ore 21 teatro tor di Nona di Roma,
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