Ponti tra Oriente e Occidente: Venezia 

“Via della seta” è una locuzione coniata nel 19° secolo per descrivere una rotta commerciale e culturale tra Oriente e Occidente: la sua meta finale era Xian, l’antica capitale dell’Impero Cinese.
Il percorso ideale va da Pechino a Venezia quale porta d’Europa affacciata sul levante. Venezia, una città che sembra fluttuare tra mare e cielo, un gruppo di isolotti, che deve la sua antica ricchezza e potenza ai commerci con l’Oriente; quasi un avamposto dell’Asia nel continente europeo.
E’ nel V secolo che Attila alla testa degli Unni provenienti dai confini cinesi spinge gli abitanti della pianura padana a trovare un luogo più sicuro nella laguna. Nel XIII secolo sono mercanti veneziani a descrivere e quindi a far scoprire la rotta verso la Cina, Vi si recano spinti soprattutto dal richiamo degli affari e dalla sete di avventura. E’ il 1271: un ragazzo di 17 anni, figlio di mercanti e nobile di Venezia, parte per un viaggio di 12000 km verso la Cina. 20 anni dopo vi ritorna, fatto prigioniero dai Genovesi, detta i ricordi della sua avventura lungo la via della seta. Nascerà il libro delle meraviglie, il Milione, un best seller della letteratura mondiale, che alimenterà fantasie sulle favolose ricchezze d’oriente ed ispirerà molti esploratori, sarà ad es. riferimento per lo stesso Cristoforo Colombo, servirà da base per il primo mappamondo di Fra Mauro (cartografo sempre a Venezia).
Il prodotto che seduce in modo particolare Marco Polo è la seta: prodotto inventato dai cinesi più di 4 mila anni fa arriva a Venezia nel Medioevo. Nel corso del 1300 la tecnica della tessitura di broccato, velluti e sete si espande a Venezia importata dall’ Oriente, da Costantinopoli, da Damasco (damascati) in Siria. Nella città lagunare la tecnica si raffina, saranno i Lucchesi ad avviare una fiorente produzione di tessuti; a tal punto che a Venezia saranno realizzati i caftani per i sultani ottomani. La via della seta funzionava comunque in entrambi i sensi.
Si racconta che Marco Polo abbia trafugato dei bachi da seta, o che abbia rubato la pasta, Sicuramente possiamo dire che i mercanti veneziani hanno imparato dai cinesi (vedi p. es uso della bussola o dell’astrolabio, della carta, e tristemente della polvere da sparo). Alcuni tra storici sono giunti a ritenere che abbia addirittura inventato il viaggio e che non sia mai stato in Cina (non facendo nel “Milione” per esempio alcun accenno alla muraglia cinese, e non parlando dell’uso del the). Tutte supposizioni smentite. Marco Polo ha le spalle larghe.
I pilastri della Cucina Veneziana sono profondamente segnati dall’influenza della Via della seta. Ne sono un esempio spezie di tutti i tipi, pensiamo poi al carciofo (piantato all’inizio nell’isola di Sant’Erasmo nel 1500 proveniente da una terra tra Arabia e Persia), all’albicocca dall’Armenia, allo zucchero dagli arabi, all’uvetta sultanina dalla cultura ebraica, (Qui ci sentiamo in dovere di sottolineare che a Venezia non cresceva niente, solo acqua). La via della seta è anche la via delle spezie: allora molto ricercate, a tal punto che i commercianti veneziani organizzavano trasporti e andavano ad acquistarle per primi in Asia, diventando gli unici fornitori per re imperatori europei, accumulando fortune.
Guardiamo le facciate dei palazzi e la toponomastica, a Venezia, raccontano il legame della città con l’oriente. Fra tutti gli edifici primeggia la basilica di san Marco: il simbolo di questa relazione con terre così lontane. Costruita per raccogliere le reliquie di San Marco che la leggenda vuole trafugate in Egitto. Sulla facciata domina il Leone, simbolo dell’evangelista ed emblema della città. La decorazione interna sottolinea il legame con Costantinopoli: quasi interamente ricoperta di mosaici a foglia d’oro che mostrano anche i popoli con cui Venezia commerciava: arabi, turchi, ebrei, frigi traci, asiatici, i popoli quindi della via della seta. Vediamo raffigurati personaggi con turbanti o vesta orientaleggianti che ricordano come un tempo i confini non fossero mai così netti. Significativa lastra di marmo del X secolo raffigurante simboli dell’occidente e dell’oriente: vi si trovano la croce cristiana, la stella di David, la croce uncinata degli indù, la ruota del Darma, il fiore di loto dei buddisti.
Prendiamo come spunto gli stupendi mosaici a foglia d’oro della Basilica. Dove nasce questa tecnica? In laguna la si apprende dai bizantini. A loro volta dai greci e dai romani, guardiamo a Pompei: uso di tessere di vetro per avere tutte le gamme cromatiche. Dimostrando così un andare e venire fra occidente e oriente: Nata a Pompei questa tecnica si sposta in Asia, nell’Impero Romano d’oriente, a Costantinopoli, per ritornare con i mercanti veneziani nella forma di mosaico in vetro con foglia d’Oro, quindi massima espressione di lusso e magnificenza – ma anche esempio di un risultato di scambio di informazioni -.
I Veneziani non erano solo marinai, molti si diressero a est attraversando montagne e deserti; e altri ancora arrivavano e si insediavano con le loro attività nella città lagunare: dimostrando l’apertura della Serenissima Repubblica di San Marco nell’accogliere e accettare l’altro e creare dei ponti di comunicazione e delle mescolanze p.es. negli stili architettonici dei vari edifici: esempio emblematico palazzo con raffigurato un cammello. Che ci fa un cammello a Campo dei Mori? Ai quattro angoli di questo particolare incrocio di calli e canale vi sono 4 personaggi dalle fattezze orientaleggiante con turbanti: Sono chiamati Mori perché dalla Morea, attuale Peloponneso, e danno il nome al campo. Sappiamo che erano commercianti di sete e spezie arricchitisi e ben inseriti nel contesto della città fin dalla metà del 1300. Le vite dei “mori” sono avvolte tra miti e leggende.
Altra espressione del rapporto con l’oriente: nome e fattezze di un palazzo sul Canal Grande: Fontego dei turchi. Risalente sempre al 1300. Fontego: la parola deriva dall’arabo fonduc per indicare magazzino insieme ad una sorta di albergo e luogo per svolgere attività di commercio: questo edificio era riservato ai mercanti provenienti dalla Turchia.
Per concludere con una espressione di saluto usata e diffusa in quasi tutto il mondo: “Ciao”. Il termine deriva dall’espressione di saluto, di reverenza, in uso tra i veneziani quando si incrociavano, da “schiavo suo”, ad indicare “sono a sua disposizione”. Con il tempo l’espressione si è ridotta, fino al nostro “Ciao”.