IL MICROCREDITO E LA TEORIA DI MUHAMMAD YUNUS IL BANCHIERE DEI POVERI.

di Alessandra Di Giovambattista

 

All’inizio del mese di novembre del 2022 (nello specifico il 7 e l’8 novembre) il Premio Nobel per la pace  2006, il professor Muhammad Yunus – meglio conosciuto come il banchiere dei poveri - ha parlato di fronte ad una platea composta da imprenditori impegnati in ambito sociale, politici, manager, esponenti delle organizzazioni non governative (ONG) ed accademici, riunita presso l’Università di Torino in occasione del Global Social Business Summit. Questo momento di confronto, che rappresenta il vertice mondiale della comunità degli operatori in ambito sociale, è nato per dialogare, condividere le idee e cooperare nella ricerca di soluzioni che possano contribuire a risolvere le sfide socio-ambientali del nostro tempo; l’evento è organizzato, dal 2009, dal Grameen Creative Lab e dallo Yunus Centre e il promotore di tutto questo è proprio il premio Nobel per la pace il Prof. Muhammad Yunus. L’approccio centrale è stato riflettere sull’impatto che le aziende del terzo settore, in particolare le imprese sociali, possono avere nel cercare di raggiungere la pace tra i popoli. I temi caldi hanno riguardato il settore tecnologico come elemento strategico per combattere la povertà, creare opportunità di lavoro, promuovere l’inclusione economica e proteggere il clima; tutti temi che dovrebbero contribuire a far trovare equilibri tra Popolazioni e Stati al fine di promuovere la cultura delle pace e della crescita equa ed inclusiva. Sono argomenti fondamentali per cercare di far sviluppare le economie in modo responsabile, verso l’ambiente e le persone, riconoscendo un ruolo predominante alle imprese sociali le quali si pongono obiettivi umani di sviluppo e di miglioramento delle condizioni socio-economiche, ben distanti dal semplice e bieco interesse economico-finanziario e dalla logica del tornaconto.

Muhammad Yunus è conosciuto come l’ideologo del “microcredito” nonché di un modello di impresa che non si basa esclusivamente e prevalentemente sul profitto, bensì sull’interesse ed il benessere collettivo, il tutto affiancato da un approccio di finanza etica ed economia sostenibile. La teoria del “microcredito” si basa sul riconoscimento e la concessione di piccoli prestiti onerosi destinati alle persone più povere che altrimenti non avrebbero la possibilità di accedere a forme tradizionali di credito, perché queste ultime si fondano sulla presentazione ed accettazione, da parte delle banche, di adeguate garanzie personali o reali.

È così che nel 1983 Yunus fondò la Grameen Bank (nella lingua del Bangladesh significa “banca del villaggio”, intesa come banca rurale), ed iniziò a fare concorrenza alle banche presenti sul territorio del Bangladesh concedendo prestiti a persone sprovviste di garanzie. Nessuno poteva aspettarsi un successo; ed invece i prestiti furono rimborsati con un tasso molto più alto delle medie registrate negli istituti di credito tradizionali ed oggi la banca conta circa 2.500 filiali in tutto il mondo. Attorno ad essa ruotano fondazioni, associazioni no profit ed ONG che finanziano e supportano progetti di microcredito e sviluppo nella ricerca – come ha dichiarato il fondatore Yunus - di un’economia a tre zeri: zero disoccupazione, zero povertà, zero emissioni di CO2.

Ma partiamo dall’inizio: Muhammad Yunus nasce il 28 giugno del 1940 a Chittagong, il più importante centro economico del Bangladesh. La nazione si forma nel 1971 rivendicando la sua autonomia nei confronti del Pakistan, che a sua volta era stato creato dalla divisione, per motivi religiosi, dalla Repubblica dell’India (infatti la repubblica del Pakistan è a maggioranza musulmana, mentre la Repubblica indiana è a maggioranza induista). Egli si reca negli stati Uniti per i suoli studi economici presso la Vanderbilt University e nel 1972 torna nella sua città natale accettando la posizione di professore associato alla Chittagong University, ricoprendo contestualmente anche l’incarico di direttore del dipartimento di economia.

Il suo Paese è uno dei più poveri e sovrappopolati dell’Asia e nel 1974 viene colpito da una pesante carestia; lungo le strade della sua città è un susseguirsi di poveri, mendicanti, senza tetto. Ovunque si giri lo sguardo si vede solo tanta miseria; decide allora di recarsi direttamente nei villaggi limitrofi alla sua città per parlare direttamente con le persone e cercare di capire le ragioni effettive della loro grande povertà. Si fa aiutare anche dai suoi studenti e presso il villaggio di Jobra censisce 42 famiglie che hanno richiesto prestiti per poter iniziare una piccola attività produttiva. Scopre così che l’esposizione debitoria di quel campione di persone ammonta a 856 taka che in valuta bengali corrisponde a circa 27 dollari!

Ma quindi quale è il problema? Di fatto le persone non riescono ad ottenere credito dalle banche tradizionali in quanto non dispongono di adeguate garanzie e quindi per aprire una piccola attività artigianale, agricola o commerciale, che offra loro un minimo di sostentamento, sono costretti a rivolgersi a soggetti benestanti che si comportano da sfruttatori, prestando denaro ad usura. Ma leggiamo un passo della sua esperienza con Sufia Begum, abitante del villaggio di Jobra, direttamente dal suo libro scritto nel 2008 (“Un mondo senza povertà”, M. Yunus, edito da Feltrinelli): Lei fabbricava con notevole abilità funzionali ed eleganti sgabelli di bambù nella fangosa aia della sua abitazione. Eppure, anche in questo caso per qualche ragione tutta la sua dura fatica non riusciva a tirar fuori la famiglia dalla povertà. Parlandole, finalmente riuscii a capire perché. Come quasi tutti nel villaggio, Sufia si faceva anticipare dagli strozzini locali il denaro che le serviva per comprare il bambù per gli sgabelli, e lo strozzino le dava il denaro solo se lei acconsentiva a consegnargli tutta la produzione al prezzo che lui stabiliva. Grazie a questo infame accordo e agli alti interessi che doveva pagare sul prestito, tutto quello che le restava erano solo due penny per una giornata di lavoro.

All’esito della sua indagine conclude che lui stesso, chiedendo un prestito di poco meno di ventisette dollari, potrebbe salvare dall’usura ben 42 famiglie; da qui quindi la sua intuizione: offrire lui stesso delle garanzie per procurarsi del denaro per iniziare un processo virtuoso di credito. Infatti la radicata convinzione degli istituti bancari risiede nel pensare che le persone povere non restituiscano i prestiti ottenuti in quanto non presentano adeguate garanzie. Quindi Yunus si rivolge direttamente alla banca locale alla quale chiede un prestito di 10.000 taka, circa 300 dollari - che suddivide in tanti micro prestiti a favore dei poveri del villaggio di Jobra - e per il quale la banca chiede le garanzie personali del professore stesso. L’esperimento funziona e dimostra che la maggioranza delle persone che hanno ottenuto il micro-prestito lo ha restituito alla scadenze preordinate pagando anche gli interessi!

Così nel 1977, dopo un incontro con il direttore di banca della Bangladesh Kristi Bank, Yunus riesce ad aprire a Jobra una succursale della stessa banca con l’intento di continuare ad erogare micro-credito alle persone meno abbienti. Tuttavia le resistenze dovute ai secolari preconcetti bancari ed alla convinzione che l’esperimento sia andato bene esclusivamente per il carisma del professore, inducono Yunus a fondare lui stesso una banca con il focus esclusivo sui clienti poveri a cui prestare, senza garanzie reali e senza espletare pratiche legali, piccole somme di denaro capaci tuttavia di aiutare lo sviluppo di un’iniziale idea produttiva.

Nasce così nel 1983 la Grameen Bank, che eroga microcredito nella formulazione pensata dal Prof. Yunus e che offre una visione diversa di povertà e una terapia finanziaria atta a contrastarla, e che si basa su queste caratteristiche: la centralità della donna, il prestito di gruppo (ricordiamo che Grameen in lingua locale significa villaggio), la mancanza di garanzia di qualunque tipo, l’inesistenza di strumenti giuridico-legali, la fiducia nei confronti dei debitori e il concetto di reciprocità di aiuto e di circolarità del credito. Nella sua mission si riconosce anche un approccio completamente diverso da quello delle banche tradizionali; queste cercano di attirare i clienti ricchi ed affidabili, la Grameen Bank, al contrario, pone il suo obiettivo sulla concessione di finanziamenti alle persone povere che non hanno da offrire garanzie reali o personali.

Così impostata la banca, nel tempo, espande i prodotti finanziari da offrire ai suoi clienti e propone fondi assicurativi, leasing per l’acquisto di beni ammortizzabili e prodotti di risparmio. Ma un altro elemento abbastanza imprevedibile è legato al fatto che la maggior parte dei clienti beneficiari del micro credito sono donne (per il 90% circa); questo dato è abbastanza inaspettato se si pensa che il Bangladesh è un paese di religione musulmana, dove le donne vengono poste in una posizione di subordinazione rispetto agli uomini. In una società patriarcale le donne non possono chiedere prestiti, neanche quelle che si trovano in una posizione economica agiata in quanto soggette, in ogni caso, all’autorizzazione da parte di mariti, padri e fratelli.

In tale contesto socio culturale è evidente che la banca di Yunus abbia dovuto contrastare anche molte critiche ed ostacoli da parte: della componente maschile della società che iniziava a sentirsi travolta da una sorta di emancipazione femminile con la conseguente perdita di controllo e di assoggettamento economico sulle donne; degli usurai che sono stati spiazzati nei loro affari, dai guadagni facili ed illegali, in quanto la maggior parte dei clienti veniva loro sottratta; infine dai capi religiosi che iniziavano a veder minati i principi sui quali si basa la propria religione.

Ma dopo diversi anni forse l’attacco peggiore che sta subendo il Prof. Yunus è quello che lo ha coinvolto ad inizio del 2024 in uno scandalo legato alla violazione di alcune leggi sul lavoro da parte di una sua azienda, la Grameen Telecom (la più grande compagnia di comunicazioni del Bangladesh) e per il quale, insieme a tre dei suoi collaboratori è stato condannato a sei mesi di carcere. È stato iniziato anche un altro processo a suo carico per evasione fiscale e corruzione; in totale più di cento accuse da cui doversi difendere. Ma dietro questo attacco c’è chi ipotizza, e forse senza sbagliare, motivi politici; infatti il prof. Yunus è inviso all’attuale governo del Bangladesh che, attraverso la presidente Sheikh Hasina, lo ha accusato di approfittare dei poveri; ma i due in realtà sono rivali e l’attuale presidente ha intensificato la repressione del dissenso politico durante il periodo antecedente le elezioni. La sentenza e le accuse contro il professore sono state considerate un attacco politico ai principi della libertà e dei diritti umani: il prof. Yunus si può a ben ragione considerare colui che ha contribuito in modo importante al tentativo di crescita del proprio Paese, offrendo un futuro dignitoso a coloro che altrimenti non avrebbero avuto mezzi per il sostentamento quotidiano. Anche Amnesty international è scesa in campo in difesa del premio Nobel e più di 160 grandi personalità internazionali, tra cui Barak Obama, e circa 100 premi Nobel hanno pubblicato una lettera congiunta in cui si denunciano le continue molestie giudiziarie nei confronti di Yunus, e si afferma di temere per la sua sicurezza e libertà.

La storia purtroppo si ripete nel tempo: l’essere umano accecato dal potere e dall’ambizione agisce iniquamente ed utilizza tutte le armi contro lo slancio generoso ed altruistico di poche persone lungimiranti e sapienti che provano a risollevare le sorti dei più deboli e dei più poveri, convinti che le cose possano cambiare in favore di forme di collettività basate su principi di giustizia sociale!