04-09-2020

 

                                                                                                                                             Esploratori ed interessanti esplorazioni: Alvise Ca’ da Mosto

        L’Africa è sempre stata ed è tuttora un continente tanto affascinante e misterioso, ma del tutto sconosciuto ai tempi del nostro esploratore Alvise Ca’ da Mosto.
All’origine delle grandi scoperte, specialmente nel Rinascimento, c’era molto spesso il desiderio e l’inseguimento alla ricchezza rappresentata dalla ricerca dell’oro.
In questo periodo grande importanza ebbero le figure sia dei missionari che degli esploratori. I primi andarono in Africa per portare la religione, insegnarono ai nativi a lottare contro le malattie, la fame, le prepotenze; fecero del bene ai popoli indigeni e combatterono anche per liberarli dalla continua minaccia della schiavitù.
        Gli esploratori furono mossi da uno spirito di avventura che li portò ad attraversare l’Africa equatoriale e non, scoprendo deserti, fiumi, laghi immensi, popoli, e tribù di etnie diverse.
Ogni esploratore era soprattutto ricercatore d’oro; il fascino e la conquista di questo metallo sono presenti sin dall’antichità in tutte le religioni e le storie del mondo.
Trovare l’oro significava la ricchezza, cambiare vita per sé e tutta la famiglia. Infatti si era sempre saputo che questo splendido metallo si trovasse tra le acque, tra i fiumi di fuoco sotterranei e che con l’aria esso si coagulava trasformandosi in splendide pepite cristallizzate e luminose.
Alvise Ca’ da Mosto apparteneva ad una nota famiglia veneziana, anche egli pensò di partire per andare a cercare la ricchezza. Era nato nel 1429, la casa paterna era posta sul Canal Grande; appena adulto. insieme al fratello e ad alcuni suoi compagni, cominciò a pensare e a prepararsi per questa fantastica avventura.
        L’Africa però rappresentava un grande pericolo; terra immane dal clima impossibile, abitata da tribù terribili, infestata da animali feroci e piena di insidie. Allora pensò di raggiungere il Nord Europa e iniziare a cercare la fortuna nel commercio nelle Fiandre, ricche e civilizzate.
Nel 1454 Alvise Ca’ da Mosto uscì dal Mediterraneo con le sue galee, ma all’estremità sudoccidentale del Portogallo una grande tempesta lo convinse a non continuare. Proprio a Capo San Vincenzo sorgeva la villa di Enrico il navigatore, un grande personaggio noto per la sua fama di ricercatore e grande oceanografico.
         Egli nel suo studio ospitava le menti eccelse dell’epoca e studiosi interessati alla navigazione, alla cartografia, alla geografia, all’astronomia.
Enrico degli Aviz chiamava la sua dimora “la reposera” dove, al contrario del nome, non si faceva altro che parlare, studiare, scambiarsi opinioni e consigli sul da farsi per ogni spedizione.
Il nobile portoghese venne a sapere che lì vicino sostavano alcuni navigatori veneziani; non esitò a contattarli, sapeva che i Veneziani erano ottimi esploratori e anche a lui servivano uomini che esplorassero la costa occidentale dell’Africa per capire da dove venisse l’oro portato in Europa da strani mercanti.
         Ca’ Mosto ascoltò e accettò di cambiare rotta e di dirigersi verso la “Bassa Etiopia“.
Il metallo giallo proveniva dall’Africa per poi essere portato nel Mediterraneo da carovaniere che attraversavano il deserto del Sahara, quindi bisognava cercarlo alla fonte e scoprire dove si estraeva.
Così dopo aver fatto tappa alle Canarie, entrò nella foce del fiume Senegal, caricò schiavi per ottenere informazioni sul viaggio; non riuscì mai a sapere dove fosse “l’Eldorado africano“. Riuscì però a conoscere i meccanismi ed i sistemi di commercio che riguardavano questo prodotto.
         Infatti il sale era considerato un minerale importante ed utile alla vita umana, sappiamo tutti come questo prodotto fosse considerato importante.
Già ai tempi dei Romani e anche nella storia passata esso fu motivo di scambi, di commerci e anche di guerre.
Anche per gli Africani il sale era un alimento vitale, prezioso anche più dell’oro; esso serviva per integrare i sali minerali persi dal corpo a causa dell’enorme caldo di quelle terre. Quindi Ca’ da Mosto ebbe notizie importantissime che riguardavano lo scambio di questi due prodotti: alcune etnie davano il sale, altre l’oro.
Le fonti sicure di questi prodotti non furono mai scoperte dal nostro esploratore perché nessuno parlava, adducendo al fatto di non capire la lingua.
Questa contrattazione avveniva in modo molto strano: una certa popolazione sottoposta all'imperatore del Mali trasportava blocchi di sale nel deserto che poi venivano numerati e sistemati in mucchi; un’altra etnia - entrambe sconosciute fra di loro - portavano l’oro che sistemavano davanti ai mucchi del sale.
       Questi uomini si dovevano allontanare dal luogo, mantenendo una distanza di cinque giorni di cammino, secondo una tradizione stabilita da secoli.
Ca’ da Mosto comprese così i meccanismi di questo commercio; pur cercando dappertutto ed interrogando mercanti, produttori di sale, schiavi, non riuscì mai a sapere ed a conoscere la vera fonte di queste materie.
Tuttora i mercanti, senza mai parlare tra di loro, si dirigono verso i tre mercati più importanti: uno in Medio Oriente, uno dal Mali al Marocco e l’altro verso tutte le strade del Mediterraneo.
Così scriveva Ca’ da Mosto: “E da questi luoghi lo compriamo, noi cristiani dai mori, per le diverse mercanzie che li demo“, deluso dal tentativo di indagare sulle origini dell’oro africano e le possibilità di inserirsi in quel commercio tanto desiderato. Dopo numerose spedizioni con un altro grande esploratore, Antoniotto Usodimare, al suo ritorno a Venezia, fu messo a capo dei commerci veneziani con l’Egitto. Morì giovane nel 1483, guarda caso mentre Venezia combatteva con Ferrara per il monopolio del sale.

Emanuela Scarponi