16-02-2020

 

                                                                                              Lo Stenografo parlamentare e la sua evoluzione nella storia

        Di tutto e di più si dice su questa figura concentrata ed attenta, orecchie e mani tese, pronte a scattare appena i fatidici parlamentari pronunciano una sola sillaba! Funzionano meglio di un registratore le preziose mani dello stenografo professionista che volano oltre la velocità del suono - grazie ad una tastierina che permette di utilizzare cinque dita per volta per trascrivere, invece delle solite due che guidano la penna - contemporaneamente alle parole pronunciate da un oratore, specialmente laddove interviene fuori microfono e le cui parole non risultano dalla registrazione-audio.
        La Costituzione disciplina la pubblicità dei lavori camerali in due noti articoli, in corrispondenza di due diversi aspetti delle attività parlamentari: all'articolo 64, in relazione all'Assemblea; all'articolo 72, in relazione alle Commissioni in sede deliberante-legislativa.
Nel primo dei due articoli si dispone che le sedute delle Camere devono essere «pubbliche» e che, «tuttavia ciascuna Camera e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta»; all'articolo 72 si stabilisce che sia il Regolamento delle Camere a «determinare» le «forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni». Lo stenografo parlamentare è guardato con grande curiosità da tutti gli oratori, i cui ragionamenti incessantemente egli segue per cinque minuti consecutivi, enfatizzando e facendo proprio il ragionamento che da teorico, diviene una composizione scritta.
Lo stenografo parlamentare effettua questa operazione con tutti: maggioranza ed opposizione, in eguale misura e con eguale trasparenza. Guai se così non fosse: ne verrebbe meno l'equilibrio del funzionario istituzionale che, a differenza di un giornalista, il cui compito è quello di dare una sua interpretazione di quanto espresso, deve rispettare il pensiero degli oratori tutti, a garanzia del principio democratico, alla base del nostro Paese.
      E così, da oltre un secolo, gli stenografi parlamentari occupano la loro postazione al centro di ogni Aula parlamentare democratica per "garantire" la pubblicità dei lavori parlamentari e rendere così fruibile ai cittadini tutti, senza distinzione alcuna, tramite la pubblicazione quotidiana del Resoconto stenografico, quanto avviene nelle Aule del Parlamento. Esso è solitamente considerato dai cittadini organo estremamente lontano dalla vita quotidiana, quando invece al suo interno si decide l'andamento politico, economico e culturale di un Paese, la cui storia e progresso civile sono indispensabili per la sopravvivenza stessa dei suoi cittadini.
Solo conoscendo ciò che accade tra queste mura si può prendere atto di quanto si decide e quindi condividere, contrastare, avere una visione critica di ciò che accade e maturare una coscienza politica.
È stato introdotto anche un canale satellitare per trasmettere, in corso d'opera, le sedute parlamentari di Aula. "...Così è possibile dire oggi che rendono pubblici i lavori parlamentari tre grandi categorie di mezzi: quella diretto-testimoniale della presenza del pubblico; quella documentaria della comunicazione scritta; quella della comunicazione audio-visiva delle trasmissioni via etere.

     La prima forma antica non è praticabile in tutte le sedi dei lavori parlamentari e non è accessibile a tutti contemporaneamente; la seconda, impostasi con la modernità grazie alla introduzione della stampa ed alla alfabetizzazione generalizzata, rende la conoscenza dei lavori parlamentari potenzialmente disponibile a tutti; la terza avviene con la diffusione radiofonica e poi televisiva.
Lo stenografo parlamentare produce "...i resoconti, questi documenti a stampa, nei quali sono riportati le discussioni (i dieta), le deliberazioni (gli acta) e ogni altro accadimento proceduralmente significativo delle sedute parlamentari di Assemblea, di Commissione e di altre sedi collegiali delle due Camere: un vero e proprio genere letterario, con due specie redazionali, quella del resoconto sommario e quella del resoconto stenografico.
Questi sono documenti che non si esauriscono nella semplice operazione di trasferimento del parlato dalla oralità alla scrittura, con il trattamento della parola che questa operazione comporta, ma che riportano anche l'annotazione dei modi e delle forme con cui la discussione si è svolta e la deliberazione adottata, oltre che di quanto altro può avere caratterizzato l'andamento dei lavori (fisionomia). Questi aspetti non sempre sono legati alla stretta verbalità ma riguardano anche in comportamenti, e che, annotati nel resoconto, ne vanno a costituire (per usare il lessico corrente) la cosiddetta fisionomia.
Due aspetti caratterizzano dunque il resoconto: il mutamento della forma originaria della oralità nella forma definitiva della scrittura e l'attestazione dell'avvenuto non-verbale, proceduralmente rilevante. Entrambi servono alla pubblicità dei lavori, ma anche alla piena esistenza giuridica delle procedure documentate.
      La pubblicità dei lavori parlamentari assicurata dai resoconti ai nostri occhi appare oggi nella natura delle cose; in realtà si tratta di una acquisizione relativamente recente: vi sono più di quattro secoli di Parlamenti senza resoconti e la storia di questi atti tipicamente parlamentari si intreccia significativamente con altre storie: quella del giornalismo politico e della libertà di stampa e quella della nascita di governi responsabili, che hanno il loro avvio, in Inghilterra, nella seconda metà del Seicento.
La difesa della libertà di stampa contro la censura politica è sostenuta da Milton fin dalla metà del secolo (1644), con il noto argomento che la verità prevale sull'errore, quando entrambi possono essere liberamente attestati. Essa sembra convincere i Comuni che, nel 1695, non raggiungono l'accordo sul testo della legge che avrebbe dovuto confermare la censura preventiva, con il risultato forse non voluto della liberalizzazione della stampa politica.
La nuova libertà invogliò presto alcuni periodici ad avventurarsi anche sul terreno dei lavori parlamentari che - censura o non - continuavano ad essere al riparo della pubblicità, in forza di un privilegio che il Bill of Rights aveva riservato alla esclusiva competenza del Parlamento.
     Nascono i primi resoconti parlamentari; «resoconti-pirata», se si vuole, in violazione di quel privilegio: ma la violazione tollerata, di buon grado o non, dalle Camere, andò avanti per tutto il corso del Settecento, fino a che - come è destino di ogni fortezza assediata - anche quel privilegio venne espugnato, con la rinunzia ad esso, da parte dei Comuni nel 1803 e dei Lord nel 1807.
Da allora i resoconti parlamentari divennero legittimi. Nel Continente, la Costituzione francese aveva consacrato qualche anno prima (1791) il principio che le discussioni dell'Assemblea legislativa dovessero essere pubbliche e che i loro atti dovessero essere dati alle stampe, ma a quella data questo costituiva un uso ormai consolidato da decenni per la libera stampa britannica.
Ma che genere di resoconti erano? Si trattava di semplici servizi giornalistici, non sistematici, saltuari, non integrali, di parte, affidati alla buona o cattiva volontà, se non alla fantasia, del reporter.
Questa era la situazione quando, nel 1803, W. Cobbett, volendo curare uno studio di storia costituzionale, prese a raccogliere ordinatamente servizi sulle discussioni parlamentari secondo i criteri critici della storiografia moderna.
    La raccolta, pubblicata settimana per settimana sul Political Register, finì per costituire una fonte di conoscenza dei lavori parlamentari integrale, affidabile, insostituibile: cioè, quel resoconto che sarebbe poi stato preso a modello da ogni Parlamento.
Non politiche né giuridiche sono le origini di questo classico atto parlamentare, ma - almeno nella patria della «madre di tutti i Parlamenti» - ispirate alle esigenze della obiettività e della conformità al vero, proprie di una attestazione storica in senso moderno.".
Si annovera tra gli altri lo scrittore Charles Dickens, stenografo parlamentare del Parlamento inglese, la cui prima opera letteraria è The Pickwick Papers, concernente i pettegolezzi del Parlamento!
     Da qualche anno a questa parte, la presenza dello stenografo parlamentare è prevista per prassi anche in sedi non istituzionalmente sancite dal Regolamento.
Se sono obsoleti o non questi stenografi parlamentari è la domanda che molti si pongono cui non segue mai alcuna risposta, dato che gli stenografi non hanno come compito quello di parlare ma di trascrivere, passando il più possibile inosservati!
Sostituire tale figura presenta grossi problemi: pensare di lasciare tutto nelle mani di un giornalista è impensabile, come presero atto i Parlamenti nei secoli scorsi; di un registratore è altrettanto impensabile poiché ne deriverebbe l'impossibilità dì leggere ed analizzare gli atti. La questione rimane aperta da anni nei vari Parlamenti, in attesa di nuove tecnologie.

 Emanuela Scarponi