Chi non conosce Vincent Van Gogh?

Alla vigilia dei 170 anni dalla sua nascita, dall’8 ottobre 2022 Palazzo Bonaparte ospita la grande e più attesa mostra dell’anno dedicata al genio di Van Gogh. Attraverso le sue opere più celebri - tra le quali il suo famosissimo Autoritratto (1887) - sarà raccontata la storia dell’artista più conosciuto al mondo.

 



Rare sono le persone che non hanno mai visitato una mostra dedicata a Van Gogh. In tutto il mondo nelle città metropolitane, ma anche in quelle meno importanti questo genio della pittura ha fatto la sua comparsa e non poteva mancare alla vigilia dei 170 anni dalla sua nascita, un’ulteriore rappresentazione di alcune sue opere. Fortunatamente qui a Roma, ancora una volta nell’autorevole Palazzo Bonaparte, è stata ospitata questa grande mostra, attesa da tempo.
Sono presenti 50 opere dell’artista provenienti dal prestigioso Museo Kröller Müller di Otterlo dei Paesi Bassi, situato in un villaggio compreso nel Comune di Ede in Gheldria, al centro del parco nazionale De Hoge Veluwe.
Il nome del museo - come viene ampiamente descritto dal documentario comodamente visibile nella prima sala della mostra - deriva da Helene Kröller-Müller, grande collezionista d'arte, moglie di un ricco industriale e tra i primi a riconoscere il genio di Van Gogh e ad acquistare i suoi dipinti, collezione che nel 1935 donò ai Paesi Bassi.
I quadri descrivono i periodi ed i luoghi dove egli visse, come capita spesso nelle pennellate dei pittori, e sono accompagnati da commenti ben articolati e dall’audioguida.
Quindi, oltre ad ammirare lo splendore della sua arte visiva, chiunque può godere e trascorrere bei momenti nelle varie sale, coadiuvati da spiegazioni autorevoli e facili da seguire. Si riesce così ad entrare nella vita di Van Gogh, nel suo amore per la pittura e per i suoi colori che sulla tela si trasformano e si trasformano in opera d’arte.
Come si dice spesso nell’arte, l’opera diviene essa stessa viva, trasmettendo all’esterno le grandi emozioni che il pittore prova nel guardare un paesaggio, prima quello industriale, come nel caso del “Tessitore al telaio”, un dipinto olio su tela, realizzato nel 1884, poi quello contadino come nel caso del “Seminatore al tramonto”, dipinto da Vincent nel 1888, il quale si concentra su personaggi umili, quelli mai guardati dai grandi pittori dell’epoca.
E lui in quei momenti diviene “grande”, facendo divenire protagonisti coloro che fino a quel momento erano stati lasciati da parte, un po’ come accaduto a lui stesso.
Questo è il suo punto di vista rivoluzionario, antesignano di un modo di dipingere irripetibile per la sua bellezza, per la movimentazione dei colori, dell’atmosfera, dei paesaggi rurali, che diventano tutt’uno con i personaggi illustrati, mentre lavorano la terra, arano i campi, fino a divenire indistinguibili ad un primo sguardo, grazie all’aiuto dei colori usati con maestria, perché quello deve essere l’effetto visivo che vuole Van Gogh, secondo la sua visione irrazionale del mondo che ci circonda.
Van Gogh descrive in un suo modo unico il cielo, le stelle, la terra, come un tutt’uno, in continuo movimento. Ed è questo il carattere unico dei suoi meravigliosi dipinti realizzati nella sua maturità artistica.
E cosi via via, mentre si resta incantati ad ammirare i suoi dipinti, nelle splendide sale che si susseguono all’interno del Palazzo, si entra nel personaggio dimenticando Roma, Piazza Venezia, per recarsi con la mente nelle campagne che Van Gogh voleva rendere immortali, e ripercorrere la vita artistica del nostro, che dai disegni in bianco e nero poi passa ad utilizzare e fare suoi i colori, il giallo in particolare, il blu stellato del cielo notturno, il verde ed il marrone della terra arata dai contadini dei Paesi Bassi, e poi tutti assieme, in un unicum dove spazio e tempo smettono di esistere distintamente.
Infatti noi spettatori, in contemplazione, entriamo senza accorgercene, con lo sguardo attraverso i suoi dipinti, nel suo cuore, nella sua anima errante e triste, come se il Nostro fosse lì presente assieme a noi, e diveniamo tutt’uno con lui e con i suoi personaggi: l’arte compie il suo viaggio e raggiunge il visitatore.
Può succedere che, avendo visto in passato i suoi fiori, le iris, le ninfee, le nature morte, i ritratti degli amici di questo celebre pittore, il comune pensare può, errando, ritenere superfluo visitare questa mostra.
Non è così.
Essa si pone come obiettivo un ulteriore passo avanti nella conoscenza di questo grande pittore, mostrando al pubblico una parte meno conosciuta della sua produzione artistica, a parte ovviamente il suo famosissimo autoritratto, cui è dedicata una sala a se stante.
Questi quadri meno conosciuti, nuovi al pubblico, alcuni dei quali in bianco e nero, suscitano nel visitatore un fascino ed un piacere tali da rimanere sconvolti , come sempre.
Insomma, è una scoperta ammirare questi dipinti, meno noti alla platea, che appaiono una novità imperdibile per chiunque: da essi trapela la vita del Nostro, impregnata di angosce, tristezze, tragedie ed anche di delusione, e della speranza di salvarsi, anche dopo essersi sparato all’addome.
Ma quello che arricchisce la mostra sono anche le didascalie, riportate in forma molto particolare, concernenti la sua vita, nei suoi vari periodi artistici, vissuta nelle diverse città europee; quindi i suoi soggiorni, le sue amicizie, i suoi incontri, i suoi difficili amori. Sconvolgenti sono, inoltre, le sue lettere al fratello Theo Van Gogh, riportate fedelmente su schermi posizionati tra i quadri; scritti sublimi, carichi di sentimenti, di affetto, di nostalgia per suo fratello, a cui era molto legato, e grande punto di riferimento per la sua intera vita.
Theo Van Gogh è sicuramente il suo affetto più caro, a cui si rivolge in ogni attimo della sua esistenza. Si avverte in questi scritti una immensa commozione in ogni sua parola, in ogni riga, commozione tradotta poi nelle sue meravigliose pennellate di mille colori.
E’ per tutto questo che la visita di questa originale mostra dovrebbe essere obbligatoria per tutti e per le scuole di ogni ordine e grado in particolare, per permettere a tutti i giovani di conoscere questo pittore straordinario, considerato il più celebre della storia dell’arte. Fu anche il più incompreso, tanto da arrivare prima a tagliarsi un orecchio e poi da arrivare al suicidio, avvenuto fortunatamente per noi, solo dopo aver completato la sua più grande opera artistica, mentre era ricoverato presso l’hôpital Saint-Paul de Mausole a Saint-Rèmy-de-Provence, dove giunge nel 1889 - a seguito di una violenta crisi quando Paul Gaugin lascia la sua casa di Arles - e vi resta fino al 1890.
Alla fine, infatti, cedendo di fronte al pregiudizio di tutti i paesani si fa rinchiudere volontariamente, ritenendosi pericoloso per sé e per gli altri.
E’ proprio dentro la sua piccola stanza d’ospedale che conosce il periodo più intenso dal punto di vista artistico, realizzando circa 150 dipinti e numerosi disegni.
La sua mente, infatti, non smette di viaggiare ed i suoi giardini - da lui frequentati quotidianamente, non potendo uscire - divengono essi stessi fonte di ispirazione per realizzare meravigliose scene, che nelle sue mani e con le sue pennellate rilevano la movimentazione delle forme, delle foglie, dei fiori, degli alberi, della natura che ci circonda che sfuggono al comune mortale, tra cui la “La Notte stellata” e “Le Iris”.
Tra i dipinti più interessanti si evidenziano: Il seminatore (1888), Contadine che zappano patate (1885), Tessitore e bambino su seggiolone (1884), Testa di contadina (1885), Vialetto nel giardino pubblico (1888).
Vale certamente la pena visitare la mostra anche per leggere le sconvolgenti lettere, le parole profonde intrise di emozioni, che si fanno poesia; brani psicologici e letterari, poco conosciuti fino ad oggi riguardanti il nostro Vincent: la Lettera di Vincent van Gogh ad Anthon van Rappard, Hague, 5 marzo 1883; Lettera di Vincent van Gogh ad Arnold Koning, Arles, 30 maggio 1888; Lettera di Vincent van Gogh ad Arnold Koning, Arles, 22 gennaio 1889; Lettera di Vincent van Gogh a Joseph Ginoux, Saint-Rémy-de-Provence, 2 febbraio 1890; Lettera di Vincent van Gogh ad Albert Aurier, Saint-Rémy-de-Provence, 10 febbraio 1890.
Completa la visita una sala meravigliosa, ricca di luci, colori riflessi su specchi illuminati e variopinti dove, quasi ad imitare il gioco di Van Gogh e le movimentazioni dei suoi punti di vista pittorici e grafici, vengono riprodotti i suoi dipinti, le scene, e i fiori; le figure dei suoi più grandi capolavori, con un sottofondo musicale che fa atmosfera.
E’ qui che il visitatore diventa esso stesso protagonista dell’arte di Van Gogh, rispecchiandosi anche lui in mille sfaccettature tipiche di questo labirinto giocoso, che fa girare la testa fino a perdere il senso di sé.
Maria Paola Santopinto