Periodo londinese

Terminati i corsi, nel '54 Soyinka si stabilisce a Londra, dove porta a termine i due primi lavori teatrali, The Swamp-Dwellers e The Lion and the Jewel. Il tema principale delle due opere e quello del conflitto tra due culture e i relativi mondi:

Le due poesie sono state pubblicate per la prima volta nel n. 5 della rivista Black Orpheus, e riportate in traduzione italiana nel voi. I di Letteratura nera, H X poeti ", a cura di De Andronde, Marco, Roma, 1961.

quello tradizionale, rappresentato dal villaggio, e quello moderno della città. Da una parte viene de-scritta una realtà ancestrale, con i suoi limiti e le sue contraddizioni; dall'altra si rappresenta una realtà urbana, deformata ed abbagliata dai falsi miti del consumismo, della "Coca Cola" e del "Chewing-gum". In questo primo periodo, dedicato per la maggior parte al teatro, Soyinka collabora con il Royal Court Theatre, che è, il centra di sperimentazione teatrale più importante degli anni '60. E proprio in questo teatro sperimentale, confluenza di quelle forze innovative che caratterizzeranno la ricerca artistica degli anni a venire, che Soyinka incontra altri giovani autori: Osborne, Wesker, Arden, Beckett, Pinter, con i quali condivide le speranze e le difficoltà di quegli anni. Con essi lavora ed allestisce le sue opere ed impara a conoscere direttamente i canoni formali del moderno teatro europeo e della "new nave" inglese. Tra gli autori letterari che lo hanno maggior mente influenzato, menzione particolare merita la figura è l'opera di Bertold Brecht, da cui lo stesso Soyinka dichiara di aver ereditato i concetti fondamentali di libertà e di totalità nel teatro.

L'attenzione continua verso Brecht trova chiara manifestazione nei corsi che Soyinka .terrà presso l'università di Ibadan, sul teatro epico del drammaturgo tedesco. In questo periodo viene messo in scena uno spettacolo vario ed originale, il recital personale The Invention and Other Tales, in cui lo stesso Soyinka si presenta come attore al pubblico del Royal Court Theatre. Tale spettacolo attrae l1attenzione della critica londinese, e l'eco di questa segnalazione giunge debolmente negli Stati Uniti, dove l'intelligentia locale amplifica il segnale ricevuto dalle accademie della vecchia Europa; viene così offerto a Soyinka, mediante ima borsa di studio concessa dal Rockfeller Research, la possibilità di continuare il suo lavoro di ricerca nei luoghi della sua infanzia, gettando quindi le basì per la formazione di quella letteratura africana di cui egli stesso sarà riconosciuto il padre. E' questa, quindi, la svolta decisiva nella carriera artistica di Soyinka, basata proprio sulla rivalutazione e trasformazione personale della sua cultura madre e del relativo mondo mitologico, E' nel 1960, dunque, che Soyinka inaugura la vera e propria attività di ricerca "sul campo", volta al recupero della tradizione Yoruba. Dopo sei anni di studio nei teatri londinesi, conosciute e maturate le idee e le tecniche sia del teatro e delle letterature tra-dizionali europee, sia delle avanguardie,Soyinka torna nella sua lontana Africa, pronto a recuperare i valori tradizionali e i miti della sua terra, ed a presentarli al mondo sia africano che occidentale in modo compiuto ed autonomo.

Retroterra culturale

Wole Soyinka è nato nel 1934 ad Abeokuta, città situata nella Nigeria occidentale e culla del l'antica civiltà Yoruba, da una famiglia della classe media nigeriana, di religione cristiana, ma fortemente radicata nella cultura tradizionale indigena. A proposito di tale nobile cultura,- lo stesso Soyinka sottolinea la fusione in essa di elementi legati alle religioni islamiche, animiste e yoruba. Suo padre era direttore di una scuola, mentre sua madre era impegnata in una piccola attività commerciale che, oltre a consentirle lo scambio dei prodotti locali, le permetteva di stabilire un rapporto più immediato e diretto con la popolazione; questa una condizione estremamente favorevole per il giovane Soyinka, in quanto gli consenti di entrare più profondamente in contatto con le tradizioni locali, e dì osservarle da un punto di vista culturale e letterario

Dopo aver, seguito i corsi della scuola primaria nella città natale, Soyinka prosegue i propri studi presso il Government College di Ioadan, il più grande ed esclusivo centro della nuova élite intellettuale nigeriana. Dopo due anni si trasferisce all'Università di Leeds, in Inghilterra, dove si laurea in letteratura inglese nel 1957»

A Leeds Soyinka entra in contatto diretto con la cultura anglosassone e con la tradizione del teatro inglese, favorito dal fatto che, proprio in quella città, conosce il critico (x. Wilson Khight; questi, che all'attività di critico unisce le facoltà di attore, produttore e specialista Shakespeariano, lo introduce nei circoli legati alla rappresentazione scenica e lo indirizza verso quella che sarà la sua attività futura. Durante gli anni universitari, Soyinka compone due poesie satiriche, The Immigrant e The Other Immigrant, in cui compaiono già le caratteristiche stilistiche e il tono velatamente satirico che caratterizzeranno le opere della maturità.

 

l réportage, frutto d’immagini scelte e del diario di viaggio di seguito  narrato, vuol essere un tributo a Subash, la nostra guida nepalese, rimasta miracolosamente incolume con la sua famiglia e suo figlio, al terremoto di Kathmandu del 25 aprile 2015, in cui  hanno perso la vita più di 8.000 persone; alla città di Kathmandu, che resta un mito per tutti noi viaggiatori; ai musicisti ed ai danzatori nepalesi che ci hanno accompagnato durante il viaggio con  manifestazioni artistiche sacrali in un vertiginoso carosello di feste tradizionali medievali, che celebrano rituali e danze in maschera per esorcizzare i demoni del male; infine ai miei coraggiosi compagni di viaggio con i quali ho condiviso questi unici ed indimenticabili momenti; al nostro capogruppo.
              Rivisiterò la mia esperienza in queste Terre d'Oriente, cercando di meditare sugli insegnamenti di Subash ed Agit, le nostre guide locali, cogliendo il significato più profondo delle filosofie induiste  e buddhiste, concentrandomi sulle sensazioni  provate strada facendo e meditandoci su, nella consapevolezza che "pochi sono gli attimi decisivi ed importanti nell'arco di una vita". Il mio viaggio a Kathmandu tra questi, indelebile nella mia memoria, dimostra che il destino guida la nostra esistenza, indipendentemente dalla nostra volontà: "La vita scorre come l'acqua del torrente  verso il suo destino e noi uomini non possiamo fare altro che assecondarlo, pur consapevoli dei pericoli che s’intravedono all'orizzonte, delle difficoltà delle strade insinuose, strette e buie, intraprese a volte in modo inspiegabile.
Proverò a far rivivere la mia medesima esperienza di viaggio e di vita ripercorrendo secondo flash e dejàvu il percorso, traslato dalle immagini che di quel mondo surreale e di quella mia vita errante, ho scelto di conservare e che porterò per sempre vivo nel mio cuore ora che non c'è più.

Certamente la mentalità dell'uomo è di per se diversa. Forse siete maggiormente attratti dalla natura e dall'architettura. Le donne sono forse più attratte dalle persone. Penso che ci sia un maggiore desiderio di comunicare da parte delle donne ed è sempre più facile per le donne. Poi si guardano i bambini, altri popoli e magari ci viene voglia di fotografare molte donne, molti bambini, ma anche degli uomini, purché di bell'aspetto....
Sono interessanti questi Saphiu, ogni volta che ho visto questi santi, questi personaggi, al di là del fatto che lo facessero per vari motivi, magari anche di turismo, sono veramente strani ed io sono rimasta impressionata da loro! Figuriamoci Alessandro Magno che incontrò a quell'epoca questi personaggi nella jungla indiana.
Un'altra bella scoperta riguarda l'emigrazione dell'Uomo, l'uomo è nato in Africa, ma poi si è spostato verso Oriente; le prime civiltà sono del Tigri ed Eufrate (come sappiamo tutti), ma poi, ad un certo punto, grazie alla lingua che loro parlano e che si sono portati dietro, noi scopriamo che l'uomo emigra e va in India.
Ed ecco che il Sanscrito, per quanto mi riguarda (che ho studiato già all'università), prende forma. Il sanscrito è la lingua più antica del mondo, viene parlata dalle popolazioni indoeuropee ed è la base delle nostre lingue indoeuropee tra cui la nostra.
La cosa simpatica è che mentre noi di lingue moderne vediamo il latino come una lingua d'origine, leggendo Sanscrito si vede in prospettiva contraria e cioè che il latino è ciò che il Sanscrito diventerà nel Mediterraneo.
Così scopro gli antichi libri Veda, che nascono in Afghanistan, dalla popolazione degli Indoari e sono alla base di tutti quelli che sono poi i libri scritti
successivamente come la Bibbia ad esempio. Per cui, per avere ancora una prospettiva diversa di  tutta la storia dell'umanità, bisogna andare a ritroso nel tempo e vedere cosa c'è scritto in questi libri. La parola Veda diventerà in latino video: fantastica scoperta, cambiare prospettiva di visione della storia.

Bisogna averlo il coraggio di cambiare prospettiva.

Emanuela SCARPONI. Ma è splendido, è divertente perché si torna indietro e conoscendo il passato si capiscono meglio il futuro e il presente.
Sapere che (io sono laureata in lingue e quindi gioco in casa) si può tracciare l'emigrazione dell'uomo tramite la lingua che si porta dietro è splendido. Serve anche questo, sapere la lingua oltre che comunicare con altri popoli. Penso che tutti dovremmo avere un dizionario etimologico.
Credo che viaggiare sia molto bello ma scrivere riflessioni successive permette di ripercorrere i medesimi luoghi e viaggiare nella nostra anima per rivivere e rielaborare le nostre emozioni provate che sono indelebili nella nostra psiche profonda e ci permettono di imparare dagli altri popoli esperienze che arricchiscono la nostra personalità e la nostra vita. In questa maniera la vita diventa meravigliosa!

 Noi già siamo influenzati da sempre, perché siamo figli di viaggiatori; i miei genitori ci hanno insegnato a viaggiare. Mio fratello viaggia, i figli viaggiano e viaggiamo tutti. Ognuno per sé ed abbiamo tutti esperienze diverse. Di tanto in tanto ci incontriamo.

 il racconto del viaggio è una parte sostanziale del viaggio.

A quanti degli amici (che si alzino in piedi) è piaciuta la mia esperienza in Nepal e che vorrebbe farla? Quanti avete sentito parlare di questo? Non sempre si riesce a prendere dal prossimo ed è anche pericoloso, perché si subiscono anche delle influenze negative, però laddove esiste un patrimonio interiore che possa arricchire le considerazioni della vita, questo è bellissimo. Questo si incontra specialmente nei popoli che ancora portano la loro autenticità di visione di cui parlavo.
Poi ho anche approfondito le tematiche di fisica quantistica, con solo dei riferimenti bibliografici, non mi sono azzardata ad andare oltre, che trattano sempre della comunicazione. Ho avuto il consulente fisico, che non vuole essere citato.


Si dice che gli arabi non vogliano farsi fotografare perché gli si ruba l'anima. Io non capivo cosa intendessero. In realtà è possibile che nel momento in cui si capta qualcosa di interessante per il proprio cervello, in realtà si ruba, si prende. Quindi può darsi che questi detti abbiano una loro logicità, solo che noi non la vediamo. Per questo ho cercato di interpretare, anche logicamente, quello che queste persone pensano.
Questo è stato il mio sforzo: tramutare in parole semplici concetti difficili e a noi lontani, questo per cercare di agevolare non solo la comunicazione.
Invece un'altra parte importante è che si parte da Dante Alighieri per arrivare agli antichi libri Veda. Questo lo vedrete pure nel documentario e penso che sia bellissimo.
Io mi immedesimo in Dante Alighieri: potete immaginare!
Una professoressa d'inglese, che ha sempre guardato alla Gran Bretagna, agli Stati Uniti, si immedesima in Dante Alighieri. Ho sempre pensato al mio professore Sechi, che mi ha fatto una testa così con la Divina Commedia.
Però, devo dire, che in effetti ne è nata una riflessione profonda che viene così ben interpretata dalla voce suadente di questo speaker, che oggi non è potuto venire, questo attore di teatro, Gianpietro Scurto.
Ed alla fine del viaggio si arriva all'interpretazione dei valori fondamentali dei Veda che insegnano; gli antichi libri Veda con l'utilizzo dei sensi, di cui prima si parlava.
Quindi ho tentato di interpretare questo viaggio come un viaggio di rinascita spirituale.
Ho anche parlato del destino e ho detto, beh, non bisogna avere paura della vita, perché se mi fossi trovata nel terremoto del 25 aprile 2015 a quest'ora ero morta. Quindi voleva dire che non dovevo morire per raccontare ciò che ho visto.

Mi sono divertita tantissimo sia a fare il documentario, sia a scrivere, sia a fare foto. Ho messo in mezzo parecchie persone, abbiamo qui Rosa Maria, con cui abbiamo riflettuto sulla spiaggia sulle parole utilizzate, mio fratello Maurizio, mia madre con le correzioni di bozze e infine Antonio Luigi Palmisano.

Questa è una tua dote ed è fuori dal concetto del viaggio individuale, coinvolgi tutti e questo è molto bello, perché è proprio questo davvero che ha senso. Coinvolgere tutti!
Non è una cosa che ti sei goduta solo tu, alla fine hai fatto godere tutti e questo è dialogo.

Ci sono stati vari momenti, Varanasi è stato l'inizio del viaggio unico e bellissimo, con la piazza Durbar di Patan, dove sono rimasta incantata dalle varie sfaccettature di questo borgo medievale. La valle di Kathmandu è meravigliosa. È fatta di tre borghi medievali, che sono tre città
dominate da tre piazze,  il cui nome è Durbar square.
Patan è il luogo dove c'è il tempio buddhista e dove ci sono le cremazioni. Ci sono sempre dei fiumi e c'è il bagno purificatore dell'uomo, dove l'uomo si purifica, si lava, fa questo bagno nel Gange e nel fiume che bagna Patan; quindi l'elemento che unifica questi Paesi  indiani, nepalesi, tibetani e tutta quella fascia è esattamente l'acqua ed è splendido come aspetto, perché anche nel caso dell'induismo e del buddhismo, l'acqua, come nel cristianesimo, assume un
ruolo fondamentale e questo si ritrova ovunque.
E poi, devo dire, che un momento meraviglioso è stato; io ho visto piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci, che ho cercato di rintracciare in tutte le maniere senza riuscirci.
Come sono  riusciti a fare loro le riprese non lo so, sono stati dei geni, perché la molteplicità dell'architettura Malla è talmente variopinta e fatta di tende rosse, di ornamenti a pagoda (pensavo fossero cinesi e invece vengono proprio dalla Valle di Kathmandu), rendono talmente pluridimensionale la locazione in cui ci si sta, che non ci si riesce a riprendere, ci si sta proprio dentro e questa è una grande emozione che si prova, perché ci si perde in queste piazze di questa valle di Kathmandu con attorno queste infinite catene montuose meravigliose e, in alto, la volta stellata del cielo.
Sembra di stare dentro un quadro. Lo sforzo è quello di cercare di entrare persino nei quadri. Si entra in un mondo sconosciuto e sembra di andare indietro nel tempo. Quando si fanno questi viaggi in questi Paesi così spirituali è come se il tempo e lo spazio assumessero dimensioni differenti. Ciò avviene ancora di più
in Africa.
Però qui c'è un aspetto spirituale differente, che si può maggiormente studiare: in realtà si torna indietro nel medioevo, ma mentre si è lì si è sia nel presente che nel passato.
E , con la loro filosofia di vita, anche nel futuro visto che per loro è la stessa cosa, cioè spirito e materia sono la stessa cosa. Noi siamo materia e spirito e lo spirito ritorna ad essere materia nella reincarnazione.
Hanno una visione negativa della reincarnazione, perché se ci si è comportati male si torna nella vita - per loro - infernale, però è un concetto filosofico interessante da approfondire.
Il momento più tragico è stato questo: purtroppo hanno dei problemi di acqua potabile (non si sa come: hanno l'Himalaya, le sorgenti dell'Himalaya arrivano fino al Gange, questo fiume attraversa cinque o sei Paesi prima di arrivare al mare, i ghiacciai eterni e quindi dovrebbero avere tanta acqua e tanta energia), che manca molte ore al giorno a Kathmandu e questo è incomprensibile.
Purtroppo il terremoto ha peggiorato la situazione, quindi il Nepal ha bisogno anche di aggiornamenti tecnologici di questo tipo. Purtroppo è un momento difficile per la popolazione, come ha scritto la nostra guida nepalese che è sopravvissuta al terremoto insieme alla sua famiglia. Quindi, purtroppo, il momento tragico è stato quando mi sono resa conto che ho bevuto acqua che non era potabile e ho detto oddio, Dio!
Questo è stato il momento triste, ma basta compare le bottigliette di acqua confezionata e si sta a posto ed è un dispiacere, perché pensare che
Sull'Himalaya non ci sia acqua potabile delle sorgenti è dura, vuol dire che c'è qualcuno che la utilizza male. Peccato per la popolazione!
Poi, anche lì, ci dovrebbe essere uno sfruttamento maggiore dell'energia elettrica, invece  manca l'energia elettrica e quindi credo che se l'Italia riuscisse anche ad intrattenere rapporti politici con questi Paesi, probabilmente riuscirebbe a dargli una mano e questo è quello che abbiamo tentato di fare!

Vediamo adesso il documentario, che sarà anche scientifico e devo dire: APN e ONG pubblisher siamo noi. Siamo diventati anche editori e andremo avanti così. Questo deve essere il nostro destino.


Il Festival dell'Oriente di Roma ha dedicato una giornata al Nepal nel secondo anniversario del terremoto di Kathmandu avvenuto il 25 aprile 2015. Il Festival dell'Oriente di Roma si è tenuto presso la Nuova Fiera di Roma ed ormai la sua fama è diffusa in tutta Europa. E' organizzato da Federico Nicolini, toscano.
Mercoledì 12 aprile 2017 Federico Nicolini pubblica il programma delle conferenze: tra queste con grandissima emozione leggo: Kathmandu Nepal 25 aprile 2017 Festival dell'Oriente Roma.
NEPAL KATHMANDU Martedì 25 aprile 2017 -padiglione 5 SALA 2 - i punti all'ordine del giorno sono i seguenti: ore 13-14 Promozione dello sviluppo del turismo ecosostenibile nei Paesi africani ed Orientali Saluti deI Dott. Ing. Walter Mzembi, ministro del turismo dello Zimbabwe, e candidato a UNWTO, segretario generale dell'Organizzazione mondiale del turismo, patrocinata dall'Onu. Intervengono Dott.ssa Michelina Gabriè Sanquest, ambasciatore onorario del turismo dello Zimbabwe in Italia. Presentazione del testo teatrale "Corpi, numeri...Distanze..." editore APN.- Il Mediterraneo Dott.ssa Gaia Spera, autrice. Dott.ssa Emanuela Scarponi, editrice.
Allestita poi la mostra fotografica Kathmandu, segue dalle 19:00- 20:00 la presentazione del Réportage di viaggio: "Kathmandu: la Valle incantata: Sulle orme di Buddha", di Emanuela Scarponi - editore APN.
Alla presentazione intervengono Dott. Emanuele Barrachia, giornalista, Dott. ssa Emanuela Scarponi, autrice del réportage di viaggio "Kathmandu, la valle incantata"; dalle 20:00 alle 21:00 segue la proiezione del bellissimo documentario: "Kathmandu 2015 - Before and after" di Emanuela Scarponi - montaggio e musiche di Tiziano Novelli. Editore APN. Segue la videoconferenza con Claudio Margottini, geologo ISPRA, nominato osservatore scientifico presso Ambasciata italiana di El Cairo - Egitto - ; intervista di Giuseppe Dalla Valle, presidente della Onlus Helambu Nepal di Trento per il progetto di Bremang - Nepal -.  Intervengono: Emanuele Barrachia, giornalista; che commenta i punti più salienti del réportage; Emanuela Scarponi, autrice che racconta il viaggio ed il il motivo della sua iniziativa; dalle 21:00-alle 23:00 segue il buffet. Visita della Mostra fotografica "Lungo il Gange, da Varanasi a Kathmandu" - allestimento della mostra fotografica di Maurizio Scarponi, ingegnere.
Sono intervenuti tra gli altri Cristina Catacchio, fotografa ed esperta d'Africa, autrice del libro fotografico."Kenya" pubblicato da APN; Eugenio Totti, viaggiatore, medico, volontario della Ong Africanpeoplenews, che ha arricchito il dibattito rivolgendo domande su India e Nepal, Maurizio Scarponi ha introdotto interessanti elementi di fisica quantistica nel quadro delle interpretazioni delle filosofie e religioni orientali; Roberto De Vito - regista - ha curato le fotografie della conferenza. Il progetto "Kathmandu, la Valle incantata" sarà prossimamente presentato presso l'ambasciata italiana di El Cairo.
Il Festival dell'Oriente, ricco di molteplici realtà, culture e tradizioni variegate, ha avuto luogo presso 3 dei 6 padiglioni aperti della Nuova Fiera di Roma, il 5, il 7, il 9. All'interno dei padiglioni 5 e 7 sono situate le sale conferenze 1 e 2, atte a divulgare molteplici materie e sono messe a disposizione dei conferenzieri, esperti di Oriente.
Il Festival, per addetti ai lavori, presenta comunque molte attrattive anche per i non esperti, ed ospita molteplici e meravigliosi balletti folkloristici orientali, danze e spettacoli di attori e danzatori che si esibiscono sul palco.
L'accesso agli spettacoli è gratuito. Si trascorre una giornata intera immersi nel mondo d'Oriente, con sapori, colori, tessuti, profumi, spettacoli, filosofie, totalmente differenti dai nostri. Si percepisce che è per addetti perché gli standisti parlano solo inglese e non hanno biglietti da visita o riferimenti vari. Quindi il Festival d'Oriente, tipo l'Expo, schiude una porta verso nuovi mondi, che cominciano ad aprirsi ai nostri mercati occidentali. Vi fanno da padrone Cina, India e Giappone che sovrastano la scena nello spazio antistante dell'enorme padiglione che il visitatore si trova davanti. Molti sono i visitatori ma si circola facilmente all'interno dei padiglioni, percorrendo lunghi e grandi viali, sospesi da terra, che li collegano gli uni agli altri, come in una moderna città occidentale.


 

SCARPONI Emanuela, menmbro onorario ordinario del'Isiao, autrice.

è davvero un onore avere una manifestazione di questo tipo.

Non mi dilungherò molto tempo con discorsi di circostanza che non sono il mio genere, ma quando questa proposta è pervenuta all'Istituto l'abbiamo accettata molto volentieri perché ci siamo trovati di fronte ad un vero e proprio atto d'amore nei confronti dell'Africa, seppur di una specifica zona. E questo rientra profondamente nelle corde di questo Istituto che voi sapete per la parte africanistica è stato fondato più di 100 anni fa e per la parte orientalistica nel 1933.

Una delle idee portanti, tipiche della cultura dell'Istituto, è quella che è alla base della conoscenza - lo diceva Giuseppe Tucci ed aveva l'autorità per dirlo - non può che esservi l'amore.

Volendone dare una interpretazione concreta devo dire che l'iniziativa si situa in un filone in cui noi crediamo moltissimo, sia per l'Africa che per l'Asia, che è quello di comprendere le culture di questi popoli, capire quali dignità esse abbiano, pari alla nostra, ed anche se diverse non per questo possono essere definite in alcun modo inferiori.

D'altro canto è proprio sulla base - passo ad un'altra linea di direzione dell'Istituto -  del riconoscimento dell'autonomia e dell'identità e della dignità di queste culture che si può uscire dalla cronaca - scusate - "nera e sentimentale" che spesso si fa sull'Africa e in parte anche sull'Asia per cui si continua a non voler vedere quanto di buono sta venendo avanti in quei continenti; vedi in particolare in Africa, ed in alcune sue parti in particolare.

E questo non lo si vuol vedere - francamente -  per ignoranza e per non avere, per esempio nel caso dell'Africa, mai saputo che sono esistititi nel passato imperi di dimensioni incredibili, popolazioni che hanno avuto forse solo la sventura di non lasciare tracce scritte e quindi sono per noi meno intellegibili ma che nondimeno hanno una identità forte e da rispettare, identità che pian piano sta traslando nella modernità.

Quindi noi crediamo profondamente che è necessario guardare alle loro tradizioni, al passato, inteso come elemento di identità per vedere come essa sta entrando prepotentemente nel mondo moderno, sempre di più presente, ed esso  costituisce per noi un interlocutore importante da qualsiasi punto di visita.

Questa è la missione dell'Istituto cui noi teniamo moltissimo e in cui crediamo fortemente

La mostra fotografica sugli Himba della Namibia è il segno da tempo auspicato dell'attenzione che l'IsIAO, erede e continuatore dell'IsMEO, presta alla civiltà africana non solo con una imponente serie di studi, ricerche e pubblicazioni, ma anche con un impegno costante nell'opera di diffusione culturale mediante mostre, convegni e manifestazioni di vario genere.

Con la mostra sugli Himba della Namibia l'Istituto intende presentare un popolo, sopravvissuto con la sua cultura, i suoi valori e le sue pratiche rituali.

Essa è stata resa possibile dalla raccolta di un significativo e ricco materiale fotografico e audiovisivo nonché note di viaggio, ad opera di Emanuela Scarponi, che ha curato anche il catalogo disponendoli in modo tale da tentare di esprimere una esperienza continuata, pluriennale, di viaggio in Namibia, intesa come occasione di transizione dialogata e consensuale: gli attori sociali sono riconosciuti in quanto tali all’interno di un mondo in rapido cambiamento e in rapporto all’osservatore proveniente dall’esterno. Risulta così che la stessa autrice del catalogo, destinato a illustrare una mostra ricca di spunti riflessivi, sia attrice all’interno di un processo di dialogo con lo “altro” e non agita dal complesso degli stereotipi occidentali relativi all’Africa.

Ringrazio il direttore generale per avermi così bene introdotto, soprattutto in riferimento alle tematiche di diretto interesse dell'Isiao ma che sono altresì oggetto della mia iniziativa.

Questo Istituto è l'unico e reale punto di riferimento per molti giovani che, attratti dagli studi di settore, intendono approfondire le relative tematiche per l'Africa e per l'Asia. E ad esso sono rimasta sempre legata, sin dagli anni dell'università e dalla stesura della mia tesi sull'Opera teatrale di Wole Soyinka, che ha segnato la mia vita definitivamente.

Questo Istituto mi ha permesso di aprire le porte di questo nuovo mondo, sconosciuto ai più, dell'Africanistica, prima dal punto di vista letterario poi geografico, storico, linguistico ed infine antropologico e mi ha trasmesso quei valori, che hanno costituito le fondamenta portanti della mia vita.

Ho sempre creduto che fosse una mia missione quella di trasmettere le conoscenze acquisite nei tanti viaggi effettuati in questo continente agli altri e così ho tentato di fare.


ho raccolto numerosi materiali audiovisivi e note di viaggio, disponendoli in modo tale da tentare dì esprimere una esperienza continuata, pluriennale, di viaggio in Namibia, intesa come occasione di transizione dialogata e consensuale: gli attori sociali sono riconosciuti in quanto tali all'interno di un mondo in rapido cambiamento e in rapporto all'osservatore proveniente dall'esterno. Risulta così che la stessa autrice del catalogo, destinato a illustrare una mostra ricca di spunti riflessivi, sia attrice all'interno di un processo di dialogo con lo "altro" e non agita dal complesso degli stereotipi occidentali relativi all'Africa.

Il complesso quadro etnico della Namibia viene qui ridato con riferimenti all'etnologia, all'archeologia, alla linguistica e alla sociologia, oltre che all'antropologia sociale e culturale. I gruppi etnici Khoi e San come pure Bantu sono descritti in prospettiva storica nelle loro interrelazioni e nelle loro relazioni con il mondo degli Europei. Ma anche il contesto geografico, ecologico, botanico ed astronomico sono illustrati in modo da offrire spunti per la comprensione della complessa cosmologia e etnogonia di queste società, spesso chiamate - talvolta correttamente, più spesso impropriamente - "popoli", "popolazioni", "genti", "culture" ecc. nei diversi tempi e a secondo dei diversi approcci scientifico-disciplinari dai precedenti viaggiatori, funzionari e studiosi dell'Africa australe.

La straordinaria ricchezza artistica di queste società -ma anche tecnologica, ovvero contestuale all'ambiente- viene presentata in stretta relazione con l'organizzazione sociale, sia essa matrilineare o patrilineare, che ne ha permesso la produzione nel passato come nel presente. Ogni donna, ogni uomo degli Himba, ad esempio, viene allora riconosciuto dall'autrice nel suo essere persona, attore sociale con i suoi ruoli e nel suo status.

E, attraverso questo riconoscimento, anche i visitatori della mostra e i lettori del catalogo sono chiamati a prendere parte all'incontro con lo "altro" e invitati a perseguire un dialogo fra personae.

 

 

 

In questo dialogo, l'uno e l'altro potranno riconoscere il "nuovo", ovvero ciò che permette una

transizione cosciente e graduale, meglio ancora consensuale.

L'Africa è qui, non più un Continente lontano. Con le sue società, i suoi visitatori, diplomatici e

uomini d'affari, professionisti e lavoratori, l'Africa è fra di noi.

La mostra organizzata presso l'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente e il presente catalogo sono

dunque da intendersi come un omaggio in particolare alla Namibia ma anche all'Africa tutta. Un

omaggio alla sua complessità e varietà, alla sua storia e alle sue culture, al suo passato e al suo

futuro: ex Africa semper aliquid novi.

Sappiamo da tempo che la transizione è la condizione dell'essere in società. Questa condizione ci lascia rilevare ipso facto quanto nel mondo siamo attori e quanto siamo agiti. Del resto, proprio l'antropologia si occupa attraverso l'etnografia di ricercare e poi di riflettere sulle implicazioni e i significati dell'essere nel mondo e dell'esser-ci nella società. Si tratta dunque di una continua interazione e di un continuo dialogo in sintonia, seppur precaria, con 1'"altro" e con l'"alterità". Ed il primo passo verso la costruzione del dialogo è rappresentato dal viaggio e quindi dall'incontro. Ed il viaggio vale in entrambe le dimensioni: "andare lì, venire qui". Che si tratti di turisti, e meglio ancora di etnografi, o dì immigrati, proprio lo spostamento offre l'occasione di incontro, forse di conoscenza, soprattutto di dialogo.

Ex Africa semper aliquid novi: dall'Africa aspettiamoci dunque sempre novità. Ma questo "nuovo" consiste non tanto nelle favolose descrizioni di esotici e sorprendenti mondi, lontani nello spazio e nel tempo, figli delle fantasie e delle angosce di un Occidente alla ricerca di se stesso, un se stesso intravisto -più spesso costruito, proprio costruendo lo "altro"» in forma inversa e speculare nelle società altre; quanto, piuttosto, il "nuovo" consiste in ciò che accade -foriero di cambiamento- ad ognuno di noi in quanto viaggiatore, a noi in quanto membri della comunità, della società. Come esprimiamo a noi stessi l'esperienza dell'incontro? Ed una volta tornati a casa, cosa raccontiamo nella nostra società a proposito della possibilità di dialogo con lo "altro"?

Ecco, è parte costituente del viaggio, dell'incontro con altre società, svolto da professionisti o più semplicemente da appassionati, proprio il racconto dell'esperienza. Ed è parte di un impegno etico e civile che il racconto apra al dialogo, allontanandosi da stereotipi oggettivanti e, peggio ancora, reificanti l'alterità.

Questo è quanto. Ringrazio tutti per la loro partecipazione a questo evento e lascio che le immagini di questa Africa spesso dimenticata raggiungano l'anima di tutti, appagandola e arricchendola di nuove ed affascinanti sfaccettature del nostro pianeta.

 

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