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Premio d'arte

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27 Ottobre 2021

di Rita Valensuela

Il Tempo delle Donne
Ieri alle 17:25 ·
Il film dominicano partecipa al
XVI Festival Internazionale del Film di Roma
Il film dominicano “Un film sulle coppie”, diretto e scritto da Natalia Cabral e Oriol Estrada, è stato selezionato per concorrere alla Selezione Ufficiale del 16° Festival Internazionale del Film di Roma.
L'Ambasciatore della Repubblica Dominicana in Italia, Tony Raful, ha accompagnato i registi alla prima ufficiale, nella Sala Petrassi dell'Auditorium Parco della Musica di Roma. dove si sono incontrati esponenti dell'industria cinematografica italiana e internazionale.
Va notato che il film "Un film sulle coppie" ha recentemente vinto il Premio della critica francese e una menzione speciale per la performance alla 30a edizione del Festival di Biarritz.
La Repubblica Dominicana e il Messico sono gli unici paesi dell'America Latina
Nella fotografia: Ambasciatore Raful, Natalia Cabral e sua figlia,
Oriol Estrada, Louisa Auffant
rappresentati in questo Festival Internazionale, uno dei più importanti al mondo.

 

 

 

 

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21 Ottobre 2021

di RIta Valensuela

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21 Ottobre 2021

3 ottobre 2021 sala Italia Unar foto ed articolo di Rita Valensuela, corrispondente Apn della Repubblica domenicana

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04 Ottobre 2021

Nelson Mandela program

https://www.flipnews.org/component/k2/cuba.html di

Virgilio Violo 

 

Per il mese di Mandela la repubblica del Sud Africa ringrazia il popolo italiano per l'aiuto con un tour di concerti. (VIDEO)

Written by  Emanuela Scarponi

Roma, 9 maggio 2019 - Nel celebrare la storica amicizia e solidarietà tra Sudafrica, Cuba e Italia, le Ambasciate della Repubblica del Sudafrica e della Repubblica di Cuba e il Ministero degli Affari Esteri hanno tenuto una conferenza stampa presso l'Ambasciata di Cuba per lanciare ufficialmente il Progetto di Liberazione "Friendship and Solidarity Tour 2019"

Le relazioni storiche tra il Sudafrica e Cuba sono ben documentate e nel tempo sono cresciute sempre di più, soprattutto nei settori medico e culturale, estendosi ad altri settori importanti e a mutuo beneficio. Le forti e storiche relazioni tra Sudafrica e Cuba furono forgiate nella lotta comune contro l'apartheid e il colonialismo nel continente africano. La vittoria delle forze del Movimento popolare cubano per la liberazione dell'Angola (MPLA), che hanno combattuto fianco a fianco con le forze di liberazione contro le Forze di difesa sudafricane dell'apartheid nella battaglia di Cuito Cuanavale nel sud dell'AngolA nel 1988, ha aperto la strada all'indipendenza della Namibia.

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11 Maggio 2019

Johannesburg, città dimenticata

                                                                                                       


27-07-2021

                                                                        Johannesburg, città dimenticata

       Situata sull'altopiano del Witwatersrand, è la più grande città del Sudafrica e la terza di tutta l'Africa per numero di abitanti (circa cinque milioni).
Johannesburg, il cui sviluppo va fatto risalire alla fine dell'Ottocento, è oggi considerata il centro finanziario del Paese. Dopo la scoperta della formazione aurifera più ricca del mondo, diventò principale centro sudafricano; nel 1892 venne costruita la ferrovia da Johannesburg a Città del Capo e questo diede ulteriore impulso all'arrivo di stranieri nelle miniere.
       Arrivando nel centro di Johannesburg, di aspetto moderno e occidentale, ci scontriamo subito con le sue contraddizioni urbanistiche, frutto della sua storia molto complessa: grattacieli ultramoderni accanto a case poverissime, parchi favolosi che si alternano alle montagne di rifiuti estrattivi delle miniere d'oro; i pochi edifici di inizio secolo sono sovrastati da modernissime costruzione, rinnovate o ricostruite. Anche lo sviluppo urbanistico intorno al nucleo centrale, quello che ospita gli uffici direzionali ed amministrativi, porta i segni di due tappe storiche dello sviluppo: prima e dopo gli anni Cinquanta. Nella prima fase, infatti, nacquero gli eleganti quartieri residenziali dei bianchi come Houghton, Rosebank, Illovo, Parktown, Forrest Town e a nordest quelli più popolari come Hillbrow e Yeo ville. A ovest, invece, si concentrò la popolazione di colore. Gli anni successivi furono segnati da una razionale espansione urbanistica: al di là dei suburbs nacquero eleganti quartieri residenziali sul modello americano, come Sandton, Randburg, Bedfordview e Edenvaie, contraddistinti dalla funzionalità e dall'organizzazione degli spazi, con parcheggi e grandi shopping centre.
         Il centro resta il polmone finanziario del Paese e si sviluppa intorno alle vecchie strade di fine Ottocento quali Market Street, Rissik Street ed Eloff Street.
Ed è qui, nell'area centrale, che si trovano interessanti esempi di architettura moderna. Dal cinquantesimo piano del Carlton Centre, in Commissioner Street, ad esempio, si apre uno scorcio su importanti palazzi, grattacieli, uffici, fontane e, scivolando con lo sguardo verso ovest, possiamo ammirare l'atmosfera di Hollard Street, il cuore finanziario della città, una via pedonale abbellita da alberi e fontane, dove si trovava un tempo la vecchia Borsa, oggi in Diagonal Street.
       In fondo ad Eloff Street, presso la stazione ferroviaria costruita agli inizi del Novecento, fino a pochi anni fa la via dello shopping, c'è il Railway Museum, che ospita numerosissimi modellini di locomotive e raccoglie la storia delle ferrovie sudafricane. Uscendo dalla stazione, superata la cattedrale anglicana di St. Mary, costruita nel 1926 su progetto dell'architetto Herbert Baker, incontriamo il Joubert Park, il più centrale ed antico parco cittadino, al cui ingresso c'è la Johannesburg Art Gallery: l'edificio, di inizi Novecento, ospita collezioni di pittori dell'Ottocento e Novecento Inglesi, Francesi, Olandesi, fra cui Picasso e Van Gogh.
         Dal centro, spostandoci verso Nord Ovest, altri quattro teatri, due gallerie d'arte, ristoranti, negozi, cui si aggiunge, il sabato, il mercato delle pulci.
Tutt'intorno al centro, si sono sviluppati i quartieri residenziali, molto diversi l'uno dall'altro per atmosfera, architettura e popolazione. Come Brammfontein, con il suo Bensusan of photography, dove abbiamo trovato macchine fotografiche e foto di fine secolo sulla Johannesburg delle origini e sulla guerra angloboera; Parktown, uno dei quartieri residenziali più belli, con giardini e ville del primo Novecento, fra cui Stonehouse, la splendida villa di Herben Baker; Hillbrow, il quartiere popoloso e cosmopolita della J.G. Strjidom Tower, alta m. 269; Yeoville il mitico punto di incontro di artisti ed intellettuali, ideale per lo shopping di giorno. E poi Saxonwold: qui si trova il vasto Hermann Eckstein Park con il Geological Garden, dove gli animali, anziché essere rinchiusi in gabbia, vivono liberi in spazi circondati da fossati.

Emanuela Scarponi

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27 Luglio 2021

Dialoghi mediterranei in transizione



14-07-2021


                                                           Dialoghi mediterranei in transizione

        La mia generazione è figlia dell'Europa. Quindi, con grande rammarico e tristezza bisogna pur ammettere che l'Europa con l'introduzione dell'euro ha determinato grossi problemi economici nei Paesi del Sud Europa, economicamente meno ricchi di quelli del Nord. La moneta è divenuta la priorità assoluta dell'Europa, rispetto al valore di “casa comune europea” a cui i nostri Padri costituenti si sono ispirati.
Si sente dire spesso che l'Europa è comandata dalle banche, che hanno preso la supremazia su tutto il resto. Questo è il problema. Questo cosa ci porta a fare?
Sempre più partiti politici mettono in dubbio l'opportunità di restare in Europa. A mio parere, è importante restare nell'Unione europea, come dimostra l'ultimo anno che abbiamo trascorso, con la lotta al covid. Sarebbe stata una tragedia colossale per l'Italia lottare da soli contro questo nemico invisibile che ha colpito l'umanità intera su scala globale. Non è più tempo di ragionare al singolare. La globalizzazione ha portato ad inquadrare i problemi nuovi in modo nuovo.
        E come sempre accade, di fronte ai problemi colossali, il bisogno di unità risorge. Persino la Gran Bretagna continua a collaborare con l'Europa, malgrado l'esito del referendum in materia.
Preso atto che l'Europa comunque vive una forte crisi, sarebbe auspicabile aprire una finestra al Sud in modo da creare nuovi rapporti con i Paesi africani, sviluppando quella politica di cooperazione allo sviluppo iniziata anni addietro.
L’Africa è un continente giovane e pieno di opportunità, da cui l’Italia potrebbe anche guadagnare. Anche se presenta tante fragilità e contraddizioni, infatti, non possiamo continuare a vedere l'Africa con la lente offuscata dagli stereotipi del passato. Occorre un’azione più incisiva rispetto al passato per cogliere i frutti di questa nuova fase di crescita. I Paesi africani devono essere al centro dell’attenzione della diplomazia italiana e delle aziende italiane anche per il sostegno al rilancio dell’economia nazionale e all’internazionalizzazione delle imprese. L’Italia, solo così, potrà così svolgere un ruolo da protagonista tra Europa ed Africa.
       Se è radicalmente cambiata l’Africa, deve perciò radicalmente cambiare anche l’approccio dell’Italia all’Africa.
Mentre nel 1986 si parlava di Africanistica come di una materia astratta, scientifica, d'interesse di nicchia, tematica solo ed esclusiva dei più grandi studiosi accademici italiani, oggi è una necessità. Che cosa è successo? La crisi economica occidentale in atto e del capitalismo in genere, ormai da lungo tempo, si riflette sui Paesi del Nord Africa che vivono in modo interdipendente dall'Europa, che lo si voglia o no. Questo ha portato ripercussioni economiche anche sui Paesi del Nord Africa ed a tutti problemi che si sono susseguiti negli ultimi anni: “Le primavere del mondo arabo, la nascita dell'Isis, lo scoppio delle guerre, l'inizio della immigrazione clandestina di essere umani provenienti dai Paesi in guerra”.
L'Italia, Paese al centro del Mediterraneo, era assolutamente impreparata e così digiuna di politica estera per affrontare questo tipo di  problematiche. Per quanto riguarda i dialoghi mediterranei, infine, ritengo opportuno volgere la nostra attenzione alla nuova prospettiva che si apre con la Via della seta, che può fungere da volano all'economia italiana, per attivare scambi e commercio, come fu nel passato.

Emanuela Scarponi

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14 Luglio 2021

La primavera di Belgrado

 07-10-2019

               La primavera di Belgrado

        La penisola balcanica è un punto nevralgico e strategico d’Europa. Incontro di
civiltà europea ed ottomana, è sempre stata luogo di guerre e scontri per la conquista
una volta degli uni ed una volta degli altri nei secoli.
      La ex Iugoslavia ne ricomponeva il quadro geografico e politico, fino alla sua
disgregazione avvenuta a seguito della morte di Tito, da tutti ricordato con grande
stima ed affetto. La disgregazione della ex Jugoslavia ha condotto alla formazione di
6 Paesi oggi indipendenti: la Slovenia, la Croazia, la Bosnia Erzegovina, la Serbia, la
Macedonia, il Montenegro, mentre il Kossovo è ancora oggi territorio conteso.
La Serbia si sta riaprendo al turismo internazionale da pochissimo tempo.
     E così non ho voluto mancare a questa bellissima e sorprendente occasione -
prospettatami nella prima settimana di settembre, alle porte del nostro autunno - di
conoscere, o meglio, riconoscere un territorio non frequentato dal turismo italiano.
Nella nuova mappa geopolitica la Serbia, un tempo regione geografica e parte
della Jugoslavia, è infatti oggi un Paese europeo situato nel Sud-Est della penisola
balcanica, caratterizzato a Nord da altipiani e a Sud da montagne e località sciistiche.
Nella capitale Belgrado si trovano numerosi edifici di epoca comunista e il parco
Kalemegdan. Qui sorge la fortezza di Belgrado, usata prima dall'Impero romano, poi
da quello bizantino e infine da quello ottomano. La città vecchia, chiamata Stari
Grad, ospita non solo diversi palazzi del XIX secolo, ma anche il teatro nazionale
Narodno Pozorište, dove è possibile assistere a opere e balletti.
Stupisce parlare di Serbia in questo modo: nel nostro immaginario collettivo
non risalgono a tanto tempo le notizie di guerra che attanagliavano la vecchia
Jugoslavia ed i bombardamenti della NATO sulla città di Belgrado.
Ma c’è una nuova Belgrado.
     È tornata la primavera dopo circa 20 anni e le nuove generazioni oggi
passeggiano indisturbate per i suoi viali alberati, mentre sognano e progettano un
prospero futuro per il loro Paese. La città di Belgrado è stata quasi interamente
ricostruita anche se conserva qua e là ferite di guerra, testimonianza di
bombardamenti pesanti sulla città.
Ma le nuove generazioni sembrano non accorgersene più. C'è un grande entusiasmo:

promuovono ed investono in turismo, cultura, arte, religione.
     La primavera di Belgrado si sente nell'aria: felici di incontrare turisti italiani, gli amici serbi

vedono il nostro Paese come una meta di buona vita, conoscono le
nostre canzoni e ne condividono le parole, lungo il
percorso di viaggio, imitando i cantanti che hanno debuttato a San Remo,
trasmissione che possono seguire direttamente in tv grazie ad un accordo stipulato con l'Italia,
Mitteleuropea, paragonabile alla attuale vita berlinese, viennese, di Budapest, con
lunghi viali alberati dove i giovani prendono il caffè seduti ai tavolini posizionati
nella grande zona pedonale e sui larghissimi marciapiedi sparsi fino alla piazza
principale di Belgrado, dove si attardano fino a notte ad ammirare gli spettacoli di
giochi di luci e colori che illuminano i palazzi tutt'attorno. Chiacchierano tra loro
mentre rivolgono uno sguardo divertito a quanti di noi proiettano le
sagome sulle luci dei palazzi…
      I Serbi mantengono vive le loro tradizioni musicali, pittoriche e culinarie
mentre seguono una vita moderna. Si visita il museo di Nikola Tesla, famoso per
aver inventato la corrente elettrica alternata, il teatro Opera Madlenianum ed il museo dell'arte contemporanea.
E così a circa 20 anni di distanza dai tumulti, la Serbia riparte.
Godersi la Serbia è il massimo che si possa prospettare ad un turista: suite accoglienti,

eleganti, dotate di tutti i confort possibili ed "inimmaginabili" rendono la permanenza in questo Paese

estremamente confortevole, senza alcun ombra di dubbio dove si coniugano tradizioni culinarie serbe

con quelle dei Paesi vicini.
    Nel percorso di viaggio lungo il Danubio, si possono ammirare i meravigliosi e
numerosi cigni bianchi che vi abitano da tempi immemorabili.
Visitiamo la casa che ha ospitato il più grande scienziato dei nostri tempi Albert
Einstein, all'epoca sposato con Milena Maric, fisica serba, nella cittadina Novi Sad
lungo il Danubio. Vengono i brividi dall'emozione...forse là tra le pareti di quella
casa, mentre aspettavano la nascita dei loro figli, Albert Einstein e sua moglie
studiavano la teoria della relatività... ponendo le basi di quella che oggi è la ultima
frontiera scientifica... la scoperta dei buchi neri, dove la luce viene inghiottita dal
buio più profondo, dove le linee dello spazio e del tempo (passato e futuro) si
confondono...assottigliandosi sempre più...
Durante la cena, ascoltiamo ottima musica, di giorno incontriamo cormorani lungo il fiume Drina

mentre ci si addentra nel Parco naturale

Tara, sulle cui montagne si possono ammirare gli orsi bruni. Il fiume Drina segna il confine naturale

tra Serbia e Bosnia.
La crociera è splendida: si effettua nel silenzio armonioso del fiume tra le
montagne ricoperte di alberi sempreverdi: sembra di volare sospesi a mezz'aria
insieme agli uccelli acquatici che si divertono a saltellare sulla superficie delle acque
chete del fiume, sfiorandole: esse ospitano pesci di piccole dimensioni che i
cormorani si accingono ad acchiappare mettendo d'improvviso il becco in acqua...per
poi scappare vibrando nell'aria, creando le onde che raggiungono la riva del fiume...
Lungo il fiume Drina si giunge al confine con la Bosnia Erzegovina dove
vivono in maggior parte popolazioni di religione musulmana, ma vi sono ancora oggi
monasteri cristiani ortodossi.
Entrare in Bosnia è sicuramente emozionante: a testimonianza di quanto ci
viene spiegato, ci attende la visita di un monastero Cristiano ortodosso posizionato
proprio sul confine lungo il fiume Drina, vicino ad un monumento ai caduti in guerra
dell’una e dell’altra parte. I monaci parlano in bosniaco. Infatti si
considerano bosniaci cristiani ortodossi.
Oltrepassato nuovamente il confine, raggiungiamo la stazione di Mokra Gora.
Non capita tutti i giorni, viaggiando a bordo di un treno, di provare le stesse
emozioni che regala il treno di Šargan. Un breve tratto della antica ferrovia che un
tempo collegava Belgrado a Sarajevo, quindi la Serbia alla Bosnia-Erzegovina, è oggi
riservato ai turisti, per un autentico ritorno al passato. Inaugurato nel 1925, fu
dismesso nel 1974 perché considerato obsoleto e poco economico. Soltanto nel 2000,
l’intero impianto è stato rinnovato e rimesso in funzione per dar luogo all’attrazione
turistica così come la vediamo oggi.
Dalla stazione di Mokra Gora a Šargan-Vitasi il percorso è della durata di
circa due ore, e vi si accede acquistando presso la
caratteristica stazione ferroviaria di Mokra Gora il biglietto che permette di salire a
bordo del treno Nostalgija o più comunemente Ćira (nome con il quale i Serbi
indicano il treno di Šargan.
Lungo il percorso si ammirano bellissimi villaggi in legno, in perfetto stato di
conservazione ed in perfetta sintonia temporale con l'antico treno che - a dir la verità -
fa fare un balzo indietro nel tempo e tale da immaginare le dame dell'800 vestite in
abiti dell'epoca mentre guardano dal finestrino il panorama circostante e si dirigono
verso la loro destinazione lontana.
Negli hotel come del resto in tutta la Serbia la serata in musica è cosa
scontata: nelle splendide sale abbellite, per servire la cena agli ospiti, le donne si
dilettano ballando. A ben vedere la cultura turca si fa sentire nelle danze... Infatti
l’influenza dell'Impero ottomano è rimasta, testimoniata non solo dalla presenza
delle moschee visibili...al di là del fiume ... che sicuramente fanno un certo effetto in
mezzo all’Europa...si sente anche nel cibo e nei dolci tipici della Turchia e del Nord
Africa, nel caffè turco, versato nei tipici bicchierini dorati turchi. I riti e le movenze
tipici della danza del ventre si risentono nei balli attuali, con cui tutte le donne serbe -
alte e chiare di carnagione - si muovono...E così noi italiane cerchiamo di imitarle
ripetendo i loro movimenti sensuali e cercando di farli nostri...
La loro passione e la grande accoglienza ci commuovono nel profondo. Tanto
calore e tanto affetto riempiono la nostra esperienza di viaggio in esperienza di vita,
di amicizia, di scambio. Ancora una volta il viaggio si fa sacro, creativo; la conoscenza uno

strumento di approfondimento e di legame profondo tra persone di diverse nazionalità.

Emanuela Scarponi

 

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07 Ottobre 2019

Riforma dell’Onu e futuro del multilateralismo in periodo post-covid

30-07-2021
                                                                                                                           Riforma dell’Onu e futuro del multilateralismo
                                                                                                    in periodo post-covid

         L'Organizzazione delle Nazioni Unite, in sigla ONU, abbreviata in Nazioni Unite, è un'organizzazione intergovernativa a carattere mondiale. Tra i suoi obiettivi principali vi sono il mantenimento della pace e della sicurezza mondiale, lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni, il perseguimento di una cooperazione internazionale e il favorire l'armonizzazione delle varie azioni compiute a questi scopi dai suoi membri. L'ONU è l'organizzazione intergovernativa più grande, più conosciuta, più rappresentata a livello internazionale e più potente al mondo. Ha sede sul territorio internazionale a New York, mentre altri uffici principali si trovano a Ginevra, Nairobi e Vienna.
         Istituita dopo la Seconda Guerra Mondiale con l'obiettivo di prevenire futuri conflitti, ha sostituito l'inefficace Società delle Nazioni.
Il sistema delle Nazioni Unite comprende inoltre una moltitudine di agenzie specializzate, come il Gruppo della Banca mondiale, l'Organizzazione mondiale della sanità, il Programma alimentare mondiale, l'UNESCO e l'UNICEF. Il direttore amministrativo delle Nazioni Unite è il segretario generale, attualmente è il politico e diplomatico portoghese António Guterres, che ha iniziato il suo mandato quinquennale il 1º gennaio 2017. L'organizzazione è finanziata da contributi volontari e valutati dei suoi Stati membri.
In occasione dell’apertura della 75esima Assemblea Generale del 29 Ottobre 2020, il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres ha dichiarato: “[…] Ci troviamo oggi di fronte a un passaggio fondamentale. Coloro che settantacinque anni fa fondarono le Nazioni Unite erano sopravvissuti a una pandemia, a una depressione globale, a un genocidio e a una guerra mondiale. Conoscevano bene il costo della discordia e il valore dell'unità. Perciò misero a punto una risposta visionaria, incarnata nella nostra Carta costitutiva, che mette al centro le persone. Stiamo vivendo oggi il nostro 1945. […] Il populismo e il nazionalismo hanno fallito. […] In un mondo interconnesso, è tempo di riconoscere un fatto: la solidarietà va nell'interesse di ciascuno di noi. Se non riusciremo a cogliere questa semplice verità, perderemo tutti […]”. E non è un caso se uno dei temi posti all’attenzione dell’Assemblea Generale quest’anno è “La Carta delle Nazioni Unite compie 75 anni: il multilateralismo in un mondo frammentato”.
          Dal 1945 ad oggi la Carta costitutiva delle Nazioni Unite ha subìto poche riforme significative mentre nel mondo si sono verificati alcuni fatti assai importanti: negli anni Sessanta la decolonizzazione, quando di fatto il pianeta disegnato da Yalta finì di esistere, nel 1989 la caduta del muro di Berlino, nel 2004 un Trattato costitutivo dell’Unione europea che le attribuiva personalità giuridica, rendendo l’Europa un soggetto politico e non più l'obsoleto feticcio sopravvissuto a Yalta.
Non c’è soltanto il problema di una diversa ingegneria istituzionale all’interno delle Nazioni Unite, ma anche la necessità di restituire all’ONU credibilità.
Ritengo importante che si possa assicurare, proprio in questi anni post covid, un multilateralismo ragionevole. Solo il multilateralismo infatti potrà essere accettabile per tutte le regioni e per tutti i popoli. Vi sono molte motivazioni alla base di tale orientamento. Le Nazioni Unite rappresentano un forum decisivo del multilateralismo, ma ritengo che proprio le Nazioni Unite abbiano bisogno di essere ammodernate affinché, in relazione ai loro compiti e alla loro composizione, possano avere un maggiore grado di accettabilità.
Se vogliamo fare in modo che le Nazioni Unite tornino ad essere il punto di riferimento di un nuovo multilateralismo, questo non passa soltanto attraverso la nostra capacità di incidere sul loro assetto istituzionale. Di fatto il multilateralismo, che vorremmo vedere affidato alle Nazioni Unite, in questi anni è stato sconfitto nella prassi. Infatti molto dipende dai rapporti di forza economica dei Paesi membri.
Il problema è capire se noi come consesso politico internazionale, e anche l’Unione europea, vogliamo conferire questa funzione, questo recupero di multilateralismo, questa governance mondiale sulla pace e sui diritti dell’Uomo alle Nazioni Unite. In questo è importante il ruolo dell’Unione europea.
            Ciò riguarda anche il processo decisionale dell'ONU che deve essere in grado di agire. Non serve, infatti, avere un'organizzazione internazionale senza un'adeguata capacità di agire.
Ebbene, dobbiamo fare in modo che in futuro sia possibile fare affidamento sulle decisioni dell'ONU proprio perché sappiamo che le sue posizioni possono essere realizzate. Ritengo che questo aspetto così come quello della riforma della composizione e delle procedure decisionali siano molto rilevanti.
Sullo sfondo c'è anche la dimensione politica unitaria dell’Unione Europea, che ha ripreso ad essere un punto di riferimento per gli Stati europei, proprio a causa della pandemia di covid 19 che ha richiesto una lotta unanime su scala umanitaria che potesse sconfiggere questo nemico invisibile in grado di annientare gran parte del genere umano.
              Questa è la prima pandemia che ha colpito il pianeta Terra a livello globale. E la risposta deve essere globale. Non vi è scelta. Nessuno può restare indietro. Ebbene, l’Onu può di nuovo svolgere un ruolo super partes atto ad intervenire.
La pandemia covid 19 ha fatto tornare indietro la civiltà umana economicamente, socialmente e culturalmente, con ripercussioni forti sui continenti più poveri. L’Onu può tornare ad essere il soggetto che abbia un proprio ruolo sullo scenario internazionale.
Le Nazioni Unite hanno grande importanza per le loro Agenzie (l’UNICEF e le altre istituzioni hanno esercitato un ruolo importante. Si può condividere in tutto o in parte l’azione delle Nazioni Unite, ma hanno la loro importanza.
Tuttavia l'ONU non deve essere eurocentrico bensì modellarsi un po’ su quella che si va prospettando come la governance globale del mondo, cioè sulle organizzazioni regionali.
Allora la prima cosa da chiedere è: lo Statuto dell’ONU è adeguato quando stabilisce che membri dell’ONU sono solo gli Stati nazionali? È ancora adeguata questa idea di governance, oppure nello Statuto dell’ONU deve entrare non più l’idea geografica dei continenti, bensì l’idea insieme giuridica e geografica delle regioni multi statali del mondo?
Ovvio perciò che, parlando di governance globale, si finisca a parlare dell’ONU e delle sue agenzie specializzate.
Tornando per esempio al caso del Covid-19, le recenti critiche mosse da più parti all’Organizzazione mondiale della sanità (che, nel caso di Trump, hanno assunto le dimensioni di vere e proprie accuse di collusione con la Cina, e che hanno portato lo scorso luglio all’annuncio del ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione) sono state molteplici, soprattutto riguardo alla tempistica e ad una certa contraddittorietà dell'informazione.
Il successo sarebbe maggiore se pensassimo di assegnare potere alle regioni multi statali che, seppure non sviluppate nei loro rapporti come l’Unione Europea, tuttavia rappresentano istituzionalmente, giuridicamente e politicamente un superamento dello Stato nazionale. È necessario cominciare da questo elemento di base.
Il sistema di voto, il cosiddetto one-country-one-vote, certo non è in grado di annullare, o almeno di controbilanciare adeguatamente, il peso politico ed economico dei grandi blocchi geopolitici (Usa, Cina, Ue, Russia e gli altri cosiddetti BRICS), che possono esercitare pressioni sui budget per indirizzarne i programmi e gli obiettivi.
Si rileva quindi l’opportunità di allargare la rappresentanza ad aree regionali, quindi non soltanto all’Unione europea, non soltanto alle grandi aree geografiche, ma anche ad aree territorialmente omogenee che hanno la necessità di essere attori.
            Accanto all’attenzione ai passaggi di ingegneria istituzionale nella riforma democratica e verso una maggiore rappresentatività delle Nazioni Unite, credo che il problema resti politico, resti un problema di volontà.
Dobbiamo dunque lavorare per un multilateralismo efficace perché nessun Paese, neppure la più grande superpotenza mondiale, può garantire l’ordine mondiale da solo ed essere “efficace” perché deve essere in grado di produrre decisioni che vengano rispettate, altrimenti è un multilateralismo impotente che diventa alibi dell’unilateralismo.
Infine c’è la grande questione del coordinamento delle politiche economiche e sociali: si parla di un Consiglio di sicurezza economico e sociale che sovrintenda e dia un indirizzo politico anche ad Agenzie multilaterali importanti, le quali non sempre, tuttavia, hanno avuto un ruolo di progresso, come la Banca mondiale o il Fondo monetario internazionale.
Bisogna essere capaci di agire a livello multilaterale, concordando le posizioni a livello delle Nazioni Unite e adottando soluzioni concrete e non soltanto ideali che all’atto pratico non consentono di agire. Dal punto di vista pratico, partecipazione o membership di organizzazioni regionali, e’ questione complicata sia dal punto di vista del diritto internazionale che da quello della prospettiva dell’importanza politica.
           Le Nazioni Unite, però, hanno sempre trovato una soluzione per tener conto di una determinata situazione contingente.
Si ribadisce quindi la necessità di riformare l’Onu, anche rispetto al problema degli immigrati, come lo stesso Kofi Annan evidenziò rispetto alla questione delle guerre e pose a noi Europei problemi estremamente forti ed importanti sulle contraddizioni della nostra democrazia, legate, ad esempio, alla questione degli immigrati e così via.
Ritengo, quindi, sia estremamente importante continuare tale confronto per riuscire a costruire delle relazioni tra il Parlamento europeo e quelli nazionali, affinché si possa veramente fare delle Nazioni Unite e dei nostri Parlamenti istituzioni vive e democratiche e che possano davvero fornire risposte globali a problemi globali.

http://www.silkstreet.it/administrator/index.php?option=com_content&view=article&layout=edit&id=922#Emanuela Scarponi

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