In data 7 aprile 2023 è stato presentato il disegno di legge, ad iniziativa governativa, da parte del Ministro dell’agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Francesco Lollobrigida e dal Ministro della salute Orazio Schillaci ed assegnato alle commissioni riunite IX e X in sede redigente il 3 maggio 2023, avente ad oggetto il divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti sintetici, di alimenti cioè che provengono da applicazioni sperimentali di studi in ambito chimico biologico di riproduzione e coltivazione cellulare operata in laboratorio, su cellule animali staminali, al fine di ottenere prodotti alimentari. Ad oggi la ricerca e la produzione di tali alimenti si è concentrata maggiormente sulla carne; in alcuni paesi extra europei, ed in particolare negli Stati Uniti l’organismo di controllo ed autorizzazione alimentare, la Food and Drug Administration (FDA), ha consentito la produzione di carne di pollo sintetica, prodotta in laboratorio e derivante dallo sviluppo di cellule animali: tale circostanza ha indotto una richiesta di commercializzazione anche in Europa. La produzione di alimenti e mangimi sintetici isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati, riguarda principalmente la produzione di carne coltivata in laboratorio a partire da cellule staminali estratte da cellule di animali vivi o da carne fresca e fatte sviluppare in bioreattori, nonché di pesce prodotto nello stesso modo. La carne sintetica è un processo biotecnologico che ha inizio estraendo cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi o cellule staminali pluripotenti da embrioni animali. Tale estrazione può essere sperimentata con qualunque specie vivente, ma per ora è stata condotta solo sui pesci, tacchini, polli, anatre e specialmente bovini. Dopo l’estrazione è prevista la crescita di organismi biologici che deve riprodurre le condizioni ottimali naturalmente presenti nel corpo degli animali al fine di far proliferare le cellule staminali fino alla fase di differenziazione in cui si formano vere e proprie fibre muscolari che continuano a crescere formando un tessuto analogo al tessuto muscolo scheletrico. Tuttavia, per ottenere carne commestibile è necessario una sorta di impalcatura sulla quale far orientare la crescita delle cellule e dar loro una struttura tridimensionale; tale impalcatura è in genere di materiale commestibile, ad esempio a base di amido.
Al riguardo la relazione illustrativa al disegno di legge in parola, evidenzia che numerosi studi condotti da esperti internazionali e pubblicati su insigni riviste scientifiche hanno sottolineato come si sia poco approfondito l’aspetto della sicurezza dei cibi sintetici, ed in particolare della carne e della sua capacità nutrizionale; sembra infatti che la sperimentazione sugli alimenti sintetici sia ancora in una fase embrionale che non permette quindi di escludere ricadute negative per la salute degli esseri umani. In particolare in uno studio si legge che con la moltiplicazione cellulare è probabile che possano verificarsi alcune proliferazioni non regolate e non regolabili, come avviene per le cellule tumorali (“The myth of cultured meat: a rewiew”, frontiers in nutrition 2020 – S. Chriki e J. F. Hocquette). Quindi per ora, secondo la relazione illustrativa, gli aspetti dubbi e non verificati riguardano sia gli effetti sulla salute umana derivanti dal consumo di questi alimenti sintetici sia il problema della sostenibilità ecologica delle produzioni; infatti anche per tale ultimo aspetto si evidenziano delle controversie. In particolare alcuni rapporti sui sistemi alimentari sostenibili, presentati da un gruppo di esperti e scienziati che prendono parte all’International Panel of Experts on Sustainable Food Systems-I-Pes-FOOD, hanno evidenziato che le proteine alternative non sono sostenibili e potenzialmente mettono a rischio la salute umana. Si tratta infatti di prodotti, sia della carne sia vegetali, che vengono realizzati con processi produttivi che richiedono un grande consumo di energia e l’utilizzo di monocolture industriali dannose per l’ambiente; inoltre tali processi di produzione alimentare industriale arrecherebbero danni ai sistemi agricoli, specialmente a quelli più fragili posizionati nelle zone a sud del mondo, con ripercussioni negative anche sull’occupazione perché sarebbe più conveniente produrre dove il lavoro costa meno creando ancora più ingiustizia sociale. Un’ultima osservazione è stata poi riportata, sempre nel corpo della relazione illustrativa, in merito alle affermazioni sul rischio per la salute e per l’impatto sull’ambiente del settore zootecnico. In questo senso si esprime anche la Food and Water Watch (organizzazione non governativa con oltre 3 milioni di sostenitori), la quale osserva che le asserzioni a favore degli alimenti sintetici rispetto a quelli coltivati (ed in particolare la carne) sono speculative; il settore è ancora in una fase sperimentale ma è sicuro che gli investimenti sui prodotti a base di alimenti sintetici si basano su processi produttivi che richiedono ambienti sterili, altamente industrializzati e fortemente energivori, forse anche più degli allevamenti tradizionali. Evidenzia inoltre che per la crescita delle cellule delle carni coltivate occorrono antibiotici che garantiscono la sterilità dell’ambiente di coltivazione, con inevitabili ricadute sul benessere del corpo umano il quale potrebbe essere intossicato da seppur minime quantità di tali farmaci che contribuirebbero a formare agenti patogeni, le c.d. colonie batteriche resistenti agli antibiotici, con evidenti difficoltà per l’essere umano di contrastarle e riacquistare la salute. Inoltre nel corso delle lavorazioni vengono utilizzati altri materiali pericolosi di natura chimica utilizzati per la disinfezione che possono lasciare residui nel prodotto finale; infine la parte più pericolosa sarebbe quella in cui, a fronte di un costante monitoraggio, si dovrebbe garantire che le linee cellulari non mutino o si contaminino al fine di ridurre i rischi per la salute umana. Durante una sperimentazione si è potuto constatare che l’assunzione di cibi ultra lavorati è associata ad un più elevato rischio di malattie cardiovascolari complessive, un aumento del rischio di malattia coronarica, e un incremento di malattie cerebrovascolari. Contestualmente le autorità sanitarie pubbliche di diversi paesi hanno iniziato, di recente, a promuovere alimenti minimamente o assolutamente non trasformati e a raccomandare di limitare l’uso di consumo di alimenti ultra-lavorati.
Con tali presupposti ed in mancanza di una normativa europea specifica il Governo ha ritenuto di intervenire in via precauzionale a livello nazionale per tutelare interessi che sono legati alla salute ed al patrimonio culturale della nazione. A dovere di cronaca si ricorda l’esistenza del regolamento comunitario (CE) n. 178/2002, richiamato nel disegno di legge, che reca norme generali in materia di legislazione alimentare e consolida le norme sulla sicurezza di alimenti e mangimi nella Unione Europea (UE). Il regolamento ha disposto il divieto di mettere in vendita alimenti pericolosi per la salute o non adatti al consumo umano; i controlli riguardano tutte le fasi della catena alimentare e sono volti a: garantire la tracciabilità degli alimenti, dei mangimi e degli animali destinati alla produzione alimentare; ritirare immediatamente gli alimenti ed i mangimi dal mercato in caso di possibili effetti dannosi per la salute; informare le autorità preposte ed i consumatori. Pertanto il disegno di legge specifica che le finalità della proposta normativa sono quelle di tutela della salute umana e del patrimonio agroalimentare quale insieme di prodotti espressione del processo di evoluzione socio-economica e culturale dell’Italia; questo secondo ambito è considerato di rilevanza strategia per l’interesse nazionale. Si prevede quindi, nel disegno di legge, il divieto di produrre e commercializzare alimenti sintetici - individuati some alimenti o mangimi costituiti isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati - nel rispetto del principio di precauzione; il divieto si riferisce sia agli alimenti per il consumo umano sia ai mangimi per il consumo animale e i destinatari del provvedimento sono tutti gli operatori del settore alimentare. In caso di illeciti sono previste sanzioni amministrative che intervengono sulla possibilità di svolgere attività di impresa usufruendo di contributi, agevolazioni, finanziamenti ed altre forme di erogazioni concesse dallo Stato o altri enti pubblici o dall’Unione Europea per l’attuazione di attività imprenditoriali, nonché sull’eventuale chiusura dello stabilimento di produzione per un periodo minimo di un anno e fino ad un massimo di tre anni. In particolare la tutela del patrimonio agroalimentare italiano, che il disegno di legge intende garantire, costituisce uno dei punti di forza del nostro Paese, esso si compone di prodotti qualitativamente molto competitivi che presentano tipicità ed alto livello di reputazione, raggiungendo i più svariati mercati internazionali e registrando ottimi successi commerciali: esso ha acquisito quindi una valenza sociale e culturale oltre che economica. In generale il sostegno dei prodotti delle tradizioni e delle pratiche agroalimentari è riconosciuto a livello internazionale dall’Unesco nell’ambito della tutela del patrimonio immateriale dell’umanità (così la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio immateriale conclusa a Parigi il 17 ottobre 2003 e ratificata con la L. n. 167 del 2007). Per patrimonio immateriale culturale si intende l’insieme di prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, know-how che le comunità riconoscono in quanto parte del proprio patrimonio culturale; esso è in costante riproduzione in risposta all’ambiente ed alla propria storia dando un senso di identità e di continuità alle comunità. In Italia è stato istituito presso l’attuale Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste l’inventario del patrimonio agroalimentare italiano con lo scopo di individuare, catalogare e documentare gli elementi culturali afferenti le tradizioni agroalimentari tipiche italiane. Il nostro paese si distingue in Europa per il maggior numero di prodotti a marchio registrato; a livello nazionale il legislatore italiano ha dato sempre grande rilievo all’indicazione obbligatoria dell’origine nazionale della produzione agroalimentare a tutela dei prodotti nazionali. Il recente DL n. 135 del 2018 ha disposto l’obbligo per i prodotti alimentari commercializzati di riportare nell’etichetta anche il luogo di origine o di provenienza delle materie prime. Il patrimonio agroalimentare italiano a causa di vari tentativi di contraffazione è stato oggetto di misure di carattere legislativo per la sua tutela; sono stati istituiti così il fondo per la sovranità alimentare ed il fondo per il sostegno delle eccellenze nella gastronomia e dell’agroalimentare italiano.
Sull’argomento, tuttavia, vi sono diversi scienziati che si schierano a favore della c.d. carne coltivata; in particolare il dott. Roberto Defez, ricercatore dell’istituto di Bioscienze e Biorisorse del CNR di Napoli, ha sottolineato come non sia corretto parlare di carne sintetica, poiché il processo produttivo non prevede procedure di sintesi chimica, bensì la produzione di carne a partire da cellule staminali, fatte sviluppare in laboratorio. Inoltre dal punto di vista dell’impatto ambientale lo stesso ricercatore afferma che, ridurre la produzione di carne ottenuta dagli allevamenti tradizionali potrebbe portare ad una riduzione nel consumo di acqua, terreno e nella produzione di gas serra. Tuttavia anche lui sottolinea che è necessario valutare bene ogni aspetto della questione e prendere decisioni solo dopo aver analizzato accuratamente tutti i dati a disposizione.
Anche l’European Food safety Authority (EFSA) sostiene che la carne coltivata nonché i frutti di mare ottenuti in vitro, potrebbero essere considerati una soluzione promettente ed innovativa per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sistemi alimentari equi, sicuri, sani e rispettosi dell’ambiente (farm to fork). Tuttavia specifica che il potenziale impatto sull’ambiente e sulla sostenibilità devono essere valutati a fondo e la sicurezza dei processi e dei prodotti deve essere stabilita; ciò non significa che gli alimenti coltivati non siano sicuri ma bensì che la scienza deve fare il suo corso. Qualora l’EFSA dovesse autorizzare la produzione ed il commercio di carne coltivata nell’UE il governo si vedrebbe costretto a dover eliminare il divieto di importazione e allo stesso tempo si troverebbe a non poterla produrre. In questo senso si è espresso anche il prof. Michele Morgante, professore ordinario di genetica dell’Università di Udine, il quale ha evidenziato che in Italia in tale ambito si stanno definendo regole prima ancora che si sia fatta chiarezza su elementi importanti che consentirebbero di prendere decisioni informate e definitive. Il disegno di legge in argomento ha giustificato il divieto con riferimento alla scarsa sicurezza degli alimenti coltivati e al rischio derivante per la filiera della produzione della carne da allevamento, ma il Professore conclude dicendo che si può proteggere l’attività della filiera produttiva degli allevatori italiani senza allarmare l’opinione pubblica; infatti si ha l’impressione che la decisione non sia stata presa sulla base di elementi scientifici.
Il dato effettivo è che oggi è difficile riprodurre perfettamente le caratteristiche organolettiche, cioè gusto, profumo, odore, consistenza della carne tradizionale, così come tutti i nutrienti (es. la vitamina B12 che dovrà essere fornita a parte) e alcuni elementi tipici della carne, come ad esempio l’osso per cui alcune ricette di cucina andranno a scomparire. Inoltre l’impatto rilevante sarebbe anche sugli allevamenti tradizionali e non intensivi oggi utili per il mantenimento delle razze autoctone e per la pulizia di boschi e foreste. Per quanto riguarda l’aspetto economico, il costo della carne sintetica è in forte discesa; oggi si attesta su un prezzo di circa 13-15 euro per 250 grammi (quindi circa 50/60 euro al kg) ma c’è chi prevede che il suo costo, per effetto dell’innovazione tecnologica e dell’aumento della domanda, sia destinato a diminuire e ad arrivare anche ad un costo inferiore rispetto a quello della carne normale.
Riassumendo il disegno di legge nasce dal fatto che i cibi sintetici non garantiscono qualità, benessere, tutela della cultura e della tradizione enogastronomica e di produzione, caratteristiche tutte italiane; inoltre ad oggi non ci sono sufficienti studi che permettano di avere chiarezza circa gli effetti che tali cibi potrebbero avere sulla salute dell’uomo. Pertanto di fronte alla possibilità della sua commercializzazione nel nostro paese sarebbe opportuno fare campagne di pubblicizzazione che rendano chiari i pericoli di una immissione in commercio di tali prodotti in modo che siano gli stessi consumatori, adeguatamente informati, a fare le loro scelte ed a fare la differenza sul mercato. Sicuramente allo stadio presente occorre sottolineare in tutta onestà che sembra un po’ prematuro immettere sul mercato beni non ancora testati.
Che la scienza faccia il suo corso è sacrosanto, ma è anche vero che non sarebbe né etico né giusto essere considerati delle cavie!