Povero Ciro…

Nel lungo racconto “delle cose ritrovate e perse” pubblicato nel 2021 Maria Teresa Muratore fa i conti

col tempo che passa, con l’orologio che non smette di ticchettare, e con gli impegni da sbrigare nel

tempo a disposizione.

Spera che tutto sia in ordine, tutto sia fatto, compiuto, nella vita terrena. E lo fa empatizzando col suo

personaggio inventato, Ciro, che in ospedale utilizza il tempo che ha per ripensare alla sua vita,

utilizzando la tecnica descrittiva dei flashbacks, va avanti ed indietro nella sua vita, cercando di

riordinare tutto, i suoi ricordi, gli appuntamenti mancati, e focalizzare il proprio io. Trova sempre un

posto sua madre, mentre Ciro era lontano, all’Avana, di cui descrive i bei palazzi storici un po’

decadenti.. a raccontare che tutto ha un inizio ed una fine …

Così Maria Teresa si trova ad affrontare una tematica nuova, quella della sofferenza, traslata dal suo

stile che assume toni diversi, più cupi, riflessivi.

La sua verve stilistica, caratteristica dominante dei suoi racconti, assume toni di dolore, di sofferenza

come se l’animo della nostra autrice risentisse dell’atmosfera attorno a se’ , del brutto periodo storico

che abbiamo tutti vissuto del covid, e che la trasforma interiormente, anche lei.

In questo racconto Maria Teresa vive in Ciro, un personaggio inventato, ed in esso plasma i suoi

pensieri empatizzando con i suoi sentimenti interiori, con le sue sofferenze, come se vivesse lei

stessa in quell’ospedale da paziente, priva dei propri abiti, priva del rispetto cui si è abituati nella vita normale.

il paziente in ospedale ne viene totalmente privato...

e lei lo conosce bene l’ospedale da dietro le quinte, perche ci ha lavorato una vita, una vita intera, nel laboratorio di analisi, a dare risposte mediche ai pazienti per aiutarli. Questa è la sua missione.

Diagnosticare una malattia per prevenirne gli effetti.

Una vita intera la sua e del suo compagno di vita, suo marito, medico all’ospedale del colle di Viterbo.

Racconta la vita in ospedale del paziente Ciro, prima in medicina generale, dove appena ricoverato, si

sente intrappolato ed annoiato, costretto dentro una galera a nutrirsi di pasti insapori. La sua

diagnosi arriva tardi e non identificata in tempo la malattia, finisce in rianimazione. La’ avviene la

trasformazione di Ciro, la sua conversione, il suo cuore di apre a don Gelmino Che riesce a metterlo a

confronto col suo dolore di un tempo, e ne viene liberato dal rimorso, del suo mancato appuntamento

con la sua amata nipote, figlia di sua sorella a causa del suo silenzio. Cosi le sue ferite aperte trovano

riparo nel cuore del sacerdote, che lui non voleva salutare x un destino infame che riguardava suo

nonno, sfuggito ad un prematuro appuntamento con la estrema unzione…

Ma il destino si ripete e finisce la sua vita come l’aragosta legata, gettata di improvviso nell’acqua

bollente, la cui morte e repentina, indolore, inconsapevole…

         Il racconto e dedicato a due suoi suoi amici morti per covid nell’ospedale del colle di Viterbo.

A ben vedere, quello di Maria Teresa è un monito a chi ha paura di affrontare le proprie paure e quindi

un auspicio a prendere il coL.raggio e aprire il proprio cuore quando si è ancora in tempo … senza

aspettare… xche il tempo è il nostro nemico, sia da giovani costretti a correre sia as una certa età

perche si rischia di non averne abbastanza.

La fede religiosa è punto fermo nei racconti di Maria Teresa e la sua serenità si percepisce sopratutto

in riferimento all’aldilà,

Si domanda come sarà questo aldilà…, certa della sua esistenza. E se si meriterà il paradiso…non

avendo fatto tutto il possibile per aiutare chi ha perso tutto. Ed un pensiero va ai naufraghi del

Mediterraneo, che giungono su questo lato del mare senza più nulla.

Ma la sua ironia non smette mai di fare capolino, come in questo racconto, proprio quando Ciro è

pronto a riacchiapparsi la sua vita… e fa la fine dell’aragosta…che non prova dolore morendo…

Ed allora questo e un monito a noi lettori… non dobbiamo avere paura di esprimere i nostri sentimenti

ed agiamo prima che il tempo inesorabilmente trascorra… siamo tutti Ciro… anche lei stessa….

Il racconto e cadenzato da parti scritte in corsivo - i suoi pensieri, quelli di Ciro - e da poesie -

momenti di intensa emozione all’interno del racconto che vorrei ora la nostra autrice ci regalasse con

la sua capacità espressiva e partecipazione emotiva …

 

 

EMANUELA SCARPONI