Il processo di lobbying: storia e significato
di Alessandra Di Giovambattista

29-08-2023

L’attività di lobbying, ossia il tentativo da parte di gruppi o singoli individui di influenzare l’attività e le decisioni del Governo di una Paese, sembra abbia origine nel XVIII secolo negli attuali Stati Uniti d’America. Il termine inglese lobby traduce specificatamente la “loggia”, ossia il luogo considerato come tribuna parlamentare riservata al pubblico. I soggetti portatori di interessi propri o di gruppo, svolgono attività di influenza e pressione sul sistema politico; tale modalità di azione viene definita lobbying, in italiano lobbismo. Lobby è una parola che deriva dal tardo latino, medioevale: “laubia” con significato di loggia, portico. Secondo alcuni autori la parola lobby venne usata per la prima volta da Thomas Becon, nel seconda metà del 1500, poi sembra ripresa da William Shakespeare nell’opera Enrico IV, volendo indicare il “passaggio”, il “corridoio”. Altri fanno derivare la parola inglese lobby dall’antica lingua tedesca “lauba” (chiaramente derivata dal tardo latino, come su detto) con il significato di deposito di documenti. Tuttavia fu nel XIX secolo (intorno al 1830) che il termine lobby andò ad indicare, nella “Camera dei Comuni”, la grande anticamera in cui i membri del parlamento inglese usavano esprimere il proprio voto durante una sessione di “division”, ossia di votazione. Successivamente il termine fu usato per individuare la zona del Parlamento in cui i rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di contattare i membri del Parlamento per perorare i propri interessi; con il termine lobby furono quindi indicate le anticamere di fronte alle aule in cui le decisioni parlamentari venivano prese. Si iniziò così, durante il XIX secolo, ad utilizzare il termine lobbyist e lobbying per indicare rispettivamente i soggetti portatori di interessi specifici e le loro attività.
Quindi in senso lato la parola lobby indica il gruppo di pressione che si riunisce per incontrare i parlamentari e portare avanti interessi di gruppi o personali. Così il termine è approdato anche nella nostra lingua che, con terminologia essenzialmente giornalistica, indica i gruppi di potere/interesse con lobbies, i soggetti come lobbisti, e le attività di pressione in attività di lobbying. I gruppi di pressione, spesso rappresentati anche da ditte professioniste specializzate nell’offrire servizi di lobbying, sono quindi gruppi organizzati di individui o aziende che tentano, con varie strategie di influenzare le decisioni che le istituzioni intendono prendere per favorire determinati interessi; molti sono i modi e le forme in cui tali gruppi provano a condizionare il potere legislativo. Alcune volte le modalità di azione possono non essere sempre trasparenti o legali, ad esempio si possono usare pratiche di corruzione, traffico di influenze illecite per corrompere pubblici ufficiali, divulgazione di notizie propagandistiche attraverso i media con la finalità di raggiungere determinati obiettivi.
In Italia, come anche nel resto dei paesi Europei, il lavoro del lobbista non gode di buona fama, spesso viene ricondotto a scandali, alla corruzione ed alla concussione, ed i lobbisti sono considerati solo come portatori di interessi particolari, contrari a quelli generali; in particolare, l’associazione internazionale contro la corruzione - la Trasparency International Italia – ha individuato tre cause che fanno intravedere l’attività di lobbying come un’attività riconducibile a discutibili pratiche di influenza socio-politica. Una prima causa, di natura storica, è riconducibile al peso che la rivoluzione francese ed il pensiero di Rousseau hanno avuto sulle modalità di espressione della volontà popolare: quest’ultima è considerata come il prodotto della volontà dello Stato espressa unicamente attraverso l’attività legislativa e non già come possibile mediazione tra parti rappresentanti differenti interessi. Altro aspetto, riconducibile ai criteri dettati dalla Costituzione italiana, si ritrova nel fatto che i partiti politici sono visti come gli unici attori che possono intervenire e mediare con le istituzioni. Il terzo motivo risiede nella mancanza di regolamentazione e di trasparenza delle attività di rappresentanza di interessi che le fanno percepire come pratiche non lecite e negative. Indubbiamente in Italia e nel mondo non mancano scandali che contribuiscono a conferire un’alea di negatività alle attività di lobbying; si rammentano gli scandali legati ad associazioni segrete finalizzate al controllo e all’ingerenza negli appalti e negli incarichi pubblici che hanno coinvolto politici, magistrati ed imprenditori (le cosiddette logge “P3” e “P4”, fenomeni degli anni 2010/2011), o più recentemente gli scandali che hanno creato il caso di “Mafia Capitale” nel 2015, che ha evidenziato il legame tra politica e criminalità organizzata sul territorio romano.
Tuttavia il fenomeno del lobbismo non può essere relegato e ricondotto frettolosamente alle pratiche malavitose, ci sono di fatto organizzazioni che cercano di stabilire delle regole di trasparenza e responsabilità alle attività di lobbying al fine di cooperare con la sfera politica e la società civile anche in ambiti meritori quali l’ambiente, la giustizia, l’equità e l’uguaglianza: è il caso di “The good lobby”. Quest’ultima è un’organizzazione non profit la cui missione, così come la autodefiniscono, è quella di democratizzare l’accesso alle decisioni pubbliche; cerca di realizzare l’obiettivo attraverso la sensibilizzazione dei cittadini, dei movimenti, dei gruppi e delle organizzazioni del terzo settore sull’importanza di occuparsi della politica economica, al fine di influenzare le scelte dei decisori pubblici verso le migliori opportunità. Sottolinea ancora che la loro attività è in primis rivolta alla formazione dei soggetti che seppur portatori di interessi condivisi faticano ad essere coinvolti nei processi decisionali o non hanno risorse e strutture per poterlo fare.
Quindi un gruppo di interesse si attiva con la finalità di influenzare le decisioni del potere legislativo ed esecutivo, delle Authority e degli enti pubblici e più in generale della pubblica amministrazione tutta. In Europa tale attività si verifica presso la Commissione europea a Bruxelles e in misura inferiore presso il Parlamento a Strasburgo; negli Stati Uniti d’America i gruppi di interesse agiscono sul Congresso e sui vertici dell’esecutivo, a cui capo troviamo il presidente degli USA. Qui i lobbisti hanno un elevato ed eterogeneo grado di istruzione - spaziando dalla formazione giuridica a quella più specifica in medicina, biologia, ingegneria, ecc – e retribuzioni molto alte; circa la metà dei parlamentari che non vengono riconfermati nelle elezioni successive diventano lobbisti, andando ad aumentare la schiera di soggetti rappresentanti di imprese, università, professioni, associazioni, enti, nazionali ed esteri (così creando il fenomeno delle “porte girevoli” evidenziato in Europa, come vedremo). Seguendo questo sistema di produzione di leggi – così come sostiene un aneddoto diffuso nel Congresso Americano – per conoscere a fondo un progetto di legge è utile ascoltare sia li lobbista a favore sia quello contrario al provvedimento!
Secondo Luigi Graziano, politologo e professore universitario, il lobbying si presenta come “libero mercato dei gruppi di pressione organizzati in competizione pura e perfetta per ottenere accoglimento dell’interesse rappresentato presso il decisore politico”; le lobbies viste finora come sinonimo di corruzione, incominciano invece a prendere il loro spazio e sono sempre più presenti nella vita dei sistemi democratici, per lo più dei sistemi politici di tipo liberal democratico, come quello degli USA in cui lo Stato ha una presenza minimale, mentre la società civile, molto attiva, presenta una maggiore articolazione degli interessi ed una grande capacità di aggregarli in finalità comuni e dai connotati socio-economici.
Pertanto oggi lo studio dei processi di lobbying assume un grande rilievo per capire il funzionamento delle democrazie moderne; soprattutto in questa epoca di globalizzazione in cui per le aziende il dialogo diretto con la compagine politica diviene anche un campo per ottenere vantaggi competitivi e sviluppare tattiche finora non sperimentate. In un contesto di buona regolamentazione le attività di pressione possono svolgere un attivo e positivo processo di sviluppo; in mancanza di regole invece questo stesso processo può divenire foriero di ingiustizie e di creazione di leggi contrarie all’interesse pubblico ed al bene sociale.
In Italia, fino a poco tempo fa, non si aveva una regolamentazione delle attività di pressione e quindi la visibilità del fenomeno era ricondotta alla suddette pratiche illegittime e poco trasparenti, con il conseguente rigetto delle figure dei lobbisti e del loro operato. Il primo serio esercizio di regolamentazione del lobbismo si ha con il regolamento della Camera dei deputati, dove i gruppi di interesse sono stati normati nel regolamento parlamentare che pur avendo perso di efficacia nel 2017, ha continuato ad essere rispettato in mancanza di altro. Si introducono diversi parametri per cercare di definire varie situazioni e soggetti: viene definita in primo luogo la figura del lobbista; si introduce un registro elettronico pubblico obbligatorio per chi vuole avere un incontro con i parlamentari; si prevede il divieto di iscrizione per coloro che sono stati condannati in via definitiva per reati contro la pubblica amministrazione; si obbligano gli iscritti al registro a presentare ogni anno una relazione sull’attività di rappresentanza degli interessi. Finora quindi in Italia la regolamentazione del fenomeno delle lobbies non è completa e rigorosa in quanto manca: una legislazione nazionale, un registro nazionale per i lobbisti, una regolamentazione delle sanzioni applicabili a coloro che non rispettano le norme in materia, un codice di condotta che si applichi sia ai lobbisti sia ai parlamentari e ai funzionari governativi. Il 12 gennaio del 2022, in Italia, è stato approvato dalla Camera dei deputati un disegno di legge che regolamenta l’attività di lobbying.
In Europa, tuttavia le cose sono diverse; Bruxelles è la seconda capitale del lobbying dopo Washington; nel 2021 gli organi Europei hanno adottato nuove regole, redendo obbligatoria l’iscrizione dei rappresentanti d’interesse al registro per la trasparenza, nel caso intendano svolgere attività di pressione che puntino ad influenzare gli ambiti legati al processo di decisione e di creazione legislativa e di politica. L’iscrizione al registro è subordinata al rispetto di un codice di condotta comune per tutti i lobbisti, mentre i parlamentari sono obbligati a rendere pubblica la lista degli incontri con i portatori di interesse. Ovviamente non sono tutte rose e fiori; anche in un sistema regolamentato si possono avere delle falle; nel report del 2017 dell’Unione europea, si è evidenziato il problema delle cosiddette “porte girevoli”: i politici e gli ex commissari europei finito il loro mandato entrano a far parte delle organizzazioni di lobbying esprimendo così forza ed influenza nei processi di produzione delle norme, nonostante non siano stati rieletti e sfruttando le conoscenze ed il potere guadagnatosi durante i mandati. Si stima che a Bruxelles siano presenti circa 15.000 lobbisti che difendono ogni forma di interesse; il fenomeno è in costante ascesa e ciò è dovuto al fatto che la legislazione europea è sempre più presente ed invasiva nella sostanza dei procedimenti legislativi delle istituzioni parlamentari nazionali dei diversi Stati europei.
Sicuramente la regolamentazione del fenomeno del lobbismo contribuirà alla trasparenza del sistema di formazione delle leggi e delle pressioni socio/economiche da parte dei gruppi di interesse; tuttavia è innegabile che sarà necessario vigilare perché dove c’è denaro e dove si formano relazioni personali e circolano informazioni, i responsabili politici divengono molto sensibili e vulnerabili. Per sua natura l’attività di lobbying è associata ad un alto rischio di corruzione, conflitto di interessi, traffico di influenze, connivenze e scambi di favore. Gli scandali nel modo del lobbying sono sempre presenti e secondo Trasparency International i livelli di corruzione percepiti in Italia sono molto più elevati che negli altri Paesi europei e si chiede pertanto che norme etiche e trasparenti consentano un recupero di fiducia da parte dei cittadini.
Tuttavia un ruolo importante lo gioca anche l’informazione; qui si apre un altro tasto dolente. Purtroppo il nostro sistema di gestione e somministrazione delle informazioni è esso stesso spesso corrotto e asservito al potere politico-economico: in una simile situazione come si possono raccogliere informazioni trasparenti al fine di verificare la correttezza del comportamento del politico e del responsabile amministrativo? Si vede chiaramente la criticità del sistema laddove il cittadino non può essere messo in grado di conoscere il fatto puro e semplice salvo successivamente farsi un’opinione personale sulla scelta migliore da prendere escludendo dalla mercato delle informazioni ogni sedicente opinionista, il più delle volte assoldato dai poteri forti? Come possiamo noi difenderci da un’informazione malata e nel futuro sempre più controllata da forme di governo delle notizie gestite da intelligenze artificiali a cui si farà dire ciò che i poteri forti vorranno farci credere? Sono i cittadini il vero ago della bilancia che dovrebbero giudicare la correttezza del comportamento dei politici/amministratori della cosa pubblica e quindi dovrebbero poter osservare e giudicare ed avere il diritto di sapere cosa sta realmente accadendo nel processo di elaborazione delle politiche socio-economiche.
In più un sistema equo e trasparente dovrebbe prevedere anche forme di responsabilità immediatamente denunciabili da parte dei cittadini elettori che dovrebbero poter segnalare qualsiasi illecito commesso da funzionari amministrativi e politici ai competenti organi di controllo e giustizia, senza temere ripercussioni o ritorsioni personali.
In mancanza di verità e di trasparenza sui fatti realmente accaduti ed in mancanza di un robusto sistema giudiziario e sanzionatorio, che restituisca e garantisca ad ognuno il dovuto, anche quella parte di informazione pulita ed indipendente non potrà fare molto per denunciare illeciti e corruzione; l’impatto reale di un potente gruppo di interessi potrà così rimanere nascosto ed impunito agli occhi della società, tutta, impedendo una giusta e legittima reazione ad un illecito politico ed amministrativo da parte della società civile.

 

In partenza per il Kenya in transito per la Tanzania 3 ragazzi che scaleranno il Kilimangiaro e che potremo seguire su Instagram. Uno di loro è Daniele Gai se volete seguirlo.
Portano con se’ in aereo 75 chilogrammi circa di capi di abbigliamento (tra cui alcuni miei pants) ma anche giochi, penne, quaderni per i bambini kenioti, su indicazione di padre Stephanus Karwapa che ringraziamo.
AfricanPeople ong Comincia a camminare con le sue gambe… e Va in giro per il mondo…
Prox destinazione?
Suor Marie Terese ci aspetta in Congo!
Una volta Venditti cantava con parole che oggi non sembrano avere più senso di fronte a guerre che ci sembrano lontane ed immotavate.
Ed io personalmente sono cresciuta sapendo di contare qualcosa in questo mondo a differenza di quello che sembra succedere oggigiorno in Italia e nel mondo.
La storia siamo noi: nessuno si senta escluso.
Noi dobbiamo respingere chi ci esclude dal destino del nostro pianeta.
Noi possiamo fare la differenza.
Un grande in bocca al lupo a questi giovani atleti, nostri primi volontari!
In grazie sincero a tutti voi per credere nella comunità multietnica. Le differenze possono coesistere. Ed anzi sono costruttive.
Un sincero grazie a tutti per aver mollato mai

LA TUTELA DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DERIVANTI DA ESPOSIZIONE AD AGENTI CANCEROGENI: POSSIAMO SPERARE IN UNA LEGISLAZIONE ATTENTA ED APPROFONDITA?

di Alessandra Di Giovambattista

29-7-2023

Il 9 marzo 2022 il Parlamento europeo ha varato la direttiva (UE) 2022/431 in tema di protezione dei lavoratori dai rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro, che va a modificare la preesistente direttiva 2004/37/CE, nel senso di estendere la protezione dei lavoratori anche alle sostanze tossiche per la riproduzione. La normativa italiana, ad oggi, valuta il rischio per i lavoratori esposti a sostanze tossiche nelle disposizioni contenute nel D.Lgs. 81 del 2008 con riferimento agli agenti chimici. La condizione di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni prevede, tra gli altri obblighi, la predisposizione di un registro che deve contenere informazioni sull’attività svolta dai lavoratori, le loro generalità, i dati relativi agli agenti tossici ed il valore dell’esposizione a tali agenti in termini di intensità, frequenza e durata. Il D.Lgs n. 151 del 2001 interviene invece in materia di sostanze tossiche per la riproduzione con riferimento alle lavoratrici gestanti con la finalità preventiva di dare una valutazione dettagliata delle sostanze più pericolose.

La nuova direttiva dovrà essere recepita dagli stati membri entro il 5 aprile 2024; le novità da essa recate sono così riassumibili:

  • oltre agli agenti cancerogeni e mutageni, si aggiungono, rispetto alla precedente direttiva, anche le sostanze tossiche per la riproduzione.

  • Per le sostanze tossiche per la riproduzione vengono fornite le seguenti definizioni: sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione di categoria 1A o 1B di cui all’allegato I del regolamento CE n. 1272/2008; nell’ambito di questa definizione si differenzia la sostanza priva di soglia (cioè quella per la quale non esiste un livello di esposizione sicuro per la salute dei lavoratori, pertanto la più pericolosa) da quella con valore soglia (cioè quella per la quale esiste un livello di esposizione sicuro al di sotto del quale non vi sono rischi per la salute dei lavoratori). Quindi, i requisiti in materia di minimizzazione dell’esposizione dovrebbero applicarsi solo alle sostanze tossiche per la riproduzione per le quali non è possibile individuare un livello di esposizione sicuro e che sono identificate come “prive di soglia”. Per quanto riguarda tutte le altre sostanze tossiche per la riproduzione i datori di lavoro dovrebbero garantire che il rischio derivante dall’esposizione dei lavoratori sia ridotto al minimo.

  • Ulteriore novità è l’inclusione dei valori limite biologici per proteggere i lavoratori dall’esposizione ad alcuni agenti cancerogeni, mutageni o sostanze tossiche per la riproduzione; parallelamente si aggiungono anche diverse sostanze tossiche ponendo un valore limite espositivo nonché evidenziando le diverse osservazioni riconducibili alle differenti situazioni di utilizzo. Ad esempio per quanto riguarda il piombo ed i suoi composti ionici, la direttiva introduce il valore limite biologico e le idonee misure di sorveglianza sanitaria da implementare.

  • La logica su cui si basa il procedimento di prevenzione per i lavoratori esposti a sostanze tossiche per la riproduzione è quella della sostituzione/eliminazione della sostanza stessa, del ricorso a sistemi chiusi, della riduzione al minimo dei lavoratori esposti, della valutazione dell’esposizione per la verifica del rispetto dei valori di esposizione massima professionale consentiti.

  • È prevista la formazione periodica per i lavoratori esposti alle sostanze in argomento.

  • Si introducono la definizione ed concetti di sostanza tossica, così come sopra definita, e di “valore limite biologico”. Si considera come “valore limite”, se non diversamente specificato, la media ponderata in funzione del tempo del limite di concentrazione di un agente cancerogeno, mutageno o tossico nell’aria entro la zona di respirazione di un soggetto lavoratore in relazione a un periodo di tempo determinato. Per “valore limite biologico” ci si riferisce invece al limite della concentrazione nell’adeguato mezzo biologico del relativo agente, di un suo metabolita o di un indicatore di effetti.

  • Nella modifica all’articolo 18 bis della precedente direttiva si palesa la necessità di cambiare il valore limite per la polvere di silice cristallina respirabile; in particolare entro il 5 aprile 2025, la Commissione, dovrà elaborare una definizione e stilare un elenco indicativo dei farmaci pericolosi o delle sostanze che li contengono conformemente ai criteri per la classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1A o 1B di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 o come agente mutageno o sostanza tossica per la riproduzione. Entro il 31 dicembre 2024 la Commissione dovrà proporre un valore limite per il cobalto e i composti inorganici di cobalto.

  • La UE, attraverso la nuova direttiva, analizza anche la produzione di farmaci pericolosi contenenti una o più sostanze che presentano delle caratteristiche che fanno sì che siano classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008.

Le disposizioni in tema di minimizzazione all’esposizione delle sostanze tossiche per la riproduzione dovrebbero applicarsi solo alle sostanze per le quali non è possibile individuare un livello di esposizione sicuro e che sono identificate come prive di soglia. Per tutte le altre sostanze i datori di lavoro dovrebbero garantire che il rischio derivante dall’esposizione sia ridotto al minimo, da qui la necessità di definire i valori limite biologici per proteggere i lavoratori dall’esposizione degli agenti cancerogeni, mutageni e tossici. Ovviamente i valori limite di esposizione professionale vincolanti non implicano l’abbandono degli altri obblighi a carico dei datori di lavoro che riguardano la riduzione dell’uso di tali sostanze e la prevenzione o la limitazione dell’esposizione dei lavoratori ai suddetti agenti tossici. Nello specifico sarà necessario, nell’ambito delle possibilità tecniche, sostituire l’agente cancerogeno, mutageno o tossico per la riproduzione con sostanze, o composti o procedimenti che si presentino meno nocivi per la salute dei lavoratori rispetto alla produzione fino a quel momento seguita; altra modalità sarà riconducibile al ricorso ad un sistema chiuso o altre misure volte a ridurre il livello di esposizione dei lavoratori. Si sottolinea poi che i nuovi limiti espositivi dovranno essere riportati nelle schede dati di sicurezza dei prodotti aziendali, sia nell’accezione della materia prima sia in quella del prodotto finito.

La UE dispone che la formazione per i lavoratori debba essere sufficientemente adeguata e approfondita qualora i lavoratori siano o possano essere esposti ad agenti cancerogeni, mutageni o a sostanze tossiche per la riproduzione, compresi quelli contenuti in determinati farmaci potenzialmente pericolosi. In questo senso il datore di lavoro deve fornire una formazione ai propri lavoratori che sia adattabile a nuove tipologie di rischi o a rischi mutati, a cui essi potrebbero essere sottoposti, o anche in caso di mutamento delle circostanze connesse al lavoro.

Vedremo nel prossimo futuro, entro il 5 aprile 2024, come l’Italia recepirà la direttiva in argomento, attraverso l’emanazione della legge di attuazione seguita dagli eventuali decreti applicativi, per aver chiare le ricadute in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Oggi la situazione sembra non molto tutelante e forse ci si sarebbe aspettati uno schema di disegno di legge di recepimento della direttiva in esame (contenuto nella legge di delegazione europea 2022/2023) più specifico e più ampio in tema di garanzia dei lavoratori esposti a rischi tossici o cancerogeni o mutageni (di tale argomento si occupa l’articolo 6 della legge di delegazione europea). Si pensi che la stessa direttiva 2022/431, considerando le risultanze scientifiche più recenti, rappresenta che le sostanze tossiche per la riproduzione possono avere effetti nocivi sulla funzione sessuale e riproduttiva sia maschile sia femminile con conseguenze gravi ed irreversibili sulla salute dei lavoratori e della progenie. Ecco perché la nuova direttiva ha esteso i principi e le indicazioni precedentemente previsti nella direttiva 2004/37 in tema di sostanze cancerogene e mutagene con la finalità di garantire coerenza e un minimo livello di protezione alle situazioni che potrebbero essere tossiche per la riproduzione, con riferimento anche ai farmaci.

L’auspicio, in mancanza di un testo pubblico di recepimento da parte dell’Italia da poter verificare anticipatamente, è che gli obblighi dei datori di lavoro siano ampi ed impegnativi sul fronte della formazione ed informazione dei lavoratori - alla luce dei nuovi livelli di rischio individuati e della tipologia di rischi connessi alla funzione riproduttiva - e dell’aggiornamento dell’attuale sistema di sorveglianza sanitaria. Secondo diverse fonti ci si aspetta che l’aggiornamento del sistema di sorveglianza implichi la necessità che i controlli sui lavoratori proseguano anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa senza oneri a carico del lavoratore stesso.

Si sottolinea poi che l’articolo 1, paragrafo 10, lett. C) della direttiva 2022/431 pone particolare enfasi sul fatto che tutti “i casi di cancro e di effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità delle lavoratrici e dei lavoratori adulti o sullo sviluppo della loro progenie che, in conformità delle leggi o delle prassi nazionali, risultino essere stati causati dall’esposizione a un agente cancerogeno, mutageno o a una sostanza tossica per la riproduzione durante l’attività lavorativa, devono essere notificati all’autorità responsabile”. Tale norma obbligherebbe a comunicare all’autorità controllante – in Italia è l’INAIL - tutti i casi con ricadute nocive al fine di potenziare, a fini preventivi, l’applicazione della disciplina in tema di esposizione dei lavoratori ad egenti tossici come finora definiti. In particolare la Commissione europea, prevedendo che gli Stati membri tengano conto delle informazioni fornite alla citata autorità di riferimento nella redazione delle relazioni presentate alla Commissione stessa, intende dare una valutazione circa l’attuazione pratica delle direttive recepite dai diversi Stati membri, nonché di ottenere informazioni quantitative circa i dati disaggregati per genere. Solo così la Commissione potrà effettuare una valutazione complessiva circa l’effettiva attuazione, da parte dei diversi Stati, delle direttive emanate tenendo conto anche delle ricerche e delle nuove conoscenze scientifiche verificatesi nei diversi ambiti. Come ricaduta di tali previsioni si ha che la “Commissione informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale europeo e il comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro dei risultati di tale valutazione e, se del caso, di tutte le iniziative volte a migliorare il funzionamento del quadro normativo”. In tale senso è anche previsto che gli Stati membri raccolgano dati appropriati e coerenti presso i datori di lavoro per garantire sicurezza ed assistenza ai lavoratori.

Si rammenta che in Italia il processo di riconoscimento delle conseguenze sanitarie dannose per i lavoratori in determinati ambiti, che è iniziato con la sentenza del 1979 della Corte di Cassazione nei confronti dell’IPCA di Ciriè, aveva evidenziato che “il tumore causato dal lavoro deve essere vagliato dal magistrato penale quale possibile reato di lesione personale colposa o omicidio colposo; e, prima ancora, deve essere portato a conoscenza del magistrato penale mediante referto da parte dei medici”. Però solo dopo poco meno di vent’anni con la pronuncia della Cassazione del 19 settembre 1997, n. 10750, si riconobbe la gravità della situazione che consistette nella condanna di un costruttore di un noto palazzo di Torino per omicidio colposo in danno di un lavoratore addetto ad operazioni di coibentazione con uso di prodotto contenente amianto e deceduto per mesotelioma pleurico.

Ad oggi purtroppo sembra che nel nostro Paese si sia abbassata la guardia sul sistema di sorveglianza delle patologie tumorali professionali sia perché si è carenti circa le attività connesse alla registrazione delle neoplasie occupazionali, sia perché mancano le notifiche all’autorità giudiziaria dei casi di tumore professionale certi o sospetti. In tale contesto si rende quindi indispensabile mappare e produrre dati ed informazioni sui luoghi di lavoro che apparentemente sembrano insospettabili di esposizione a rischio di cancro.

Ulteriore aspetto che dovrebbe adeguatamente essere valuto e garantito e che riguarda l’ampliamento dell’ambito di osservazione della direttiva nel settore dei farmaci, è relativo al fatto che spesso lavoratori, datori di lavoro ed autorità preposte all’applicazione della legge non hanno agevole eccesso ad informazioni chiare e aggiornate in merito al fatto che i farmaci rispondano o meno a criteri di non tossicità. Pertanto al fine di fare chiarezza sull’uso e sui rischi connessi alla manipolazione di tali farmaci pericolosi, è necessario esigere che gli operatori ed in particolare i ricercatori dei settori chimico/tecnologici attraverso le aziende, diano adeguate informazioni circa le ricadute cancerogene e tossiche dei componenti e dei principi attivi contenuti nei diversi farmaci utilizzati, ciò al fine di far chiarezza a favore dell’attività di prevenzione e contrasto dei rischi di tossicità per aiutare lavoratori e datori di lavoro ad identificarli e a contrastarli, ove possibile. Non senza contare che, in sede di valutazione dei rischi, il datore di lavoro sarà necessariamente chiamato a garantire che la sostituzione di farmaci pericolosi non vada a scapito della salute dei lavoratori. Un valido suggerimento potrebbe essere quello di mappare i diversi prodotti usati nelle aziende, isolando le sostanze riconducibili a quelle cancerogene contenute nell’allegato della direttiva in argomento al fine di valutarne la gestione e contrastarne gli effetti.

Attendiamo fiduciosi che il recepimento della direttiva nel nostro Paese possa contribuire a fare chiarezza circa l’uso di prodotti con ricadute cancerogene e mutagene nonché compromettenti la riproduzione con la speranza che tutto il settore produttivo si renda conto che determinate sostanze prive di soglia non vanno utilizzate essendo altamente pericolose sia per chi le maneggia ma, il più delle volte, anche per i consumatori che utilizzano prodotti e derivati di queste sostanze. Un’attenzione rilevante andrà posta anche sulla tossicità dei farmaci, e mi sento di sottolineare che in tale ambito la sperimentazione di farmaci e/o vaccini di nuova generazione ritrovi gli adeguati tempi di verifica e di approfondimento circa la ricaduta sugli esseri umani, tutti.