I FATTORI AMBIENTE, SOCIETA’ E GOVERNO DELLE AZIENDE - ESG: IL FUTURO PER IL MONDO?
Con il termine ESG ci si riferisce a fattori di sostenibilità ambientale ed economico-finanziaria che le aziende devono rispettare al fine di garantire al pianeta ed alla propria attività di perdurare nel tempo. Specialmente tra i più giovani questi fattori sono riconosciuti come determinanti per il futuro del pianeta e le aziende stesse comprendono che essi possono fare la differenza e garantire loro dei vantaggi strategici legati al fatto che i consumatori saranno disposti a pagare di più per beni e servizi ecosostenibili.
L’acronimo ESG si riferisce al cosiddetto Environmental: cioè fattori ambientali che riguardano l’ambiente che ci circonda e il focus si concentra su: rifiuti ed inquinamento, risorse naturali e loro esaurimento, garanzia e difesa della biodiversità, emissione dei gas serra, deforestazione, cambiamento climatico; social: cioè i fattori sociali che concernono le modalità con cui le aziende e gli Stati trattano i singoli esseri umani; pertanto un’analisi sulla relazione con i dipendenti, sulle condizioni di lavoro garantite con un’attenzione particolare sul lavoro minorile e sulle diverse forme di schiavitù, sul rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti umani, sull’inclusione e la diversità, sui finanziamenti di progetti o di istituzioni che devono tutelare le comunità povere e sottosviluppate, sulla salute, sicurezza e sulla gestione dei conflitti sociali; governance: cioè il sistema di conduzione e direzione dell’azienda; l’attenzione sarà sulle strutture aziendali, sulle regole e le strategie che governano le scelte aziendali e/o degli Stati, sulla politica fiscale, e sulle remunerazioni dei dirigenti, sui processi di lobbying e sulle pressioni politiche, sulla corruzione e sulle strutture di governo differenziate tra aziende private e settore pubblico.
Oggi, la direttiva CSRD - Corporate Sustainability Reporting Directive (direttiva UE n. 2022/2464 pubblicata il 16 dicembre 2022) cambia la prospettiva in materia di valutazione delle imprese basata su criteri di sostenibilità; infatti le informazioni sulla sostenibilità dell’attività aziendale diventano parte integrante della relazione finanziaria annuale annessa al bilancio delle società. Più in generale per valutare un'impresa non basta più guardare ai soli dati finanziari: i fattori ESG delle aziende, anche medio-piccole, dovranno essere leggibili, confrontabili e valutabili nella relazione sulla gestione. Per le PMI e per le aziende tutte, il rispetto dei valori legati alla sostenibilità è diventato un dovere. Nati nel 2005 dai principi per gli investimenti responsabili dell'ONU, i criteri ESG sono ormai al centro del discorso pubblico e rappresentano una bussola che orienterà le scelte di sviluppo mondiale e comporterà, nel breve periodo, l’impegno di ogni singola impresa verso uno sviluppo sostenibile.
Negli ultimi anni si è registrato un importante incremento dell’attenzione sulle informazioni societarie sulla sostenibilità anche da parte delle varie categorie di investitori che cercano di allocare le proprie risorse considerando sempre di più i rischi connessi alla sostenibilità degli investimenti finanziati.
Si percepisce in modo più approfondito la consapevolezza degli effetti che i rischi “ambientali” connessi al clima (ad esempio la perdita di biodiversità) e “sociali” (si pensi ai rischi sanitari che l’emergenza Covid ha fatto emergere) comportano per le imprese e per i relativi business.
Al momento, la rendicontazione è obbligatoria per le sole imprese di grandi dimensioni
(semplificando, le imprese con più di 500 dipendenti) ma, tenuto conto delle esigenze di sostenibilità, vi è la necessità di ampliare la platea dei soggetti impegnati a fornire tale informativa. La nuova prospettiva comunitaria è quella di annoverare tutte le imprese di grandi dimensioni e tutte le imprese quotate, anche medio-piccole (ad eccezione delle microimprese) tra i soggetti tenuti all’informativa in esame, a partire dal 2026.
È tuttavia auspicabile che anche le piccole e medie imprese non quotate considerino, con interesse, la possibilità di applicare la normativa in materia, pur considerando attentamente le caratteristiche legate alla propria dimensione al fine di evitare un inutile appesantimento delle incombenze.

Per le imprese di grandi dimensioni si prevede che nella relazione sulla gestione vengano presentate informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’azienda sulle questioni di sostenibilità e del modo in cui le medesime questioni influiscono sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione economico-finanziaria.
Nello specifico vengono richieste informazioni, con le prospettive temporali di breve, medio e lungo periodo - in particolare però le aziende dovranno imparare a ragionare in termini di lungo periodo, ma davvero lungo, si parla anche di 30/40 anni - in tema di strategia aziendale che indichi la resilienza del modello e delle modalità di approccio alle problematiche, nonché le eventuali opportunità che l’azienda stessa potrebbe trarre, in relazione ai rischi connessi alle questioni di sostenibilità; in relazione a ciò sarà necessario valutare i piani dell’impresa atti a contrastare i vari rischi connessi alla sostenibilità nonché le modalità di approccio alla soddisfazione delle esigenze di tutti i soggetti portatori di interessi (stakeholders);obiettivi temporalmente definiti e connessi alle questioni di sostenibilità individuati dall’impresa e monitorati nel tempo;ruolo degli organi di governo in tema di sostenibilità e capacità di gestione dei fattori ESG; politiche strategiche in relazione alla sostenibilità;
informazioni sull’esistenza di sistemi di incentivi per organi sociali e alta direzione che si occupa di sostenibilità; rischi connessi alle questioni ESG e modalità di gestione e contrasto dei rischi da essi nascenti.
La direttiva sarà applicata in quattro fasi, così scansionate nel tempo: - 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario; - 2025 per le grandi imprese; - 2026 per le PMI quotate (a eccezione delle microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione; - 2028 per le imprese di paesi terzi che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nell'Unione europea, se hanno almeno un'impresa figlia o una succursale nell'UE che supera determinate soglie.
Con l'approvazione del Next Generation Eu, il piano per il rilancio dell’economia promosso dall’unione europea, l’impegno verso la sostenibilità diventa imprescindibile per ogni paese dell’unione. Il rispetto dei principi ESG non sarà più solo un volano di marketing da utilizzare a breve termine, bensì l’imperativo futuro per tutte le imprese.
Per ottenere le risorse economiche messe a disposizione dell’Europa, i piani nazionali devono rispettare alcuni criteri. Il 37% o più delle risorse deve essere destinato alla transizione ambientale, il 20% alla digitalizzazione e l’innovazione e il restante deve essere impiegato nella sostenibilità sociale.
Si è però visto che non è solo una questione di normative europee: negli ultimi anni anche i consumatori sono diventati sempre più sensibili rispetto alle problematiche di sostenibilità; infatti secondo una ricerca di Altroconsumo, più di un italiano su due è disposto a spendere di più per un prodotto che riconosce come sostenibile.
Nel 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha sottoscritto un programma d’azione per il pianeta, le persone e la prosperità, denominato Agenda 2030, che si compone di 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Developments Goals, SDGs) e di 169 target da raggiungere in ambito economico, ambientale e sociale entro il 2030.
I 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile pongono in equilibrio i tre principi ESG e non riguardano solo la questione ambientale; l’attuazione dell’Agenda 2030 è un impegno complessivo di tutte le parti della società attraverso un approccio integrato e lo sviluppo di misure concrete, necessarie per far evolvere in modo sostenibile la crescita economica, l’inclusione sociale e la tutela ambientale.
In questo contesto, l’Italia si è impegnata nel definire cosa le SDGs rappresentino per il nostro contesto socio-economico, sviluppando un piano che evidenzia la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile.
Questo piano si articola in cinque aree tematiche, dette le Cinque P dello Sviluppo Sostenibile: PERSONE, PIANETA, PROSPERITA’, PACE, PARTENARIATO.
Ad oggi, oltre 1.500 investitori si sono impegnati ufficialmente a seguire questi principi. In 3 anni le risorse gestite da fondi ESG sono raddoppiati superando i mille miliardi di dollari.
Le imprese italiane sono particolarmente interessate ai temi della sostenibilità. Secondo un sondaggio Ipsos sul tema dell'economia circolare, presentato all'EcoForum di ottobre, si legge che: “Un'azienda su quattro investe in modo convinto in sostenibilità già da tempo; altre lo fanno in modo limitato e non strutturato e alcune hanno affrontato il tema solo di recente, ma in futuro per il 56% delle aziende l'enfasi crescerà, come pure gli investimenti in comunicazione”.
Un sondaggio diverso, curato dalla Capgemini sulla sostenibilità nelle aziende, evidenzia invece che soltanto un dirigente su cinque (quindi il 20%) ritiene che la sostenibilità sia un vantaggio per la competitività aziendale, mentre il 53% ritiene che il suo costo superi i potenziali vantaggi. Tuttavia si è dimostrato vero il contrario: lo stesso studio ha evidenziato che le imprese con chiare priorità di sostenibilità stanno già superando le imprese che non si pongono tali obiettivi. La distanza è destinata ad allargarsi nel futuro prossimo per effetto dell’aumento della regolamentazione e della pressione da parte della società civile che si tradurrà in maggior controllo da parte degli investitori e dei consumatori. Quasi tutte le aziende che hanno partecipato allo studio hanno annunciato impegni per arrivare a zero emissioni nette entro il 2030 o il 2040, però meno della metà (su un totale di 668 società private e pubbliche di 12 Paesi) ha programmi concreti da attuare e sta cercando figure esperte in materia.
Infine secondo i risultati del Sustainability Leaders Survey, il 70% dei responsabili della sostenibilità aziendale non crede alla possibilità di evitare i gravi danni climatici in arrivo.
Su tale ultimo aspetto forse una riflessione va fatta: come possono essere credibili i programmi di sostenibilità se le più grandi potenze industriali (Cina, India, Usa, Russia) non si interessano ai problemi legati ai cambiamenti climatici ed alle più generali questioni degli ESG? Nessuno riflette, ad esempio, sul grado di inquinamento dovuto alle guerre in atto dove si utilizzano armi con potenziali di inquinamento elevatissimi; si pensi solo alla possibilità, più volte paventata, dell’uso di ordigni nucleari. E’ ancora vivo il ricordo dell’esperimento nell’oceano pacifico nei pressi dell’isola di Mururoa, atollo dell’arcipelago delle Tuamotu, nella Polinesia Francese, dove i francesi fecero esplodere , in pieno oceano, un ordigno nucleare….e nessuno in quell’occasione si è premurato di conoscere le ricadute in termini ambientali, per gli uomini e per tutte le altre forme di vita, di tale scellerata prova e tantomeno qualcuno si è posto oggi il problema di andare ad indagare gli eventuali strascichi derivanti dal citato evento? E chissà quanti altri esperimenti si compiono a nostra insaputa che generano processi di decadimento e di distruzione ambientale; è evidente che la sfida principale va sostenuta dai Governi e dai poteri forti; appare abbastanza fuorviante e capzioso far credere che siamo noi gli elementi più inquinanti del pianeta, attraverso le nostre scelte quotidiane. Sicuramente noi consumatori abbiamo diverse armi in mano ma non dimentichiamo che spesso le nostre scelte vengono guidate dagli interessi dei grandi potenti rappresentati dai proprietari delle multinazionali. In particolare con la crescente attenzione verso il cambiamento climatico e la sensibilità dei consumatori verso le tematiche green, la tentazione da parte delle aziende di produzione o finanziarie, di offrire un’immagine ecosostenibile per attirare clienti e decisamente molto alta; se però le dichiarazioni non corrispondono alla sostanza delle scelte effettive di gestione aziendale il rischio è quello di scivolare nella pratica del greenwashing, ossia di fornire la sola immagine di facciata di una impresa attenta all’ambienta anche se la realtà non è assolutamente così. Ormai la maggior parte di noi non vuole, o meglio non sa, più di ragionare con le proprie capacità intellettive perché spesso ci basiamo sui risultati superficiali senza approfondire le problematiche e tale atteggiamento purtroppo viene insegnato anche nelle scuole in modo da far crescere i nostri figli del tutto acritici e indottrinati. Altro esempio che rafforza questa impostazione è l’assoluto silenzio, o meglio l’atteggiamento di assoluta inattività da parte degli Stati, tutti, nei confronti della continua distruzione della foresta amazzonica…. Perché nessun Governo affronta seriamente il problema? Solo il Papa si è fatto portavoce dei più deboli, ma purtroppo è rimasto inascoltato…. Forse ci sono dietro degli interessi forti e malavitosi che nessuno vuole andare a toccare? Nessuno punta il dito contro l’inquinamento prodotto dalle aziende chimiche, di high tech, la distruzione di interi territori nei paesi del terzo mondo, spesso africani, per depredarli di materie prime utilizzando lavoro minorile e negando ogni minimo diritto umano? Questi problemi non sembrano far emergere criticità,,,,, sarà perché forse c’è il rischio di scontrarsi contro gli interessi delle grandi aziende multinazionali?
La riflessione vorrei concluderla dicendo che sicuramente ogni singola azione compiuta da ciascuno di noi produce effetti e già solo per questo dobbiamo comportarci in modo consapevole ed attento alle ricadute in termini di ecosostenibilità; però a fronte di tale considerazione cerchiamo di fare ordine. Cerchiamo di comprendere che i più grandi irrispettosi dell’ambiente sono stati finora gli Stati che hanno perseguito politiche aggressive dal punto di vista del governo economico e sociale, spesso attori principali, oppure conniventi con i poteri forti e malavitosi gestiti da pochi e potenti uomini che gestiscono, anche attraverso gli strumenti informatici, le scelte, e purtroppo sempre di più, anche le menti di ognuno di noi. La questione del rispetto della sostenibilità deve essere ricondotta prima di tutto a delle linee guida ben chiare che restituiscano ad ogni attore economico e sociale il rispettivo e adeguato livello di responsabilità. Diversamente assisteremo alla nascita di una dittatura del green, guidata dai Bill Gates e dai George Soros di turno, che eliminerà i basilari diritti dell’uomo e prostrerà la sua volontà agli interessi di pochi…. Saremo ancora liberi… Ci saranno riconosciuti i diritti di procreare, di poter professare una religione, di mangiare alimenti naturali, di muoversi, di poter socializzare e dedicarsi a passatempi, di potersi curare anche con medicine naturali, di poter riflettere e ragionare diversamente dal pensiero unico?